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Fu il cameriere d'onore del Papa: il prete (siciliano) che "svelò" la Valle dell'ingegno

Vi raccontiamo la storia di un personaggio storico singolare, legato ad un luogo altrettanto speciale per l’operosità degli abitanti e anche per i migliori artigiani

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 22 giugno 2024

Monsignor Calogero Franchina mentre fotografa una coppia

La chiamano Valle dell’ingegno per l’operosità degli abitanti e per i migliori artigiani di legno, rame e bronzo. Ma Tortorici, paese del Messinese abbracciato da una vallata, fra ‘800 e ‘900 scoprirà un’abilità in grado di imprimere in eterno la sua anima e quella dei suoi abitanti: la fotografia, grazie a Monsignor Calogero Franchina.

Un prete che, nato proprio a Tortorici nel 1876, presidia il territorio dei Nebrodi con il suo obiettivo e restituisce ai compaesani la maestria nel cogliere sguardi e stili di vita, appresa a Parigi. La ville Lumière, infatti, diventa per l’anima innovativa e curiosa di Franchina la porta di evasione verso un mondo progressista, che accoglie chiunque voglia sperimentare. Qui, dedito agli studi teologici il prete siciliano muoverà i suoi primi passi nella fotografia.

La sua tecnica assorbe il fermento e la vitalità della Belle Epoque e, dopo aver preso parte alla Prima Guerra mondiale e a un vasto peregrinare, deciderà di mostrarli nei suoi scatti in Sicilia. La sua abitazione diventa un atelier fotografico e ad accompagnarlo in questo percorso di scoperta dell’animo umano ed essenza della natura, saranno due macchine fotografiche del XIX secolo (esposte oggi al Museo Centro Storia Patria Franchina Tortorici).
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Il mirino è il suo cannocchiale; i raggi di luce, le coordinate e i volti cartine di mondi da esplorare. I primi soggetti, infatti, del prete fotografo sono uomini e donne appartenenti alla borghesia, gli unici a potersi permettere gli scatti; gli altri compaesani, più umili, potevano accontentarsi solo di una fototessera per il passaporto di espatrio. Ma ben presto ogni volto, incluse le famiglie contadine, diventano parte di un’evoluzione che segna Tortorici.

I filoni di indagine di Franchina, a oggi, possono essere racchiusi nei ritratti singoli o di famiglia e nella fotografia di reportage con sprazzi di vita sociale, e l’indagine paesaggistica.

I volti appaiono sorridenti, seriosi o con blande smorfie ma tutti impeccabili nei dettagli e nell’abbigliamento, specie le donne. Franchina affascinato, le ritrae con collane anni ‘30, ombrellini e ventagli in pieno stile charleston, per poi seguire la naturale evoluzione dei tempi, sostituendo a quegli accessori un giornale.

La vita sociale esplode nelle lastre, specie le tradizioni di paese incarnate dalla banda musicale e dalle fasi della festa religiosa di San Sebastiano, fino ad arrivare al periodo fascista con le adunate, gli esercizi ginnici e la collocazione dell’albero dedicato ad Arnaldo Mussolini.

Grande spazio dà pure alle figure professionali come i tornitori; per non parlare dell'avvento del progresso con l'inaugurazione di una centrale elettrica e la costruzione di strade e ponti. A questi si aggiungono angoli del paesaggio dei Nebrodi compresi di vallate e sorgenti.

Tutti immortalati con una macchina a lastra da campeggio che portava con sé e poi sviluppati in camera oscura. Foto con memoria storica che appartengono a un pellegrinaggio estetico che dagli anni ‘30 fino alla sua morte nel 1946, Franchina compie con la nipote, Marietta Letizia. Anche lei fotografa, in particolare di ritratti e tessere, alcune delle quali colorate direttamente a mano con dei pastelli.

Un percorso fotografico singolare, dunque, così come la fama di questo prete - visto quasi come un alchimista nella camera oscura tra acidi e solventi - tale da raggiungere Papa Pio XII, che lo annovera tra i suoi Camerieri d’Onore.

Una vita di visioni e incarichi che alla dipartita segna la fine di un’epoca e di uno sguardo puntato sull’evoluzione genetica, culturale e sociale di un intero paese. Nulla però è andato perduto. Merito della nipote Marietta, che riesce a dar vita a un archivio sterminato di 39.000 lastre fotografiche, 2000 pellicole e foto acquerellate, con sede in un locale adibito a camera oscura e altrettanto luogo oscuro.

Questo, infatti, non era accessibile a occhi estranei; la nipote si era disfatta pure delle chiavi per non consentire l’accesso. Ma alla sua morte, la scoperta avviene grazie a un altro nipote di Franchina e all’avvocato Calogero Randazzo che si attiva per fare acquisire il fondo fotografico al Comune di Tortorici.

Oggi esso è parte del Museo etnografico Franchina - Letizia, tutelato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina, e fra i più ricchi del Sud Italia.

Monsignor Calogero Franchina lascia così alla Sicilia un patrimonio storico vastissimo e questa terra che rivive i suoi albori in micro e macro dettagli lo celebra con una mostra dal 14 giugno al 6 luglio dal titolo: “Un prete fotografo fra ‘800 e ‘900 da Parigi a Tortorici”.

Un viaggio presso lo Spazio Loc di Capo d'Orlando, in 50 fotografie circa, a cura dell'Avvocato Calogero Randazzo e dell'Architetto Massimo Ieppolo che ha l’obiettivo di mostrare la ricchezza del suo lascito visivo,.

«Far conoscere il fondo - dice Massimo Ieppolo architetto e presidente del Museo Centro storia Patria Franchina Tortorici - e trovare finanziamenti per scannerizzare il materiale, catalogarlo e poter far spulciare dentro; così da far brillare gli occhi per la scoperta».

*(Fonte: “Percorsi di un prete fotografo nella Tortorici di fine ‘800” di Calogero Randazzo e Francesca Paterniti).
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