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Fu il primo vero monarca di Sicilia: perché Ruggero II fu "conteso" tra Cefalù e Palermo

Durante il suo regno si prodigò così tanto per l'economia dell’isola che è grazie a lui se oggi disponiamo alcune delle opere più famose dell’arte medievale siciliana

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 9 maggio 2023

Il duomo di Cefalù

Ruggero II, primo re di Sicilia, regnò sull’isola per circa cinquant’anni e durante il suo regno si prodigò così tanto al progresso della cultura e dell’economia dell’isola che è grazie a lui se oggi disponiamo alcune delle opere più famose dell’arte medievale siciliana.

Fra queste abbiamo il Duomo di Cefalù, sorto secondo la tradizione per onorare un miracoloso sbarco avvenuto nel 1130, e la struttura stessa del Palazzo dei Normanni, che risulta essere il più antico parlamento con poteri deliberativi del mondo.

Dalle cronache sue contemporanee sappiamo inoltre che seppur fosse un sovrano particolarmente noto per la sua belligeranza, era molto amato dai suoi sudditi. Ed era anche rispettato all’estero, soprattutto per aver permesso agli sconfitti del tempo, ovvero gli arabi nativi di Sicilia, di rimanere sull’isola ad amministrare il regno insieme a lui.

Fu forse perciò per questo se alla sua morte, giunta il 26 febbraio del 1154, la popolazione lo pianse così tanto che secondo un’antica leggenda siciliana ogni paese del regno inviò un rappresentante al suo funerale, tale era lo sgomento che colpì la cittadinanza dinnanzi alla notizia del suo decesso.
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Noi qui vogliamo però narrare lo scontro acceso che avvenne poco dopo la morte del sovrano, che ebbe come protagonisti gli abitanti delle comunità madonite e i ricchi cittadini che frequentavano la coorte della capitale, durante l’intero anno che seguì la data del funerale.

Per diversi mesi infatti gli abitanti e i chierici di Cefalù, spalleggiati dai loro vicini di Castelbuono, si scontrarono politicamente con l’amministrazione religiosa e militare del regno, che aveva deciso di tumulare il corpo di Ruggero presso la Cattedrale di Palermo.

Questa decisione infatti promosse quasi una vera e propria sollevazione popolare tra le Madonie, visto che i cefaludesi ritenevano che il loro Duomo, voluto proprio da Ruggero II, fosse una destinazione finale migliore per il corpo del sovrano, rispetto ad una cattedrale di Palermo che presentava invece un’origine “pagana”, di chiara derivanza araba latina.

Il confronto all’interno della comunità siciliana fu così aspro che gli stessi chierici si divisero su dove dovesse riposare la salma dell’antico re.

Insomma, un vero scontro politico, figlio anche di vecchi rancori, che nasceva dalla recente conquista normanna della Sicilia e dalla successiva pacificazione con gli arabi, avvenuta poco meno di un secolo prima, nel 1061, di seguito allo sbarco a Messina del padre di Ruggero – Ruggero I - e di suo fratello Roberto il Guiscardo.

I cefaludesi cercarono di persuadere la corte e i rappresentanti ecclesiastici con ogni mezzo, dichiarando che era stato persino lo stesso defunto re, ancora in vita, a dichiarare che preferiva la Rocca di Cefalù rispetto al “caotico quartiere” in cui risiedeva l’antica arcidiocesi di Palermo.

E in effetti a supporto della loro tesi, il vecchio re aveva voluto porre nelle cripte della sua chiesa due sarcofagi porfiretici che egli aveva destinato alla sepoltura di sé e della moglie.

Tutto questo trambusto non ebbe però i risultati sperati.

Come infatti ci racconta Benedetto Passafiume, storico ecclesiastico che scrisse nel 1645 il "De Originae Ecclesiae Cephaleditanae", gli abitanti di Cefalù non riuscirono ad ottenere la restituzione del corpo di colui che consideravano il più grande dei loro benefattori.

Ottennero però, come forma di rispetto nei confronti della loro grande devozione, due segni della benevolenza reale. In primis, il nuovo re, Guglielmo I promise che i lavori di costruzione del Duomo sarebbero stati completati.

Ruggero II infatti, seppur considerato storicamente come colui che scelse architettura, posizione e la tipica struttura militare del Duomo, non riuscì mai a veder completata la chiesa. E in effetti neppure Guglielmo I riuscì a farlo, morendo molto prima che il Duomo venisse consacrato nel 10 aprile 1267.

Per quanto però questa concessione potesse essere percepita all’epoca da parte dei cefaludesi come solo una promessa, fu il secondo dono ad attestare definitivamente il legame fra la casata degli Altavilla e il borgo situato a due passi dal mare.

La città ottenne infatti tramite permesso reale il diritto di possedere ed esporre un’antica veste intessuta in oro, di seta finissima e di lana preziosa, appartenuta al vecchio monarca nelle ultime fasi della sua vita.

Questa veste, oggi esposta all’interno della sagrestia del Duomo e inserita nell’Itinerarium Pulchritudinis, divenne così l’attestazione di un rapporto spirituale ed umano fra la monarchia e i suoi sudditi e fu venerato dai cefaludesi per secoli.

La pratica di esporre tale veste durante le cerimonie religiose e di tagliarne frammenti per farne delle reliquie, paragonando l’antico re ad un santo dalle pregevoli virtù miracolose, durò infatti finché nel 1851 il vescovo Giovanni Maria Visconte Proto - tramite un decreto - interruppe definitivamente l’esposizione della vesta reale e cercò di tutelare i tessuti rimasti, inserendoli in una teca.

L’amore che però dimostrarono gli antichi cittadini cefaludesi nei confronti del loro re si dimostrò fondamentale per il benessere economico del borgo.

A partire infatti dalla fine del Rinascimento e durante l'intero periodo del controllo spagnolo, il Duomo di Cefalù divenne infatti un simbolo, oltre che un luogo di pellegrinaggio, di natura politica spirituale.

Molti cittadini bene ambienti dell’isola, costretti dai commerci a viaggiare per lavoro, iniziarono infatti a visitare il Duomo e le vesti del re quando giungevano a Cefalù, poiché Ruggero era stato il primo vero monarca di Sicilia ed esponente di una famiglia che aveva scelto Palermo (e non Madrid o Napoli) come capitale del proprio regno.

Una visita che otteneva una connotazione politica, oltre che storico e religiosa, che ha dato il via ad una tradizione che può considerarsi rispettata anche in questo momento storico, con il Duomo che è inserito attualmente all’interno del percorso Arabo Normanno dell’Unesco, che contiene tra l'altro molti altri monumenti voluti da Ruggero per celebrare la ricchezza dell'antico regno di Sicilia.
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