PERSONAGGI
Il capitolo finale della lunga saga dei Florio: Igiea e Giulia, le ultime "leonesse di Sicilia"
Del grande impero non rimane quasi nulla. Sopravvive però il grande mito di una dinastia che è riuscita a proiettare l’immagine di una straordinaria Sicilia nel mondo
Franca Florio con Giulia e Igiea
Così scriveva Costanza Afan de Rivera, nipote di Franca e Ignazio Florio. Franca infatti aveva pianto infinite lacrime per la scomparsa in pochi anni di tre figlioletti, strappati dalle sue braccia da un destino crudele: per prima si era spenta nel 1902 a 8 anni, di meningite, l’esile Giovannina, alla Villa ai Colli.
Cinque mesi dopo, nel gennaio 1903 all’improvviso era morto per un incidente il piccolo Ignazio detto baby boy e infine nell’autunno dello stesso anno era nata prematura Giacobina, ma non era riuscita a sopravvivere nemmeno un giorno.
A Franca era rimasta solo la piccola Igiea: la sua unica consolazione. Nel 1909 era arrivata, inattesa, Giulia. Era nata all’Olivuzza, il 20 aprile del 1909. I suoi genitori speravano tanto che fosse un maschio: Ignazio desiderava un nuovo erede che lo aiutasse a rimettere in sesto il suo impero economico e Franca sapeva che solo un figlio avrebbe potuto rinsaldare nuovamente l’unione ormai incrinata con il marito.
Era cresciuta fino alla fine dell’adolescenza con la medesima bambinaia francese, che col tempo era diventata la sua istitutrice, ma non mancava mai di abbracciare con tenerezza la madre, scambiando con lei lunghi sguardi, con un’intensità superiore a ogni parola.
Igiea era per Giulia (chiamata da tutti Giugiu) una "mammina", sempre pronta ad accogliere e a consolare, perché quasi dieci anni di differenza separavano le due sorelline.
Per Giugiu era stato necessario cambiare tante tate perché era una bambina testarda, era impossibile farle cambiare idea: al mattino era lei a decidere a che ora alzarsi, che abito indossare e così via; e le bambinaie si stancavano, perchè non riuscivano a farsi obbedire in nessun modo.
L’avvicendarsi di tante ragazze aveva permesso però alla piccolina di padroneggiare l’uso di molte lingue, anche se non riusciva a scriverne nessuna correttamente. Intanto la situazione economica della famiglia era tutt’altro che fiorente. I Florio si erano trasferiti nell’appartamento privato a Villa Igiea.
Ignazio era spesso assente, assorbito da continui viaggi d’affari e da relazioni clandestine, che facevano soffrire molto Franca: nel 1911 si seppe che si era battuto a duello col marito (ferito nell’onore) di Vera Arrivabene e che avendo avuto la peggio era stato ricoverato a Roma.
Franca, dal canto suo, viaggiava da sola per l’Europa e le vincite ai tavoli da gioco erano ormai per la signora Florio un’indispensabile fonte di liquidità per pagare i migliori alberghi, i ristoranti, gli abiti e i gioielli.
Nell’estate del 1920, durante la villeggiatura all’Abetone, Igiea che ha 20 anni ed è molto bella, si fidanza con un giovane molto in vista, Averardo Salviati. C’è un po’ d’imbarazzo perché i Salviati sono una famiglia della nobiltà papalina e rifiutano di riconoscere i Savoia come reali d’Italia, mentre Franca è dama e amica della regina.
Il fidanzamento crea qualche perplessità ai Florio, ma i due giovani sono così innamorati e determinati che si decide infine di celebrare il matrimonio, senza che nessuno dei Savoia vi prenda parte. Dopo un breve fidanzamento nel 1921 Averardo conduce Igiea all’altare.
Le nozze sono molto sfarzose, perchè Franca vuole che la figlia abbia il matrimonio in grande stile che lei non ha potuto avere e la settimana prima dello sposalizio organizza anche un grande ricevimento a Villa Igiea per i futuri sposi. La funzione religiosa viene celebrata a Roma, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, dal cardinal Vannutelli e il ricevimento si tiene al Grand Hotel.
I giornali dedicano intere pagine all’avvenimento. Igiea tornata a Palermo dopo le nozze della sorella maggiore sente molto la solitudine. Alterna dunque lunghi periodi a Palermo, dove vive spesso a casa dello zio Vincenzo Florio e della sua seconda moglie Lucie, ad altrettanti lunghi soggiorni in Toscana o a Roma, a casa della sorella Igiea e del cognato, coccolando i nipotini. Gli anni tra il 1929 e il 1935 sono gli anni del crac dei Florio; saranno Igiea ed Averardo a sorreggere moralmente e economicamente Ignazio e Franca.
Igiea inoltre riuscirà a mettere in salvo alcuni gioielli della madre, sottraendoli al disperato tentativo di Ignazio di pagare i tanti debiti impegnando tutto: con la scusa di farsi prestare un braccialetto, una spilla, un anello dalla mamma, invece di restituirle i preziosi li conserva gelosamente, destinandoli alla sorella Giulia. GiuGiu sta volentieri dai Salviati, ma le dispiace di aver perso la sua rendita dopo il fallimento, non vuole pesare sulla sorella ed il cognato, ed orgogliosa com’è decide di trovare un lavoro.
Si mette a studiare dattilografia e grazie alla sua conoscenza delle lingue viene assunta al ministero della cultura popolare di Roma. Franca accoglie la notizia con commozione: continua intanto a far la spola tra i tavoli da gioco e le molte amiche in tutta Italia, mentre Ignazio, che non possiede più nulla, si è rifugiato alle Canarie, in compagnia di Vera.
