STORIE
Fotografò per 90 giorni il set del Gattopardo: il palermitano (dimenticato) Vito Lo Verso
Ci sono storie che rimangono nascoste finché un giorno qualcuno decide di dar loro la luce che meritano. Quella di Vito Lo Verso è una di queste e merita di essere raccontata
Poi accade che qualcuno, un giorno, dopo anni, tiri fuori la loro storia, cosa che di solito, putroppo si verifica dopo che la persona in questione non c'è più, come nel più classico dei copioni drammatici della vita. Drammatici e di certo molto romantici.
E in questo copione sta Vito Lo Verso, fotografo palermitano, che ha sempre tenuto gelosamente per sè parte della sua storia, probabilmente quella che lo ha emozionato di più in tanti anni di professione. Riservato e umile, sapeva cosa aveva fatto, e ne andava più che fiero, ma poco gli importava sbandierarlo ai quattro venti, pavoneggiarsi, tantomeno ostentarlo.
Onore al merito dunque, oggi vogliamo raccontarvi una parte della sua storia e per farlo abbiamo chiesto proprio alla persona che cinque anni fa, quando Vito Lo Verso è morto, ha sentito l'esigenza di far conoscere questo particolare aneddoto della vita del fotografo che lui stesso gli avevo "confidato" con un'emozione così forte da sembrare quasi un bambino.
Fu proprio per lavoro che conobbe Vito Lo Verso. Erano la "coppia" dei matrimoni, fotografo e cameramen. «Sono stato uno dei primi a girare i filmini dei matrimoni a Palermo e provincia, e fui anche tra i primi ad avere attrezzature professionali. Negli anni '90 iniziò la nostra collaborazione - ci racconta - ,Vito aveva circa sessant'anni allora. Era riservato, non raccontava molto di sè. Eppure passavamo diverso tempo insieme. Alle cene ai matrimoni si parlava ma non di lui e delle sue cose personali. Poi accadde che un giorno andai nella sua casa-studio in via Archimede a Palermo a consegnare il mio lavoro. Mi accolse la moglie. C'era un via vai di gente che doveva farsi fotografie e fototessere, ricordo. E mentre lo aspettavo mi bloccai davanti a una grande parete. Rimasi sbalordito».
Era una parete tutta tappezzata di fotografie e ritratti che il signor La Bruna iniziò a scrutare. «Vito arrivò nella stanza in cui mi trovavo, sempre vestito in modo elegante come era nel suo stile - racconta -, e iniziammo a parlare di quella parete finchè io mi fermai con lo sguardo su una delle immagini e dissi "Ma questa scena ritratta mi sembra familiare... ma è una scena del Gattopardo!".
Appena dissi quella parola magica si aprì un mondo, gli si illuminarono gli occhi. Ricordo che si emozionò, era tutto agitato e contento. E fu così, che come un fiume in piena, per la prima volta, si "sbottonò" e mi raccontò che quando aveva circa 40 anni, era stato sul set come fotografo, per tutto il tempo delle riprese».
Vorei aprire una piccola parentesi proprio sul fotografo di scena del film. In realtà non ci sono notizie chiare ed esaustive su chi fosse, seppur secondo quanto riportato da alcune fonti giornalistiche e anche su alcuni siti di settore, viene indicato il maestro Giuseppe Rotunno, cosa che però tenderei ad escludere essendo lui il direttore della fotografia del film. Che potesse essere anche il fotografo di scena è dunque assai improbabile. Probabilmente nei momenti liberi (pochissimi) avrà fatto qualche scatto, e certamente durante i sopralluoghi insieme al regista, ma sono tutte ipotesi, non trovando, come dicevo, alcun riscontro chiaro. Si sa poi che c'erano diversi fotografi che bazzicavano sul set, ma prettamente per scopi giornalistici o "mondani", dunque nessun fotografo di scena, che è chiaramente un ruolo ben preciso.
