STORIA E TRADIZIONI
Diventare una "dama" ai tempi dei Florio: Franca e Giulia alla corte della regina d'Italia
Testimoni di cultura, bellezza, grazia, impegno sociale, furono scelte, insieme con altre, come Dame di Corte. Su Franca Florio sappiamo tutto, Giulia visse più defilata
Franca e Giulia Florio
Su Franca Florio sappiamo tutto, ogni ambito della sua vita è stato analizzato, raccontato, romanzato, dal fulgido splendore, alla tragedia e alla perdita di tutti i beni.
Accanimento del destino vissuto sempre con estrema dignità, come si compete a una "Regina" seppur senza corona.
Su Giulia Florio, sposata con Pietro Lanza di Trabia Duca di Branciforte, figlia di Ignazio e Giovanna d’Ondes Trigona, sappiamo meno, più defilata, meno appariscente ma anche lei colpita da lutti.
Perderà il marito, i primi due figli nella grande guerra. Unico figlio rimasto, Giovanni, anche questo morirà a seguito di un’epidemia. Rimasta sola, per anni, si adopererà per legittimare i nipoti, nati da una relazione di Giovanni con una donna sposata, operazione necessaria per assicurare una discendenza alla famiglia.
Ma quali erano i "requisiti", per ricoprire questo ruolo importante? Dobbiamo fare un passo indietro nella storia. Originariamente essere "Dama" voleva dire avere un titolo onorifico riservato alle mogli o figlie di cavalieri, gentiluomini o nobili.
Le “Dame di Palagio", com’erano chiamate, dovevano avere delle caratteristiche particolari, riportate nel famoso libro di Baldassarre Castiglione, “Il Cortegiano”, del 1528. In quest’opera sono indicate le qualità per l’uomo e per la donna, necessarie nella vita di corte del Rinascimento.
Nella parte dedicata alla figura femminile, si legge che dovevano essere abili oratrici, istruite nelle lettere e nelle lingue, nelle arti, nella musica e nella danza; se sposate, era indispensabile che fossero buone mogli e madri di famiglia, con forti valori morali, etici e sociali. Le Dame dovevano saper intrattenere gli ospiti "commuovere, persuadere, convincere gli altri", partecipare agli eventi mondani, saper andare a cavallo, esibirsi in battute di caccia. Autentiche “testimonial”, delle famiglie che contavano, davano lustro instaurando un proprio potere nella corte stessa, tanto da determinarne a volte le sorti.
Assunsero ruoli e nomi diversi, nelle varie corti, che ne identificheranno il grado d’importanza, alcune di loro saranno le favorite del Re, diverse sposeranno i Sovrani, spesso scalzando la legittima consorte, come nella monarchia inglese dove ben 4 saranno mogli di Enrico VIII. Con Elisabetta I saranno consigliere e amiche.
Elisabetta II avrà diverse Dame di Compagnia che la accompagneranno durante il tutto il suo lungo regno. “Dame di Compagnia e di Palazzo” termini una volta simili ma che nel tempo si differenzieranno, le prime avranno uno strettissimo rapporto con la sovrana, le seconde saranno le rappresentanti della grandezza e splendore della Corte.
Torniamo alle “Dame Florio”. Franca lo diventerà nel 1902 in occasione dell’Esposizione Agricola Siciliana a Palermo, ricevendo dalle mani della Regina Elena una spilla di brillanti con lo Stemma Reale. Spilla, che sarà sempre indossata sulla spalla sinistra dalla “Stella d’Italia” nelle cerimonie pubbliche e negli incontri ufficiali.
Famosi i suoi due “manti di corte”: il primo in velluto blu con ricami in oro, il secondo, straordinario, restaurato ed esposto alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti a Firenze.
Realizzato probabilmente in Francia dalla "Maison Worth", è in raso di seta color avorio “damascato con disegno a spighe e applicazioni in laminato, paillettes, jais, canutiglia e georgette”, con uno strascico a forma trapezoidale con 4 pannelli”, allacciato in vita, aveva bande che scorrevano sulle spalle.
Non è difficile immaginare quanto il manto fu valorizzato dalla bellezza di Donna Franca, con il suo metro e 73 cm, un giro vita di 57, i suoi magnetici e cangianti occhi verdi, la capigliatura corvina, la pelle di porcellana.
Franca non fu solo il volto pubblico dei Florio e di Palermo, influenzerà ed entrerà nell’immaginario femminile, attraverso riviste che le dedicheranno articoli e copertine, sarà un’icona di stile e bellezza, caratteristiche che si accompagneranno alla grande cultura, alla conoscenza delle lingue, alla capacità di saper intrattenere ospiti importanti. La Dama di Palazzo Giulia sarà diversa.
Nobile per il titolo acquisito, per tutta la vita sarà impegnata in cause sociali. Aiuterà emarginati, poveri, ciechi, sarà una prodiga benefattrice per orfani, finanzierà enti benefici, strutture private e pubbliche. Particolarmente sensibile, anche a seguito della morte in guerra dei figli, si adopererà per organizzare le strutture di degenza e cura dei feriti italiani.
Attenta alle sofferenze dei malati, il suo impegno sarà ricordato con l’intitolazione di un padiglione in un ospedale di Palermo. Sensibile all’arte e alla cultura, farà restaurare la villa del marito Pietro Lanza di Trabia.
Franca e Giulia, due facce dello stesso ideale femminile della "Dama di Palazzo" descritta nel Cortigiano: entrambe depositarie di quel concetto di Grazia descritto dallo scrittore rinascimentale.
Caratteristica che non avrà mai a che fare con l’Affettazione (nel libro descritta come Sprezzatura) ma qualità nascosta e non ostentata: “Dimostri ciò che si fa e dice, venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi”.
In tutti i frangenti della loro vita, le due cognate affronteranno ogni loro compito e situazione con eleganza, finezza e dignità, come si compete a delle vere Dame e Signore.
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