STORIE
È un'artista della seta: la messinese che crea con il batik la storia della Sicilia (e le sue leggende)
Tanta acqua sotto ai ponti è passata da quando Carla Siracusano disegnava le piccole opere dei Peanuts. Adesso la sua preziosa arte si esprime con il batik, disegnando decori siciliani (ben prima di D&G)
La stilista Carla Siracusano
È conosciuta per la sua dote innata di dipingere le pregiate sete con la tecnica batik e per il suo marchio “Galea” fondato nel ’90.
Il suo “X factor” è l’abilità di elaborare e ritrarre decori siciliani su sete bianche che con il metodo batik acquistano le più incredibili tinte. Ma raffigura altri soggetti su richiesta e prenotazione. E si rifà alle leggende messinesi, alla natura possente e combattiva dei vulcani in eruzione (Etna, Stromboli o Vulcano) e dei fichi d’India, alla zagara, al calore delle passioni amorose. Già dall'87, si ispira ai ghirigorisiciliani, prima che se ne rendessero conto Dolce & Gabbana attraverso i colori e profumi della terra e del mare.
Per un decennio da questa sede Carla ha organizzato eventi – mostre – sfilate in abbinamento con artisti affini (perciò pittori) quali Bruno Samperi e Marcella Gemelli: ha allacciato e mantenuto rapporti con l’alta società e anche con quella patita di stile alternativo; ha realizzato corsi di formazione rivolti a varie fasce: dalle ragazze straniere che intendevano ritagliarsi una professione settoriale, una specialità unica e identificativa del Made in Italy da traslocare all’Estero, fino alle signore in cerca di hobby e nuove leve, come è stata unasua allieva che l’ha aiutata per qualche tempo.
Ho lavorato con architetti locali e non, come Teresa Cammara per interventi ornamentali in case private (cabine doccia) o per alberghi, Antonella Verzera per un B&B a Milazzo dipingendo dei pannelli sopra i letti. A Taormina e altre location di classe, ha contribuito come decoratrice di tessuti per altri stilisti e con altre mostre.
L’eterea Siracusano ha trasferito i suoi sogni sui dipinti delle stoffe. Si è rimboccata le maniche e ha continuato a donare miti, fiori e tutti gli elementi del Globo, in chiave siciliana, dal laboratorio della propria abitazione, da cui può sempre ricevere gli interessati attraverso il sito personale di Galea.
È stata inserita in un progetto di E-Commerce tutto siciliano (Sicilian Artisan Foundation, operativo entro fine anno), dove una cinquantina di nomi di artisti è stata raccolta per mostrare attitudini e prodotti. Tra i messinesi, lei è stata selezionata insieme al pittore Giuseppe Lisciotto (in arte Sep) che crea quadri cheprendono spunto dai fondali marini e paesaggi mediterranei.
L’esempio artistico più immediato è stato la cugina di suo padre, Santa La Bella, che dipingeva in una villa in campagna e delineava le illustrazioni per la Casa editrice Mursia.Nelle ambizioni di ragazza, Carla sarebbe voluta diventare una insegnante per poteretrasmettere le sue conoscenze ai bambini che ama molto oppure una psicologa. Ecco perché ha assecondato l’indole verso la scuola superiore magistrale.
Tanta acqua sotto ai ponti è passata, da quando disegnava le piccole opere dei Peanuts con una compagnetta di giochi che è diventata psicologa. Con questa stessa collega di arte, a 18 anni perciò a fine anni Settanta, durante il boom dell’abito usato, l’artigiana andava a Roma a compraredai grossisti che esponevano nei mercati le balle di vestiti: ogni pezzo costava da 200 a 500 lire e portava quelli scelti nel cortile di Palazzo Mazzullo, dove la sua amica aveva una bottega (l’ex negozio del padre di mobili antichi) che era adibito a “show room”.
Questa vetrina del vintage “ante litteram” vendeva camicioni, vestaglie e abiti fiorati tipo hippy e per rendere l’idea ogni capo arrivava ad essere prezzato 15mila lire. “Questo è stato il primo negozio dell’usato a Messina” - rievoca Siracusano -. Con mia madre Dora tingevamo i capi d’abbigliamento nei pentoloni con i colori dell’epoca in busta che si trovano dal ferramenta.
Poi ho aperto da sola (tra i 18 e 20 anni) un’altra bottega di abiti in via Garibaldi nella palazzina antica del vicolo Cicala, pressi Muricello. E dopo la mia esperienza di crescita a Milano (verso il 2006), ho affittato uno show room in una bottega in Via Pozzoleone, accanto al “Teatro Vittorio Emanuele II”, con un’altra artista Maria Rigano che produce quadri, bijou e borse.
Il percorso di Carla è fatto di gavetta, così vola a Milano a vent'anni (già sposata e per motivi di lavoro del marito) e legge su “La Repubblica” di un corso di batik al Centro Leoncavallo. Casualmente, conosce un’artista di chiara fama Silvia Giorgetti che, notando il talento di Siracusano nell’uso dei colori, la recluta come “discepola” e da lì si alimentano i contatti con tanti stilisti milanesi.