Nel 1937 Giulia conosce a un ricevimento Achille Belloso Afan de Rivera, erede di un’antichissima famiglia di origine spagnola, proveniente dalle Asturie. Lei ha 26 anni e pensa di esser destinata a restar zitella; lui di anni ne ha 33, ha avuto tante fidanzate ma gli è sempre mancato il coraggio di presentarne qualcuna alla madre, ma con Giulia è diverso… Si sposano il 6 Luglio 1939 a Roma nella chiesa di San Patrizio.
La coppia decide di vivere nell’enorme dimora di famiglia, palazzo Costaguti, sorto al limite del ghetto ebraico. Anche Ignazio e Franca abitano ormai stabilmente a Roma, all’Hotel Savoia e Giulia, che ha smesso di lavorare, va a trovarli giornalmente. Nel frattempo è scoppiata la guerra e la situazione per gli ebrei del ghetto diventa sempre più pericolosa.
Approfittando della porticina di servizio di Palazzo Costaguti che si apre sul vicolo dentro il ghetto, moltissime famiglie aiutate da Giulia e da Achille riescono a fuggire : anziani, giovani, donne, bambini, entrano dal ghetto ed escono alla spicciolata dall’altro portone a Piazza Mattei.
Molti non sanno dove andare, implorano timidamente asilo a occhi bassi. Giulia decide di nascondere tutti: vengono approntati dei ricoveri di emergenza nelle intercapedini fra un piano e l’altro, sfruttando i mezzanini adibiti solitamente a ripostigli o magazzini: oltre 40 persone vivono sotto il suo tetto. Finchè all’alba di un giorno d’autunno del 1943, alcuni soldati tedeschi arrivano all’improvviso a rastrellare il ghetto: sfondano porte e vetri, trascinando fuori le famiglie impaurite, e le caricano a forza su camion grigi allineati.
Un ufficiale nazista bussa anche al portone di palazzo Costaguti. Achille suda freddo ma si presenta con l’uniforme della milizia e recita la parte dell’aristocratico altezzoso, arrogante e infastidito, quasi offeso. Provoca un tentennamento dell’ufficiale, che alla fine decide di andar via.
Sono riusciti a farla franca, ma seguono giorni carichi d’inquietudine… Nella primavera del 1944 lo zio Vincenzo e Lucie (che dal 1942 si erano trasferiti nella capitale, per sfuggire ai bombardamenti di Palermo) vengono arrestati dalle SS. con l’accusa di voler vendere alcuni gioielli della corona.
Giulia, avvisata da Franca e Ignazio, tramite le sue amicizie e l’interessamento della Santa Sede riesce a incontrare il comandante Herbert Kappler a Villa Volkonsky.
Rispolvera il tedesco appreso da ragazza e chiarisce che Vincenzo e Lucie non hanno mai frequentato la corte e che i gioielli sono di loro proprietà.
La mattina del giorno successivo i Florio vengono rilasciati e accompagnati a casa loro. Qualche tempo dopo arrivano i guai anche per Igiea: mentre il comando tedesco si appresta a lasciare Migliarino viene recapitato ai Salviati l’ordine di lasciare la villa; i nazisti vogliono farla saltare in aria perché potrebbe diventare un punto strategico per le truppe nemiche. Igiea si oppone con tutte le sue forze, è ben decisa a non cedere, con piglio fermo comunica ai tedeschi: “Dovrete far saltare la villa con me, perché io non me ne vado!”.
I soldati tedeschi rimangono interdetti, sono loro alla fine ad andar via: la villa è salva. Finalmente nel 1945 la guerra finisce, ma non terminano i lutti.
Nel 1946 muore Vera, l’odiatissima rivale di Franca, che si spegne solo 4 anni dopo, il 10 Novembre 1950 a casa di Igiea a Migliarino Pisano. Dopo una frattura al piede aveva smesso di camminare, stava spesso a letto e veniva assistita da una infermiera. Averaldo Salviati avverte telefonicamente Ignazio che è a Roma, ma che si rifiuta però di vedere la moglie sul letto di morte.
Franca viene seppellita a Palermo, nella cappella della famiglia Florio, al cimitero di Santa Maria di Gesù. Il 20 Settembre del 1957 anche Ignazio, che ha problemi cardiaci, si spegne a Palermo, dopo una vita intensa, all’età di 88 anni. Fino a un mese prima della sua scomparsa, sognava ancora col fratello Vincenzo di avviare un salone per la vendita di automobili Fiat.
Due anni dopo, il 6 gennaio 1959, muore pure Vincenzo nella casa dei suoceri, dove si trovava insieme a Lucie e ai nipoti di lei, Silvana e Cecè Paladino, a cui affida il suo testamento spirituale: “La Targa non deve morire…devi farla continuare!” Igiea si è spenta nel 1974 e Giulia nel 1989.
Il 24 ottobre 2002 a Palazzo Valentini è stato consegnata, dall’ambasciatore d’Israele, la medaglia di Giusto fra le nazioni, in memoria e in ringraziamento di Giulia e di Achille, che agirono in modo eroico a rischio della propria vita, alla figlia della coppia Costanza Afan de Rivera.
Del grande impero dei Florio oggi non rimane quasi nulla purtroppo…sopravvive però il grande mito di una dinastia che è riuscita a proiettare l’immagine di una straordinaria Sicilia nel mondo.
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