Per una serie fortunata di eventi - oltre alla sua professionalità chiaramente - Vito Lo Verso, fu chiamato sul set dalla produzione, gli fecero anche un bel contratto, e seguì la lavorazione del film ogni giorno, producendo centinaia di scatti, la maggior parte (sempre per quel contratto) finiti negli archivi Titanus, dove intestatari ufficiali delle foto di scena erano altri, lui era "un semplice fotografo di provincia assoldato sul posto". Ma per fortuna altri li tenne per se e alcuni sono quelli che vedete.
«Mi raccontò tantissimi aneddoti - continua La Bruna - era giovane a quel tempo e quella per lui un' esperienza professionale grandiosa, e la ricordava come in assoluto la più bella della sua vita. Apriva il cassetto in cui teneva le sue foto e cominciava a raccontarmi avventure, aneddoti e storie sulla lavorazione del film. "Guarda qui c'è Lancaster... com'era buffa la Morelli... Stoppa. Mi diceva che Burt Lancaster era il più simpatico, mentre il bel Delon faceva il "divo". Poi ovviamente c'era la bellissima Cardinale e lo diceva agitando le mani come se gli sfuggisse il nome.
Tra gli episodi che mi raccontò con più passione ce n'è uno in cui riuscì a evitare che sul set si creasse una brutta situazione. Successe che il giorno prima di girare la famosa scena del ballo a palazzo Gangi la segretaria di edizione si accorse che gli spartiti degli orchestrali non erano arrivati da Roma e lei nel copione ne possedeva solo una copia. Ovviamente entrò in confusione. La scena del ballo era tutto un piano sequenza a ritmo di musica, quindi era tutto programmato al secondo e senza spartiti come poteva mai fare l'orchestra?
Apriti cielo! Come dirlo a Luchino Visconti che era conosciuto anche per il suo bel caratterino? Sarebbe andato su tutte le furie. Bene, Vito, che era presente si avvicinò alla segretaria e le disse "non si preoccupi ci penso io". Poi mi disse "Francesco, all'epoca non esistevano le fotocopiatrici e così passai tutta la notte a fotografare gli spartiti, sviluppare le pellicole e stampare delle foto a grandezza naturale. Il giorno dopo mi presentai sul set alle 9 del mattino stanchissimo ma felicissimo di fare parte di quell'ingranaggio che portò al successo il film". Ma la stanchezza non gli pesava, Vito era felice di essere lì e anche quel giorno si cominciò subito a provare e girare la scena madre ed lui era lì a fotografare per tutto il giorno fino a tarda notte" e poi continuando».
Vito Lo Verso raccontò tanti altri aneddoti e giornate passate sul set, come quando andarono a Piana degli Albanesi e a Ciminna dove era stato creato il set di Donnafugata e c'era così caldo da essersi liquefatte alcune delle sue pellicole. Che spreco! Chissà che fotografie meravigliose aveva fatto.
«Lui era meticoloso e fotografava sempre in bianco e nero - dice ancora -. Era il "signor fotografo" vecchio stampo. Un Artista a tutti gli effetti. Anche nel modo in cui lavorara successivamente le fotografie. Ed era un uomo di rara signorilità ed umanità. Faceva i fatti senza vantarsi, certo si addolorava in silenzio di questa cosa, del fatto che si fossero dimenticati di lui, che non fosse mai stato citato né invitato in quelle occasioni, anche anni dopo, in cui si parlava del Gattopardo e in cui erano stati mostrati anche alcuni fotogrammi da lui realizzati. Insomma, era stato davvero sul set, come fotografo di scena, anche se era il "piccolo" della situazione, e - seppure solo adesso che non c'è più - trovo giusto che la sua storia venga conosciuta.
Vito Lo Verso, che - come ha scritto La Bruna quando nel 2017, si è spento a 95 anni - "dopo una lunga vita lavorativa sempre al centro di avvenimenti pubblici e privati se n'è andato in silenzio come il "Fabrizio" dell'ultima scena del film che aveva tanto amato".
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