L'imprenditrice comincia a realizzare con il suo stile batik, per esempio cravatte e stole per Versace ed altri ateliers di sartorie importanti. Non appena rientra a Messina, Carla viene chiamata per dipingere una zona a vista dell’Hotel “Capo Peloro” ovvero le vetrate divisorie nel salone ristorante. Lei è a tutti gli effetti una stilista del tessuto ed artista del colore sulla stoffa. I suoi strumenti sono il telaio dove tende la seta, la cera d'api, i coloriadatti per seta o lino perché non si possono adoperare i sintetici.
La tecnica batik richiededi intingere il pennello nella cera calda, la cera riserva le zone della seta che devono rimanere bianche e ferma il colore liquido. Si deve poi fissare i colori di questa stoffa che si arrotola con in mezzo un giornale intorno a un bastone di legno. Questo viene appoggiato su un pentolone atto alla ebollizione dei tessuti perché il vapore fissa il colore che diventa indelebile alla luce. Dopo il fissaggio, le sete si possono lavare a mano e tornano morbide e fluida.
Chi fa pittura solitamente lo fa su rilievo. Carla si avvale di colori eco-friendly acquistati via internet in Francia, prima a Milano da Pellegrini. È legata alla storia siciliana e peloritana ed è per questo che attinge al nome “Galea” per la sua azienda. Nel ‘700, Messina detiene un background di enorme capacità mercantile per la presenza del suo porto, era lo zoccolo duro dell’Isola per gli scambi commerciali e poteva vantare un ampio bacino di produttori della seta.
La creativa messinese si sollazza a raccontare: «A quel tempo, avevamo una grande quantità diopifici. Le galee portavano la seta da non confondere con quelle dei carcerati. Inoccasione della ricorrenza della Madonna della Lettera (il 3 giugno), il porto si vestiva afesta, la palazzata veniva ricoperta di drappi in onore della cosiddetta macchina votiva. Avevamo la Zecca di Stato. Insomma la ricchezza passava da qui e riusciva ad installarsi.
Chi produceva il gelso (più che altro in prossimità dei torrenti) faceva fortuna perché dalla pianta si raccoglievano i bozzoli dei bachi da seta. Una cultura della coltivazione che risale ai tempi dei Monasteri dei monaci basiliani. Non dimentichiamoci che a Messina esiste una via dedicata (Via Setaioli). Se si abbatteva un albero di gelso, c’era la pena di morte».
Carla nasce da mamma napoletana che incontra per la prima volta suo padre a Napoli, impiegato lì al Banco di Sicilia. Al padre ogni tanto sul posto di lavoro regalavano libri, anche in lingua tedesca. Lei veniva influenzata nel disegno dalle illustrazioni. Ad oggi, si è sempre inventata e reinventata.
«Sempre al rientro da Milano, mi arriva una telefonata di una gentile signorina del nord – osserva - che mi propone corsi di formazione nei villaggi di Franco Rosso. Così trascorro un anno e rafforzo le mie esperienze tra Grecia e Egitto. Una mamma di una bimba in vacanza in Grecia, proprietaria di una conceria in Toscana, mi invita ad utilizzare la mia tecnica sulle pelli di pitone usando gli stessi colori della seta. Così, lavoro per una campionatura di pelli nelle Fiere di Milano e Parigi. Ho chiesto aiuto a un mio amico artista».
Lo Stiista Jay Kos a Parigi impazzisce per i capi dipinti da Carla e ha ordinato le pelli lavorate da lei. Accadeva 5 anni fa. L’imprenditrice fa una bella riflessione sull’omologazione collettiva improntata dai cinesi. Deve tornare il concetto e il valore enorme del “fatto a mano”. Ci si deve limitare neiprezzi. Un negozio a Catania (“Treviehandmade” in via Garibaldi) prende le sue creazionie le vende. Fino a due anni le dava anche a Taormina e al resort “Monaci di Terre Nere” sull'Etna.
Lei può disegnare modelli semplici realizzati dal telo con poche cuciture: abiti pareo e moda mare. Ultimamente, si è interessata a lei anche RaiTre con il programma “Geo&Geo” che ha sintetizzato le tradizioni e le arti artigiane nel messinese. Al Salone diMilano per l’architettura, ha esposto tessuti, ponchi e pezzi unici d’arredamento.
Il fratello maggiore Bruno con sua moglie Pinella le ha fatto da mecenate, durante il soggiorno a Milano procurandole tutto il materiale per la sua attività. I suoi figli sono nati a Milano e ne va fiera. Emanuele Bernava dipinge quadri e si è laureato all'Accademia diBrera portando la tesi sul lavoro di batik della madre. L'altro Gianmarco 37enne, Ginevra, fa il medico neuroradiologo, un interventista di grido che opera attraverso l’arteria femorale.
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