CURIOSITÀ
Il barbiere di Johnny Stecchino è in Sicilia: e non sa "cu minchia era ca facia u tacchinu"
Un viaggio nel Messinese alla scoperta di una delle location dove fu girato il film di Benigni. Un taglio di capelli memorabile, con aneddoti e ricordi di quegli anni
Il salone del barbiere di Johnny Stecchino
Questa volta abbiamo percorso tutte strade interne, per non perderci nessun panorama. Una delle tappe è stata Letojanni. Il toponimo del comune non ha ancora trovato una traduzione condivisa, rimane questo nome dal suono greco e arabo.
La cittadina ha un’ampia baia con un lungomare accattivante con tanti ristoranti che si affacciano direttamente sulla spiaggia. Sono uno accanto all’altro e si può tranquillamente trovare un locale dove gli spaghetti con crostaceo costa oltre cento euro, mentre il ristorante successivo ha i prezzi dimezzati.
Da un amico mi è stata consigliata una trattoria, che anni fa aveva una straordinaria zuppa di pesce. La fortuna deve avere arriso a questo locale diventato nel tempo di lusso e dove la decantata zuppa non è più nel menù.
Un po' intimoriti scegliamo il ristorante economico. Qui forse le vongole saranno meno veraci ma sicuramente non voraci riguardo al nostro portafoglio. Del resto essere accolti da un grande sorriso anche alle 14.45 è già un buon motivo per la scelta, senza tralasciare la ciotola di acqua fresca immediatamente servita a Orazio, prima ancora di avere i menù.
Attraversiamo la deliziosa piazzetta con bellissime palme, fin sotto la chiesa dove si trova il locale; sulla vetrina c’è una vetrofania con il manifesto del film di Benigni che rimase colpito da questa piazzetta e dall’insegna del locale “Salone delle Palme”.
Non troppo convinto Francesco esita a entrare, nasce tra noi una vivace trattativa, che non passerà inosservata all’interno del negozio.
Una volta dentro, l’attenzione che era stata catturata all’esterno dalla stralunata figura di Johnny Stecchino, è rapidamente dimenticata. L’interno è curato, elegante, fresco e ovattato, profuma di shampoo, lozioni, pomate e schiume.
Il negozio ha una lunga storia è della fine degli anni cinquanta. Ci accomodiamo in attesa che si liberi una delle due poltrone.
Di fronte a me spalla a spalla padre e figlio, Ignazio e Fausto, lavorano silenziosi. I movimenti sono morbidi, carezzevoli, ieratici, una barba può richiedere un tempo dilatato dove trova spazio il curtigghio, la confidenza, l’ironia.
È una specie di Tempio dedicato agli uomini, una sorta di circolo esclusivo dove rilassarsi e dove mi sento un po' a disagio. Ignorati inizialmente, riesco a sciogliere il ghiaccio una volta che Francesco prende posto sul “trono”. Ignazio inizia a lavorare, e benché schivo e riservato incomincia a rispondere alle mie domande.
A nove anni ha fatto la sua prima “saponata” la preparava per il “Mastro” nel retro bottega miscelando la schiuma in una ciotola con il pennello. A dodici anni è salito per la prima volta su una panchetta per arrivare al viso del cliente, ed ha incominciato a stendere la schiuma sul viso; da lì ha imparato il mestiere diventando un grande barbiere.
Mentre incomincia a tagliare i capelli, ricorda Roberto Benigni. Racconta che era simpatico “faceva ridere tutti”, andavano insieme al bar di fronte. Furono girate anche alcune scene dove Ignazio fu una delle comparse, ricorda con quanta attenzione preparò la sua “parte”.
Emozionato andò con i compaesani a Messina per vedere il film ma si accorse che le scene erano state tagliate, fu una grande delusione.
Parlo con Fausto il figlio, è dinamico, preparato, professionale, è appena tornato con la moglie in attesa dell’ultimo figlio, dal concerto di Vasco Rossi. Mi dice sorridendo che ha fotografato il pancione: il titolo della foto “Da Vasco in attesa che Nasco”.
Parliamo, mentre sale sulla poltrona un ragazzino di 12, 13 anni. Fausto chiede : «Come ti faccio i capelli?» Il ragazzo risponde con piglio: «Come al solito».
È già un cliente fatto, mostra il piacere e l'attenzione con cui ogni siciliano va dal barbiere. Dal giovanissimo cliente, sposto lo sguardo sulle foto del negozio, ci sono le scene del film, poi una foto “seppiata” con un giovane uomo sorridente che inginocchiato sta per tagliare i capelli a un bimbetto di pochi anni.
Ignazio si accorge del mio interesse, mi dice che in quella foto aveva 24 anni, e che lo scatto ne ha ben 60. Inevitabile mettere in relazione il ragazzo e il bimbo.
Qui è c’è un filo rosso di competenza e maestria che corre tra due generazioni. Padre e figlio ci confidano che si erano chiesti con i clienti chi fossero quei due forestieri che discutevano fuori la barberia. Penso ai termini dialettali che saranno stati adoperati e sorridendo rivedo una delle scene iconiche girate qui da Ignazio.
Soprattutto quella dove l’ignaro sosia del Boss pentito, in maniera surreale, coinvolge cattivissimi mafiosi in un gioco. Scena che terminava con la famosa battuta "Ma allura si po’ sapiri cu minchia l’ha fari ‘u tacchinu?".
Mio marito ha quasi terminato, è in uno stato quasi onirico di beatitudine. Una nuvola inebriante di profumo ci avvolge prima di uscire.
Ignazio ha l'aria stanca, un po' triste, ha 85 anni e sente il peso di tutti questi anni di lavoro. Usa spesso come intercalare la parola “ormai“ con triste rassegnazione, avverbio che provoca la vibrante reazione dei clienti, che lo confortano e incoraggiano.
Accarezzo la spalla di questo piccolo uomo dall’aspetto mite che accompagnandoci ci dice che la vetrina è stata cambiata due anni fa dal figlio, e da allora i clienti sono aumentati, soprattutto i turisti.
Ammirando la porta sottovoce ci dice: «Non è bellissima… vero?».
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