ITINERARI E LUOGHI
Forse non sai che la Sicilia fu set di (molti) film di Pasolini: ecco dove sono stati girati
Un viaggio in cui la sua sensibilità trasforma in valore culturale il paesaggio, rendendolo protagonista dei suoi lavori e testimone del suo amore per l'Isola
Questa è la storia di un meraviglioso viaggio che oggi potrebbe tornare come un itinerario sacro sentimentale, esattamente così come lui lo visse. Già solo il nome di questo personaggio è una storia nella storia, racconta l’Italia del cambiamento e di un risvolto della rivoluzione socio culturale più profonda del secondo dopoguerra.
Rapito dalla sua natura come dalla gente, se ne innamora letteralmente e per questo diventerà molte volte il set scenario dei suoi film che raccontano la relazione amorosa tra Pasolini e la Sicilia.
"Comizi d’Amore" (1963), ad esempio fu girato a Palermo e provincia, "Il Vangelo secondo Matteo" (1964) invece fu girato in Basilicata ma le scene del deserto sono state riprese sul Vulcano Etna.
Ultimo ma non meno importante è la messa in scena dell’"Orestea" al Teatro greco di Siracusa nel 1960 con interprete un indimenticabile Vittorio Gassman.
Un viaggio nel quale la sensibilità pasoliniana trasforma in valore culturale il paesaggio siciliano rendendolo protagonista, prima ancora che i fatti storici e i suoi personaggi celebri.
I paesaggi di mare e quelli etnei aridi, selvaggi, rarefatti che ricordavano i contesti dei gironi danteschi, in questa terra assolutamente sconosciuta dove farà nuovi incontri e incontra amici, frequenta personaggi e intellettuali ma la vita quotidiana della gente comune che lo incantano, quella nei piccoli centri remoti di una Sicilia lontanissima dal resto dell’Italia che si industrializzava, dove esisteva solo un futuro che aveva il nome di "emigrazione".
Descrive un ragazzo incontrato per caso come "una faccia antica… non so bene se fenicia, alessandrina, o da scriba romano-meridionale, e quelle schiene con le spalle sporgenti come si vedono dipinte solo nei vasi".
Si lascerà portare in giro entusiasta, viaggiando animato da un senso per la scoperta appassionato, emozionato e insieme osservatore acuto con l’occhio lungo e perspicace da autore e regista.
Viene colpito dagli scorci e impressionato dall’Etna che lo affascinerà con la sua potenza e la sua solitaria scura bellezza di fronte alla quale, probabilmente, trae molte delle sue fonti di ispirazione future.
La Sicilia di allora incarnava il senso pasoliniano di una società primordiale, ancora rurale, non contaminata dalla velocità e dalla massificazione.
Su una Fiat Millecento arriva nel profondo "Sud" e queste sono le sue struggenti impressioni: "Avevo sempre pensato e detto che la città dove preferisco vivere è Roma, seguita da Ferrara e Livorno. Ma non avevo visto ancora, e conosciuto bene, Reggio, Catania, Siracusa.
"Non c’è il minimo dubbio che vorrei vivere qui: vivere e morirci, non di pace, come cantò David H. Lawrence di Ravello, ma di gioia. Nel reportage parla del barocco come fatto di “carne” talmente vistosa e tondeggiante è la sua opulenza, dei Duomi ricolmi di ricchezze, delle assolate città che mescolano insieme bellezza e decadenza come se ricostruite più volte dopo eventi catastrofici, dove coesistono rovine e tesori insieme.
E come suggestionato afferma che bisognerebbe viverci anni e anni per restare immerso in quell’incanto, un posto che ha del "molto pericoloso" per come lo rapisce:.. il mio viaggio mi spinge nel Sud, sempre più a Sud come un’ossessione deliziosa, devo andare in giù, senza lasciarmi tentare.
Un itinerario che ha i suoi profumi e la sua natura agreste di zagare e limoni, liquerizia e papiri, ulivi e carrubbi, una luna grossa come mai vista, i muretti a secco che lui chiama “muriccioli sgretolati”, le barche malandate. Asserisce che il viaggio da Messina a Siracusa può fare impazzire "Lo dico così, da turista. Approfondendo, conoscendo meglio, non solo con gli occhi, con le narici, le ragioni di un così improvviso amore devono risultare ben vere e ben profonde".
Parole che oggi sembrano quasi scontate quasi da stereotipo, in una Sicilia ormai cristallizzata come “Best destination” nell’immaginario collettivo internazionale turistico, osannata da tour operator e agenzie di viaggio come terra di esperienza e di scoperta, di bellezza a 360°.
Lui che ha viaggiato in un epoca di strade assolutamente precarie, statali e provinciali, tracciati antichi e polverose trazzere, antiche torri di avvistamento e spiagge deserte baciate da acque cristalline e incontaminate.
Una Taormina che descrive come “indubbiamente una cosa d’una bellezza suprema” e ancora Noto, Avola, Pachino, Siracusa, Capo Passero stretta in una lingua di terra gialla con un faro bianco, i fichi d’India.
A Porto Palo farà un giro in barca al tramonto: "…e remando lentamente attraversa il piccolo braccio di mare, reso turchino e rosa dalla luce morente. Sbarchiamo sull’isolotto, sotto la torre, e, già quasi nell’ombra tenerissima, odorosissima della notte, faccio il bagno nella più povera e lontana spiaggia d’Italia”.
Fu un pioniere come altri pochi in tempi non sospetti, di quella visione che oggi fa della Sicilia un set ancora ambito da produzioni cinematografiche, nel quale lui seppe rintracciare tutte le visioni inedite e oniriche, ancestrali e remote di una bellezza fertile, frutto di un crocevia paesaggistico fuori dal comune.
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