SANITÀ
Dove sono i bambini? Sono ancora i grandi assenti, nella Fase 2 non scordiamoci di loro
I nostri bambini sono tra quelli che stanno pagando il prezzo più alto del lockdown, mancano insieme scuola e amici: la riflessione di un esperto per capire il loro mondo
«Dal 5 marzo - scrive la psicologa Blanco - le scuole hanno definitivamente chiuso i portoni e poco dopo sono cessate anche le attività sportive e ludico-ricreative. In un clima globale di incertezza e paura, i bambini hanno dovuto adattarsi ad un grande ed improvviso cambiamento. Certamente, la quarantena ha consentito loro di riscoprire una dimensione familiare rinnovata da tempi più umani, da una maggiore condivisione e presenza di genitori, forse come mai era accaduto. Ma, nel susseguirsi dei giorni, i bambini hanno iniziato a perdere pezzi fondamentali di vita, perdendo se stessi nel rumore dell’emergenza.
Non solo. Nella quarantena del COVID-19, i bambini hanno perso il loro corpo in movimento, il corpo che corre, salta, cade, suda e con esso hanno perso una quota indispensabile di gioco, l’attività che per eccellenza contribuisce ad uno sviluppo armonioso della personalità infantile. Attraverso il gioco, il bambino esplora e scopre il mondo e, allo stesso tempo, esplora e scopre sé stesso nel mondo: per quanto i genitori possano avere competenza ludica ed affettiva, il gioco in casa resta un’occasione limitata sia nei ruoli che negli stimoli offerti.
Il dolore di queste perdite per i bambini può essere esponenzialmente amplificato in forme familiari non normative come per esempio nelle famiglie con figli disabili, nelle famiglie multiproblematiche o nelle famiglie socio-economicamente svantaggiate. Per questi bambini, ancor di più, la casa rischia di trasformarsi in una prigione, non più luogo sacro di protezione e calore, ma spazio limitante della libertà e dei bisogni, con tutti i disagi ed i traumi che ne possono conseguire.
Dopo quasi due mesi di silenzio e di decreti in cui i bambini sembrano dimenticati, diventa indispensabile, allora, dare voce agli infanti (dal latino infans–antis, che non sa parlare) e dare loro uno spazio libero per garantire quello sviluppo ottimale che secondo Schaffer esiste nello scambio bidirezionale tra bambino ed ambiente, un ambiente ricco di opportunità di apprendimento e di esperienza».
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