CURIOSITÀ
È ambrato, in Sicilia si fa da duemila anni: la storia (dolce) del "vino dei vulcani"
Accomunato alle isole Eolie, nell’immaginario collettivo suggerisce atmosfere ancestrali di luoghi selvaggi, addomesticati dalla presenza umana
Malvasia di Lipari
Eolie e Malvasia, un binomio che nell’immaginario collettivo suggerisce atmosfere ancestrali di luoghi selvaggi, addomesticati dalla presenza umana di antichi insediamenti e scenari mozzafiato, panorami da gustare dentro un bicchiere di colore ambrato come i riflessi del sole che colorano queste isole sorelle.
Del resto non è cosa da nulla assaporare ancora oggi un vino la cui “produzione storica” risale a oltre duemila anni fa e secoli messi uno dietro l’altro, sopravvissuto così al passare del tempo.
Un piacere da assaporare che ha a che fare più con qualcosa di passionale e intenso, piuttosto che un semplice liquido da bere, assimilabile ad una categoria da contemplazione, da meditazione.
Risaliamo ad un passato mitologico quando i Greci colonizzarono intorno 580 a.C. quelle che per loro erano le terre del dio Eolo e che, appunto, chiamarono Eolie la dimora del dio dei venti, e qui si trovano le testimonianze delle origini e l’importanza economica della viticoltura in questo minuscolo arcipelago in una zona geografica ombelico del mondo antico.
Una uva a bacca bianca che da cui si ottiene un vino di colore giallo paglierino intenso con riflessi dorati, le cui caratteristiche di base sono alti residui zuccherini, una fragranza intensa dal profumo penetrante e morbido che ha sentori di frutta come albicocca, e note floreali che danno seguito ad un gusto armonioso di questo vino liquoroso le cui uve vanno fatte maturare a lungo sulla pianta per ottenere la massima concentrazione aromatica.
Una cultivar appartenente ad un gruppo di antichi vitigni - le Malvasie – la cui radice originaria è incerta, il nome sembra derivi dalla città greca Monembasi, Menemvasia o Monovaxia individuata nella terra del Peloponneso.
Nelle Isole Eolie l’origine della coltivazione delle barbatelle della Malvasia ha diverse ipotesi, tra cui due le maggiori possibili vista la posizione geografica dell’arcipelago meta di arrivi e passaggi: importata dai popoli della lontana terra dei Micenei che sembra avessero rapporti commerciali stabili con le popolazioni eoliane tra i secoli XVI-XIV sec. a.C, oppure introdotta dai Greci 1580 a.C. durante la colonizzazione verso la Sicilia.
Citata dallo storico greco di Agira Diodoro Siculo che ne scrive a proposito di una colonia greca che negli anni 588-577 a.C. impiantava nella terra di Lipari un vitigno detto ”di Malvasia”.
Che sia rimasto lo stesso coltivato oggi non è certo ma che il nome sia di tale "vetustà" è sicuro e come tale lo si annovera tra le bevande mitologiche di un era straordinaria, della quale portiamo ancora i semi. “mentre tornavo, avevo scoperto dalla barca un’isola nascosta dietro Lipari.
Il battelliere la chiamò Salina. Lì si produce il vino di Malvasia. Volli bere… una bottiglia del celebre vino….E’ proprio il vino dei Vulcani, denso, zuccherato, dorato …” Così durante il suo viaggio del 1890 Guy de Maupassant descrive l’isola di Salina nella “La vita errante” con questa onirica e appassionata citazione nella quale racconta la scoperta di questo vino che assapora estasiato.
Non sarebbero passati molti anni dopo, un decennio appena, che il vino venisse premiato nel 1900 all’esposizione di Parigi dove venne presentato e insignito di una menzione che sarebbe stata una delle innumerevoli che si susseguirono successivamente da allora.
Eppure, colpa delle mode o dei tempi, negli anni del boom economico tra i 50 e i 60 la produzione ebbe un preoccupante calo, scongiurato alla fine degli anni ottanta grazie proprio alla viticoltura eoliana, di alcuni stoici produttori che ne hanno ripreso e migliorato la produzione.
Una coltivazione che affascina anche per il paesaggio che disegna: sono vigneti impiantati in terreni a forte pendenza diffusi su terrazzamenti di muretti a secco fabbricati in pietra lavica che trasformano un terreno aspro in una visione dolce dall’andamento regolare.
Un lavoro che non è soltanto legato alla capacità di addomesticare la terra, ma che ha a che fare con una storia popolare antichissima tramandata fin ad oggi, che si manifesta nella costruzione proprio dei muretti di pietra, una vera e propria arte rurale da custodire.
In questo ruolo la parte occupata dalla mano umana amplifica il loro valore, perché si estende ad aspetti di particolare interesse socio antropologico.
Questi terrazzamenti devono la loro importanza funzionale al rallentamento delle acque superficiali come nella difesa dagli agenti erosivi del suolo dei terreni, al contenimento di questi ultimi per mantenere salde e stabili le aree produttive coltivabili. Ma come si ottiene questo ambrato elisir?
La produzione è legata alle pratiche tradizionalmente consolidate nell’area di indicazione che prevede la raccolta dell’uva sovramatura sulle piante, con selezione dei grappoli e successiva separazione degli acini non abbastanza maturi o guasti, cui fa seguito un lento e graduale appassimento indotto naturalmente dall’esposizione al sole sui tipici manufatti rustici – anch’essi storici - detti "cannizzi" ovvero le stuoie di canne sottili tagliate e assemblate apposta per questo uso, l’essiccazione delle frutta.
Qui rimangono dentro un range di tempo che varia tra 10 e 20 giorni a riposare sotto l’attenzione vigile dei produttori, cui fa seguito la spremitura degli acini e la fermentazione a temperatura controllata in piccoli recipienti di capacità ridotta.
La Malvasia non è soltanto "vino dolce liquoroso" la produzione secca è perfetta per accompagnare i piatti a base di pesce, come le carni bianche o i formaggi stagionati ed erborinati a crosta fiorita o gorgonzola.
La Malvasia dolce tradizionale è ideale con dessert a base di frutta come lo strudel, o da accompagnare a biscotti con frutta secca, dolci di mandorla, cassate e cannoli, come tradizionale è l’abbinamento con la zuppa inglese e i dolci delle feste tipo buccellati e ripieni di zuccata.
È stata una delle prime DOC ad essere riconosciuta in Sicilia con Decreto del Presidente della repubblica (Dpr) del 20 settembre 1973.
Fonti: Disciplinare di produzione - Malvasia delle Lipari Registro Nazionale delle Varietà di Vite Le Malvasie in Sicilia: Istituto Regionale del Vino e dell'Olio Wine in Sicily GiemmeWine
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