STORIE
Da piccolo vendeva caramelle "p’attigghiu”: nonno Lodovico, "il gelataio con il carrettino”
A molti palermitani, soprattutto ai più giovani, questo nome non dirà nulla ma entrando dentro ai suoi racconti di sicuro molti lo ricorderanno
Lodovico Speciale in una foto dell'epoca
La vita di questo arzillo vecchietto che ancora oggi esce ogni mattina, prende l’autobus e fa un giro a Mondello o Sferracavallo prima di rientrare a casa dove lo aspetta sua moglie, Francesca Paola per tutti nonna Lina, compagna da 60 anni, comincia, infatti, molto presto con le fatiche del lavoro come ci ha raccontato prima di diventare per tutti il “gelataio con il carrettino”.
Ritornano alla mente i primi ricordi legati a quando con una bancarella in un angolino, all’età di circa 9-10 anni, vendeva le così dette caramelle "p’attigghiu” ovvero per il solletico alla gola fatte dalla madre su una lastra di marmo, ma Lodovico oltre ad aver svolto tanti lavori è rimasto molto legato alla vendita dei gelati.
All’inizio affiancò, come si faceva all’epoca per imparare un mestiere, lo zio che già portava in giro nei quartieri della città la sua rivendita mobile di gelati, poi dai 13 ai 14 ha lavorato addirittura da solo.
«Si faceva ogni giorno la stessa vita - ci ha raccontato Lodovico - mi piaceva il mio lavoro e mi permetteva di portare i soldi a casa per campare. All’epoca a Palermo si mangiava molto pane e gelato, infatti ricordo che si vendevano più bicchieri di gelato che coni da passeggio. A seconda della quantità di gelato richiesta le cifre variavano dalle 5 alle 30 lire, i più ricchi chiedevano un cono da 30 lire ma ripeto si vendevano soprattutto molti bicchieri».
Dal racconto di Lodovico appare evidente come all’epoca - stiamo parlando di 70 anni fa circa - comprarsi un gelato praticamente significava accaparrarsi un pasto e anche sostanzioso. «Mi piaceva molto il nostro gelato, lo mangiavo spesso e il mio gusto preferito era la nocciola; devo precisare che all’epoca i gusti erano originali e artigianali. Il gusto al limone era molto richiesto ma anche il cioccolato, la fragola e immancabile il caffè».
Questa “dolce vita” durò qualche tempo, dai 9 ai 14 anni.
«Ad un certo punto volevo mettermi in proprio, non lavorare più con lo zio ma non era così semplice e alla fine ho dovuto cambiare mestiere e ho cominciato a fare il muratore fino all’età di 80 anni. Se avessi continuato forse oggi sarei proprietario di una gelateria. Se dovessi raccontare la mia vita verrebbe fuori un romanzo; ho cominciato a lavorare da piccolissimo perché rimasi orfano di padre a quattro anni con un fratellino di 6, lo zio Totò (famoso anche lui in città grazie al suo banco storico di pane e panelle che si trova ai piedi di Monte Pellegrino) e mamma era da sola a mandare avanti la famiglia.
Mi alzavo alle 5 e andavo con mio zio a vendere prima la frittola a piazza Ingastone, poi andavamo insieme da Carmelo Amato, al capannone al Capo, a farci preparare il gelato che avremmo venduto con la nostra bicicletta a tre ruote spostandoci da Resuttana fino alla Statua, in via Libertà.
Ho un bel ricordo di quegli anni anche se ero solamente un bambino e la vita era dura ma era una grande soddisfazione riuscire ad aiutare mia madre».
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