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Iene giganti (e siciliane): uniche al mondo, abitavano l'Isola prima dell'Homo Sapiens

Uno studio unico nel suo genere ha analizzato per la prima volta il DNA delle iene siciliane portando a una scoperta che potrebbe rivoluzionare le nostre conoscenze

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 31 agosto 2024

La Sicilia preistorica era molto diversa rispetto all’isola che conosciamo oggi.

Per molto tempo, essa è rimasta sommersa al di sotto del Mediterraneo e quando riuscì ad emergere dalle onde fu abitata da piante e animali molto diversi rispetto a quelli che possiamo oggi incontrare nelle varie riserve che proteggono il nostro territorio.

Oltre ad elefanti nani e a tartarughe giganti, la Sicilia era il territorio di grossi predatori come le iene, che pattugliavano le varie regioni dell’isola a caccia di prede.

Questi antichi predatori appartenevano a un gruppo diverso rispetto alle iene attualmente presenti in Africa (appartenevano al genere Crocuta) ed erano dotate di alcune caratteristiche particolari, legate al loro gigantismo insulare.

Per capire l’origine di questi animali, presenti in Sicilia fino a 16.000 anni fa, recentemente un folto gruppo di scienziati provenienti dalle Università di Palermo, di Firenze, di Roma Sapienza, di Milano, Bangor e Cambridge, ha deciso di analizzare il loro antico DNA, usando alcuni frammenti di coprolite provenienti dal sito della Grotta San Teodoro, in provincia di Messina.
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I coproliti sono dei fossili che conservano ciò che rimane delle deiezioni degli animali e permettono agli scienziati di scoprire molteplici informazioni sugli stili di vita e sui comportamenti delle specie ormai estinte.

I risultati di questa analisi sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Quaternary Science Reviews e promettono di rivoluzionare completamente le nostre conoscenze sulle iene siciliane.

Questo studio è stato guidato da Giulio Catalano, Luca Sineo e da Dawid A. Iurino ed è il primo del suo genere, come dimostrano le affermazioni dei docenti coinvolti.

Giulio Catalano, paleogenetista dell’Università di Palermo e primo autore dello studio, ha spiegato: «Le caratteristiche di questi animali ci fanno ipotizzare che un tempo la popolazione di iene fosse ampiamente distribuita sul continente, circa 500 mila anni fa.

Ma arrivate in Sicilia, grazie all’isolamento geografico, le iene hanno conservato le proprie caratteristiche genetiche ancestrali, mentre nel resto d’Europa le altre popolazioni hanno subito delle mutazioni nel corso del tempo. Questo grazie anche al contributo dei diversi scambi genetici avvenuti con le iene africane».

Dawid A. Iurino, paleontologo dell’Università Statale di Milano e coautore dello studio, ha aggiunto anche che questo studio ha permesso delle scoperte inaspettate: «Oltre al DNA di iena, nel coprolite abbiamo individuato tracce di DNA equino che ci ha permesso di rivelare il contenuto del pasto di una iena di 20 mila anni fa, costituito da Equus hydruntinus, l’unico equide vissuto in passato sull’isola».

Secondo invece Luca Sineo, docente di antropologia dell’Università di Palermo, la Grotta di San Teodoro si conferma tra i più importanti siti europei per lo studio del Pleistocene, essendo tra l’altro il luogo di ritrovamento di Thea, la più antica donna mai trovata in Sicilia, oggi conservata all’interno del museo geologico G.G. Gemmellaro di Palermo.

«Questa ricerca ha coinvolto studiosi internazionali ed è stata possibile grazie alla collaborazione con il Parco Archeologico di Tindari, la Proloco di Acquedolci e la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Messina» ha chiarito il professore.

Sfortunatamente, il cambiamento climatico, l’arrivo degli esseri umani in Sicilia e la progressiva scomparsa delle prede, portò le iene siciliane ad estinguersi nell’arco di pochi secoli, sul finire dell’era glaciale, dopo millenni di dominio incontrastato.
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