AMBIENTE
Forse quei soldi non li meritiamo: i rifiuti dell'Oreto dimenticati tra piogge e piene
Oltre 40 giorni di attesa per un intervento della Rap che non è mai arrivato: a che scopo i volontari hanno pulito il fiume di Palermo divenuto "Luogo del cuore Fai"?
I rifiuti raccolti dai volontari alla foce dell'Oreto (Palermo)
Lo scorso 28 ottobre un gruppo di volontari si è recato alla foce del fiume Oreto, a Palermo, per mandare ai concittadini un segnale di cura e attenzione e hanno deciso di raccogliere i rifiuti presenti alla foce.
Ricordo che per il fiume si è mobilitata una parte consistente dell’opinione pubblica cittadina e non solo per un suo risanamento.
Circostanza che ha prodotto quasi 60mila firme via web nella classifica I luoghi del cuore Fai, Fondo ambiente italiano: l'Oreto potrebbe essere infatti il nuovo Luogo del Cuore del Fai ma, anche se sul sito ufficiale della competizione è primo, non si canti vittoria troppo presto.
I volontari sono stati attivati dai gruppi Facebook Tuseilacittà e Salviamo l’Oreto, sapendo che i materiali raccolti dalla foce sarebbero altrimenti finiti in mare in occasione delle prima piena.
Viene quindi contattata la Rap, (azienda che gestisce la raccolta dei rifiuti) che in data 29 ottobre risponde chiedendo di avere le foto dei rifiuti e la loro precisa collocazione (qui trovate copie dei messaggi) risposte che i volontari hanno inviato.
Sono passati quaranta giorni e i rifiuti sono ancora li. È vero: siamo una città di incivili e tendiamo a non tenere pulita la nostra città.
Non usiamo prenderci cura del bene comune e non meritiamo Palermo.
Ma non siamo tutti uguali. Alcuni di noi la meritano. E meritano di essere considerati quando decidono di dedicare un tempo privato al bene comune.
Tra quelli che non meritano la città io inserisco l’intera classe dirigente, responsable del degrado diffuso, anche del fiume.
E inserisco chiunque abbia un ruolo di qualunque tipo nella rimozione di quei rifiuti e non è ancora intervenuto e che non so se interverrà mai. Chiunque tu sia, non ti riconosco il diritto di definirti mio concittadino.
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