CINEMA E TV
Da Visconti a Pasolini, da Benigni a Ficarra e Picone: Catania nei film che abbiamo amato
Chissà quante volte vi sarà capitato di guardare un film è riconoscere la vostra città o un luogo nel quale siete già stati e di "gongolare". Anche Catania è stata scelta più volte come set
I film girati a Catania sono stati diversi: dalle commedie ai film drammatici, passando per le trasposizioni cinematografiche dei grandi esempi della letteratura italiana. Le bellezze barocche, i toni scuri della pietra lavica e lo scenario tipico siciliano della città etnea hanno catturato l’attenzione di diversi registi.
Per citare solo gli esempi più importanti, ricordiamo “La terra trema” (1948), adattamento di Luchino Visconti del romanzo I Malavoglia di Giovanni Verga, “Don Giovanni in Sicilia” (1967), dall’omonimo romanzo di Vitaliano Brancati e “Storia di una capinera”, lungometraggio del 1993 di Franco Zeffirelli, tratto dal romanzo di Giovanni Verga. Nella Catania di metà Ottocento, Maria è una giovane novizia che ha da sempre vissuto la vita di clausura.
In un ultimo slancio di libertà, Maria lascia il convento per andare da Nino, ma quando scopre che la sorella è incinta e il giovane le dice che lui aveva sofferto per il suo rifiuto ma che ormai non si poteva più tornare indietro, alla ragazza non resta che un ultimo bacio dal suo amato prima di rientrare per sempre nel convento. Gli scenari di questo film sono principalmente quelli del centro di Catania: Piazza Duomo, Piazza Università e in particolar modo via Crociferi, luogo in cui si trova il convento e la casa di Nino. Il bacio tra i due giovani, infatti, avviene di notte proprio sotto l’Arco di San Benedetto.
Anche nel celebre film “Johnny Stecchino” del 1991 ci sono scene girate a Catania. Roberto Benigni nei panni di Dante, autista di uno scuolabus che non sa di essere il sosia di Johnny Stecchino, un mafioso siciliano pentito che non si mostra al mondo per paura di essere ucciso. Un giorno viene quasi investito da Maria, una giovane donna della quale Dante si innamora follemente, tanto da essere disposto a cercarla fino a Palermo.
La donna è in realtà la moglie di Johnny Stecchino e finge di amare Dante per usarlo come capro espiatorio al posto del marito. Solo alcune scene di questo film sono state girate a Catania, ma tra queste una delle più celebri è quella girata dentro il Teatro Massimo Vincenzo Bellini, anche se nel film dovrebbe rappresentare il Teatro Massimo di Palermo.
Altro film importante nella storia cinematografica è “Mimì metallurgico ferito nell’onore”. Pellicola del 1972 con la regia di Lina Wertmüller e due grandi attori del calibro di Giancarlo Giannini e Mariangela Melato. Giannini veste i panni di un operaio catanese, soprannominato Mimì, che perde il posto di lavoro per essersi rifiutato di dare il voto ad un mafioso. L’uomo abbandona la moglie e la città natale per cercare lavoro e si trasferisce a Torino dove ha un figlio da un’altra donna. Quando rientra a Catania con l’amante e il figlio, scopre che la moglie è rimasta incinta di un altro uomo e per vendetta decide di sedurre la moglie dell’amante della sua consorte. Il film presenta diverse scene girate nella città di Catania e tra queste risaltano ancora una volta via Crociferi, Piazza Duomo, la Pescheria, gli interni.
Non dimentichiamo di certo I Vicerè di Roberto Faenza interprato tra gli altri da Alessandro Preziosi, scene del film sono state girate a Villa Cerami e sullo sfondo del Monastero dei Benedettini.
