ARTE E ARCHITETTURA
Ha il nome della città più piccola d'Italia: perché il palazzo di Palermo si chiama così
Notevole è la sua bellezza, grazie alle maioliche del pavimento, agli affreschi, alla maestosità dei suoi arredi e alla Sala della Martorana con ben quindici specchi
Palazzo Comitini
Qualora, non abbiate accolto l’invito a ricercare, vi svelo il collegamento: Michele Gravina Gravina Cruyllas. Per rispondere in modo più esaustivo possibile al quesito posto, le due fonti storiche che ci hanno fornito le informazioni necessarie per comprenderne il legame, sono state il professor Benedetto Raneri e il dottor Nino Contino.
Grazie alle pagine del libro "Terra di Comitini e Santa Maria d’Altomonte" di Contino e al sapere dei due, sopracitati, storici è emersa la centralità della famiglia Gravina.
Colui che fece costruire Palazzo Comitini, in via Maqueda a Palermo, tra il 1766 e il 1771 fu Michele Gravina Gravina Cruyllas (Gravina Gravina poiché si imparentarono due famiglie Gravina), Principe di Comitini e Santa Maria d’Altomonte, che tra i vari incarichi è stato anche deputato del Regno, e Capitano di Giustizia a Palermo.
Notevole è la bellezza che si può trovare al suo interno, grazie alle maioliche del pavimento, agli affreschi, alla maestosità dei suoi arredi e alla Sala della Martorana che rappresenta la magnificenza dell’ultimo barocco ed è costituita da quindici specchi che conferiscono luminosità ad una stanza che oscilla tra sacro e profano, tra personaggi storici e religiosi.
Il palazzo che avrebbe potuto avere come nome Palazzo Gravina Gravina Cruyllas, è stato chiamato Palazzo Comitini proprio perché i nobili utilizzavano non il loro cognome ma il nome del feudo che aveva conferito loro il titolo.
Quindi così come il discendente dei Gravina veniva chiamato Principe di Comitini, anche il nome del palazzo da lui voluto, non poteva che avere la medesima impronta.
È stata la vendita della baronia di Comitini e terra di Santa Maria d’Altomonte, avvenuta nel 1672 a permettere a Don Michele Gravina Cruyllas di acquistare il titolo di Barone ma anche il mulino e il castello.
La Baronia di Comitini (poi divenuta Principato), che nacque grazie al Barone Gaspare Bellacera, venne messa in vendita perché egli si ritrovava senza eredi diretti e con alcuni debiti che gravavano sulla famiglia, condizioni che hanno fatto sì che avvenisse la cessione, al migliore offerente, tramite asta pubblica.
Il 26 aprile del 1672, varie furono le offerte presentate, ma due quelle più rilevanti: quella di un certo Andrea Cutini presentata non a nome suo ma a "nome di persona non da nominarsi" e quella di Michele Gravina.
Entrambi offrirono la stessa cifra e cioè 44.100 scudi (moneta del Regno di Sicilia), solo che l’offerta di Cutini prevedeva che metà della somma fosse stata versata subito e l’altra metà nei successivi sei mesi, invece l’offerta di Gravina prevedeva il versamento della somma subito e in contanti.
Poiché la proposta di Gravina risultò essere migliore, egli divenne proprietario del feudo di Comitini e Santa Maria di Altomonte. L’acquisizione di tale feudo, era molto vantaggioso per i nobili perché a differenza degli altri feudi la cui proprietà garantiva il diritto di esercitare un voto, il feudo di Comitini e Santa Maria di Altomonte ne assicurava due.
Occorre ricordare infine che il principe di Comitini, rappresenta un’eccezione all’interno della sua famiglia, infatti mentre tutti gli altri nobili appartenenti alla famiglia Gravina rimasero strettamente ancorati al territorio di Caltagirone, Michele Gravina Gravina Cruyllas fu l’unico che visse a Palermo e proprio gli incarichi nel capoluogo siciliano, gli permisero di avere una posizione più centrale e prestigiosa e di brillare di una luce più viva e sfavillante, esattamente come quella che caratterizza l’interno del palazzo che sorge nel cuore pulsante di Palermo.
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