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Ha il nome di un dolce siciliano (ma non lo è): il fiore "rustico" che sa di zafferano

Intanto, impossibile non ricordarlo, proprio questi sensuali fiori eleganti, hanno ispirato una delle opere d'arte più straordinarie di Vincent Van Gogh

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 1 febbraio 2025

L'inverno in Sicilia ha meravigliosi colori, il paesaggio è una riserva di sorprese davvero inaspettate. E queste sono spesso le fioriture, non soltanto quando sono precoci, ma quelle davvero stagionali.

Se vi addentrate in alta collina o in montagna anche intorno a 1000 metri slm, ne troviamo alcune che anticipano una primavera ancora lontana, spuntando quando la stagione fredda, si fa per dire, sembra avvicinarsi alla fine dei suoi giorni, il sole continua a riscaldare la terra e questo fa accendere di colori pascoli e prati di fiori brillanti e multicolore.

Tra questi sbocciano proprio adesso i meravigliosi Iris selvatici, (detti altrove giaggioli) meno sgargianti di quelli coltivati addomesticati dall'uomo, ma bellissimi ugualmente che arrivano a riempire campi interi se l'esposizione è quella giusta, in pieno sole, sui terreni erbosi e umidi.

Sono i primi cui seguiranno via via che ci si avvicina alla bella stagione i crochi, i narcisi, gli anemoni, le primule, mentre gli alberi di mandarlo si riempiranno tra qualche giorno di petali bianco rosati.
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Praticamente un paradiso di bouquet di fiori appariscenti, ricchi di fogliame e a getti multipli, che varia dall'azzurro al celeste, dall'indaco al violetto, qualche volta giallo o bianco, che spiccano sul verde brillante dell'erba.

Gli Iris, da non confondere con le nostre "iris alla ricotta" dolce trionfo di gola siculo, fanno parte della numerosa famiglia delle iridacee, che popolano felicemente gli habitat naturali, prima ancora dei negozi di fiori.

Prima di arrivare alle legende e agli aneddoti molto interessanti, facciamo un po' di botanica spicciola. Questa pianta perenne è proveniente dell'Europa meridionale e dal Nord Africa, si divide in due grandi gruppi, gli iris rizomatosi di grande dimensione e i bulbosi, di piccole dimensioni.

La varietà dei rizomatosi cresce con piante a lungo stelo e con grandi fiori, nella stagione primaverile con colori molto intensi e di varie gradazioni, addirittura un viola talmente scuro da essere quasi nero, spesso bicolori e con petali grandi e a sfumatura.

I bulbosi, invece, fioriscono proprio in inverno tra dicembre e marzo, i nostri appunto, e sono questi che più piccoli e meno appariscenti, ma non per questo meno belli, fanno capolino sulle radure o sui pascoli siciliani di alta collina o montagna.

Sebbene non sia proprio intenso, questi fiori hanno un loro profumo, leggero, a volte impercettibile che può essere inteso anche speziato, come un aroma lontano di zafferano.

Li possiamo definire dei fiori rustici, in realtà sono una pianta perenne, perché particolarmente resistenti: soffrono relativamente il freddo - li troviamo infatti fino 1000 Mt circa - e sopravvivono anche alla calura e penuria d'acqua estiva perché, entrano in uno stato di riposo vegetativo, una quiescenza come il letargo al contrario.

Ad essere molto originale è anche la sua particolare forma con due paia di petali: tre grandi sepali, ovvero i petali esterni detti "cascate" e tre petali interni più piccoli, i tepali, noti come "standard". E veniamo adesso alla parte "mitologica" cui è legato il suo nome, e al suo significato nel linguaggio dei fiori.

Abbiamo fatto un po' di ricerca ed è venuto fuori un mondo di usi, storie, aneddoti e significati. Il nome gli fu dato dal filosofo e botanico Teofrasto, niente meno che allievo di Aristotele, mantenuto da Linneo, il naturalista svedese nato nel settecento, riformatore della moderna sistematica binomia, assegnando due nomi agli organismi naturali: uno per il genere e uno per la specie.

Intanto, impossibile non ricordarlo, proprio questi sensuali fiori eleganti, hanno ispirato una delle opere d'arte più straordinarie di Vincent Van Gogh, appunto la tela "Iris".

Da Oriente a Occidente è protagonista di storie e leggende che riempiono la fantasia umana. Iniziamo da quella forse più famosa che riguarda la tradizione greca di cui la Sicilia è spesso figlia.

Quando la dea Iris, messaggera di Era, si spostava passando dal cielo alla terra fiorivano dei fiori con le sfumature dei petali dei suoi colori, un azzurro violetto multicolore, ricordando a volte quelli di un arcobaleno. Arcobaleno in greco si dice infatti "iris".

Evidentemente la dea passò da qui, dalla Trinacria. Per alcuni popoli la pianta ricorda il battito d’ali delle farfalle, nel linguaggio dei fiori gli iris esprimono stima, simpatia e fiducia, ammirazione e saggezza, novità positive.

In Oriente se ne ricavava il pigmento blu e dalla polvere delle radici nacque la prima "cipria" che in Giappone era concesso possedere solo alla famiglia imperiale.

Omero cita il fiore nell'Iliade, attribuendogli la capacità dell'eloquenza degli oratori troiani, che infatti se ne cibavano e nella tradizione araba si usavano per adornare le tombe dei guerrieri più valorosi.

I suoi rizomi erano conservati come preziosi dagli egizi, apprezzati nella preparazione dei profumi, come ancora oggi.

I romani li adoperavano per aromatizzare il vino, e in nord Europa divenne anche il fiore di Clodoveo, chiamato fleur de Lys, il Re dei franchi nel quinto secolo, poi trasformato nel giglio di Francia, stemma dei reali più emblematici per sfarzo e bizzarria.
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