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I "vulcanetti di fango" che il mondo ci invidia: dove sono in Sicilia le tre Salinelle

Prestando fede alle fonti pervenute, la loro esistenza era nota sin dai tempi dei romani e degli arabi e venivano utilizzate anche come acque termali

  • 9 novembre 2022

Le salinelle di Paternò

Indubbiamente, per chi non lo sapesse, le Salinelle di Paternò rientrano nel novero delle zone geologico-naturalistiche più suggestive del versante etneo.

Si tratta, per l’appunto, di tre siti che recano le seguenti denominazioni: “Salinelle dei Cappuccini o dello Stadio”, Salinelle del Fiume, Salinelle di San Biagio. Queste ultime, inoltre, vantano ulteriori nomignoli: i più comuni e attestati sono mofete, vulcanetti di fango, polle o pozzi fangosi.

Ad ogni modo, la particolarità che le contraddistingue maggiormente è la presenza di costanti emissioni gassose. A tal riguardo, secondo gli studiosi, il fenomeno si origina per mezzo dei cunei tettonici del sottosuolo che, a loro volta, formano il fronte più avanzato della Falda di Gela.

Le Salinelle dei Cappuccini o dello Stadio si riscontrano nell’estrema periferia nord-occidentale della città. Si pensa, per di più, che gli appellativi derivino rispettivamente dall’attigua chiesa dei Frati Cappuccini e dalla vicinanza con lo stadio comunale. Addirittura, c’è anche chi le nomina con l’epiteto "Salinelle di San Marco" per via della prossimità con il tratto nord-orientale della collina di San Marco.
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Contrassegnate da un terreno interamente argilloso la vegetazione è pressoché nulla. Recenti studi hanno, invece, confermato un’estensione pari a circa 30.000 mq e un poderoso affioramento di acqua e fango ad alto contenuto salino.

Le Salinelle del Fiume, di converso, sono localizzate sulla sponda sinistra del Simeto. L’area è costellata di numerosi vulcanetti che si configurano come piccoli apparati da cui fuoriescono modeste quantità di materiale gassoso e fangoso. Caso diverso per le Salinelle di San Biagio che, per quanto adiacenti al territorio paternese, ricadono nel limitrofo comune di Belpasso.

Situate nella contrada Vallone Salato, sono perlopiù caratterizzate da molteplici vulcanetti di fango che manifestano evidenti tracce oleose d’idrocarburi. Per molti secoli, inoltre, gli scienziati hanno condotto delle ricerche dettagliate per inquadrare cronologicamente la genesi delle tre Salinelle.

Prestando fede alle fonti pervenute, la loro esistenza era nota sin dai tempi dei romani e degli arabi: gli uni le utilizzarono come stazione termale, gli altri per variegati scopi. In ogni caso, a seguito di svariate indagini, si è dedotto che la loro formazione, malgrado tuttora permangano alcuni dubbi, risale orientativamente al VI millennio a.C.. In più, negli ultimi anni è stata persino evidenziata una correlazione con l’attività eruttiva dell’Etna.

Ad una conclusione simile, però, era già pervenuto un certo Orazio Silvestri, illustre geologo del XIX secolo, a cui si attribuiscono le seguenti parole: "Il fenomeno di Paternò può ritenersi come l’anello di congiunzione fra le imponenti eruzioni vulcaniche, mediante le quali escono dalla terra le lave allo stato di fusione cristallina, e gli ultimi segni della vulcanicità".

Tuttavia, non meno sorprendenti, sono le notizie relative agli insediamenti umani rinvenuti nei pressi di questi “crateri fangosi”. Probabilmente di epoca neolitica, le ricognizioni archeologiche hanno anche restituito una coltre di ceramiche realizzate con i fanghi dei vulcanetti. Antichi racconti popolari tramandano pure che le acque fangose delle Salinelle erano adoperate per favorire la guarigione dalle patologie reumatiche.

Bisogna, oltretutto, sapere che nel 2016 queste tre meraviglie della natura sono state riconosciute come Geositi di tipo Vulcanologico di rilevanza mondiale da parte della Regione Sicilia.
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