STORIE
Ferri, cardacci e la lana dei Nebrodi: come nascono le sirene ''imperfette'' di Martina
In un mondo che corre veloce, pieno di giocattoli tutti uguali, prodotti in serie esiste ancora chi ama la lentezza. La storia di Martina Camano e delle sue bambole di lana
Martina Camano
Sono le parole dell'artista Martina Camano, trentaquattro anni, nata a Capizzi e residente a Messina. In un mondo pieno di giocattoli tutti uguali, prodotti in serie, in un mondo che corre veloce e preferisce sempre di più la quantità alla qualità, esiste ancora chi ama la lentezza.
Le morbide bambole di lana sono fatte rigorosamente a mano, la lana viene dai Nebrodi, è lavata in un ruscello e poi maneggiata con cura.
Per cardare la lana in modo manuale si utilizzano i ''cardacci'', spazzole con aghi curvi per allineare la lana, che dopo può essere lavorata, in un procedimento che valorizza l'artigianato e l'amore per la propria terra: «Il desiderio di lavorare la lana è emerso nella mia campagna a Capizzi, sui Nebrodi, ho delle pecorelle e ho assistito a una tosatura, mi ha colpito sapere che questi enormi mucchi di lana venissero buttati come prodotti speciali.
Martina, oltre a essere un'artista, è un'educatrice e una giocattolaia, ma in fondo i tre ruoli si incontrano nella sua figura: «Io provo ad accendere la fantasia, che è un po' morta e richiamare il bambino interiore.
Con i giocattoli cerco di fare questo. I destinatari erano i bambini, ma in realtà molti adulti mi chiedono le bambole, perché secondo me hanno bisogno di ''piccola bellezza''», ci racconta l'artista, «mi capita spesso che me li chiedano le zie, per i loro nipotini. Lo sguardo di una zia è diverso».
La Sicilia è una fonte di ispirazione per Martina e fa parte della sua funzione educativa: «La Sicilia è un regno magico, secondo me, ma governata da un atteggiamento ingiusto. È un forziere sigillato di cui si è persa la chiave, quello che voglio fare io è cercare la chiave».
Martina inizia col teatro per circa sei anni e, durante l'università, fa teatro anche con i bambini: «Ho avuto l'occasione di lavorare con i bambini, a Oriago vicino Venezia, seguendo il metodo steineriano, metodo che trovo mio.
Si tratta di un insegnamento basato sull'arte dell'educazione, senza rimproveri», ci racconta. I ''pikini'' sono giocattoli creati con materiali naturali, sono unici, fatti a mano, con lentezza, contro corrente rispetto alla velocità dei nostri tempi.
Sono anche imperfetti: «L'imperfezione è qualcosa di prezioso», ci racconta Martina, «I pikini sono nati perché alla fine del lockdown ho ricevuto un'osservazione non richiesta sul mio corpo. Questo mi ha fatto riflettere e terapeuticamente ho creato una sirena curvy, una ''bambola imperfetta''. L'imperfezione è bellezza», ci racconta.
Il mondo dei pikini si divide tra ''asciutti'' e ''sommersi'', gli ''asciutti'' siamo noi, gli umani, sempre pronti a giudicare, i ''sommersi'' sono invece liberi da canoni di giudizio e vivono negli abissi del Mediterraneo.
«I miei personaggi vogliono raccontare che l'imperfezione è ricchezza. Negli occhi degli asciutti l'imperfezione è una cosa negativa. Per i sommersi è normale essere imperfetti, è qualcosa in più», ci racconta Martina.
Tutti i giocattoli fanno parte di un immaginario mitologico legato alla Sicilia. Le storie dei pikini nascono sul momento, durante la lavorazione a maglia: «Quasi sempre la storia nasce mentre li faccio. Li pubblico e scrivo le storie sui social», ci racconta.
Il suo nome sui social è ''Martina Karamazov'', in onore de ''I fratelli Karamazov'' di Dostoevskij, anzi di una ''sorella'' Karamazov, per dare voce al femminile.
Martina ha tante passioni, ama anche realizzare oggetti con i rifiuti che raccoglie sulla spiaggia, per sensibilizzare. L'artista inventa tante storie avvincenti per i suoi giocattoli e i suoi attrezzi sono lana, ferri, forbici, aghi, ''cardacci'' e tanta creatività.
Sogna adesso di avviare una startup, di dedicarsi alla sua terra, alla campagna e ''al gregge'', ci dice ridendo.
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