“La matassa, uno dei film più celebri del duo comico Ficarra e Picone, è del 2009 e racconta la storia di due cugini, Gaetano e Paolo, molto legati da bambini ma costretti a separarsi a causa di un forte litigio tra i rispettivi padri, due fratelli. Le strade di Gaetano e Paolo si incrociano per puro caso il giorno della morte del padre di Paolo. l film è stato girato nel catanese, e in particolare si vedono delle scene che riprendono via Etnea, via di Sangiuliano, Piazza Dante, piazza Borgo, Ognina e la splendida Villa Cerami, visibile durante l’inseguimento in una delle ultime scene del film.
Oltre alla città, anche il vulcano Etna ha ispirato e attratto molti registi. Uno in particolare, sedotto dalle bellezze aspre e selvagge del Mongibello, vi ha ambientato addirittura quattro film: Pier Paolo Pasolini. Quei paesaggi brulli e danteschi egli li volle come cornici ideali per "Il Vangelo secondo Matteo", "Porcile", "Teorema" e "I racconti di Canterbury". Quattro pietre miliari della produzione pasoliniana.
Stregato e abbagliato dalla bellezza del vulcano, anche Pier Paolo Pasolini, da sempre innamorato del crudo paesaggio etneo, gira sugli angoscianti deserti lavici del vulcano, tre anni dopo l’inizio del suo singolare percorso artistico cinematografico, le scene della tentazione del “religioso” e anticonformista Il Vangelo secondo Matteo (1964).
Le sbalorditive sculture laviche, il paesaggio selvaggio e primitivo delle alte quote, la religiosa e solenne solitudine dei luoghi e il poderoso massiccio dell’Etna (la “montagna” dei catanesi) si offrono a grandi e piccole produzioni cinematografiche come location selvaggia e spettacolosa. L’innamoramento per l’Etna del regista- scrittore- saggista- poeta prosegue e s’intensifica negli anni successivi e con il difficile Teorema (1968), accompagnato da una citazione del libro dell’Esodo, girato in piena contestazione studentesca, che apre ancora una volta al deserto lavico dell’Etna (esteriorizzazione dell’angoscia e dell’irredimibile solitudine del protagonista, ma anche luogo d’espiazione e di ritorno al primigenio soffio vitale), radicalizza l’avversione verso una borghesia alla quale non resta che autodistruggersi.
Impressionante la sequenza conclusiva, che passa da un campo lunghissimo ad un primissimo piano, in cui Massimo Girotti corre nudo urlando sulla nera sabbia vulcanica, dopo aver abbandonato la fabbrica agli operai. Film estremo dove si accentua il rifiuto d’un presente inaccettabile e irrazionale, attribuendo all’eros una forza dirompente e salvifica. Ancora nel successivo Porcile (1969), come a suggello di tutta un’opera attraversata da insanabili ossimori, sarà l’establischment a divorare i propri figli ribelli.
Qui l’Etna e il Castello di Aci (scelto come sede del tribunale che condanna a morte il parricida-cannibale) tornano a campeggiare in tutta la prima parte del film creando scenari di grande suggestione. Ultimo set pasoliniano siciliano, poco prima della cruenta morte avvenuta nella notte tra l’1 e il 2 novembre di 40 anni fa all’Idroscalo di Ostia, I racconti di Canterbury (1972), secondo film della cosiddetta Trilogia della vita tratto da Canterbury Tales capolavoro della letteratura medioevale di Chaucer, dove il tormentato regista appare nei panni dello stesso Geoffrey Chaucer.
I racconti di Canterbury ingloba alla fine del film la memorabile e spaventosa sequenza finale dell’Inferno interamente girata sull’Etna, percorsa da orribili mostri, diavoli e monaci dannati, che insieme alle prove precedenti esprime il radicale rifiuto d’un presente inaccettabile e irrazionale. Una curiosità: tutti i diavoli (nudi dipinti di blu o di giallo) furono scelti da Pasolini tra gli arbitri della Federazione di Calcio catanese, tra cui l’attore etneo Enrico Pappalardo che veste i panni del signore delle tenebre Satana.
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