STORIA E TRADIZIONI
Forse era un edificio romano utilizzato come cimitero dagli Ebrei: il mistero della "Curia" di Termini
Tra gli edifici di età Imperiale, quello chiamato comunemente Curia è sicuramente tra i più interessanti di Termini Imerese. Ancora oggi si fanno diverse ipotesi sulla destinazione del manufatto
I resti della "Curia" all’interno della Villa Palmeri.
Si tratta di un edificio complesso di ambienti tra cui una vasta sala rettangolare chiusa da una parete absidata. Tutte le strutture murarie mostrano un raffinato parametro con blocchi regolari di pietra in opus testaceum.
Posizionato un centinaio di metri dall’anfiteatro romano, e all'interno della “Villa Palmeri”, venne realizzato tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C. Secondo alcuni studiosi questo edificio doveva assolveva probabilmente a delle funzioni di “Palazzo di Città”.
Gli scavi eseguiti prima dal Baldassare Romano e da Nicolò Palmeri nel 1827 e in seguito da Ignazio De Michele e da Enrico Jannelli nel 1864 hanno riportato in superficie una pianta organizzata da diversi ambienti che dovevano essere tutti collegati tra di loro.
Nel 1878 lo storico De Michele pubblicò una pianta e un breve resoconto dove si evince un approfondimento nell’area absidata, ma anche lui non trovò elementi su come doveva essere il pavimento anche se riuscì a portare alla luce sul versante orientale, in prossimità dell’attuale perimetro del parco, altri tre vani. Proprio in questi ambienti vennero alla luce alcune tombe degli Ebrei, cui il piano Baralci fu concesso a questo scopo fino al 1467, anno in cui fu assegnato ai Domenicani.
Le varie destinazioni d’uso, tra cui quella di cimitero, hanno danneggiato l’edificio che col tempo si è in parte interrato.
Secondo alcune testimonianze questo edificio era ben visibile già alla fine del ‘700, come si può dedurre in un acquarello realizzato dal viaggiatore Jean Pierre Houel che lo considerò una riserve idrica con diversi ambienti.
Questo edificio da sempre citato e riportato da storici e viaggiatori, spesso involontariamente attribuito come parte integrante del vicino anfiteatro, è sempre stato oggetto di studio. Ogni autore che si sia occupato dei monumenti della città non ha potuto fare a meno di descriverlo o studiarlo.
Nel libro di Giuseppe Patiri dal titolo «Termini Imerese antica e moderna”, edito nel 1899 così scriveva in merito a resti romani visibili in città“(…) Fu appunto in quella fiorente epoca di Stenio che Termini toccò l’apogeo del suo più grande sviluppo edilizio ed di una civile prosperità.
Tutte o quasi tutte le opere più ragguardevoli, di cui si ammirano oggi gli avanzi, sono pressappoco di quella età, com’è a dire: l’Acquedotto Cornelio, dall’arcate a più ordini e dai famosi doccioni di piombo; il grande edificio delle Thermae, ornato di statue e di colonne; l’Anfiteatro romano, che contava 14 ordini di gradini oltre al podio; i ricchi mosaici di Agatino; la Curia, il Foro e forse il Tempio di Ercole, che sorgeva presso la piazzetta La Masa (…)».
Di certo la destinazione della Curia rimane un mistero, ma ci piace immaginare come il nobile romano Stenio, più volte citato da Plutarco e Cicerone, per aver difeso l’onore della propria patria, abbia fatto le sue arringhe di accusa al governatore Verre, proprio in quella sala absidata. Forse in questo luogo si è consumata l’infamante accusa di traditore cospirata da Verre a scapito del nostro Stenio.
Purtroppo non lo scopriremo mai, ma almeno lasciatecelo immaginare!
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