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Dà il nome (anche) a un magico borgo: in Sicilia c'è il vulcano che punta al cielo

Fianchi sinuosi su cui verdeggia una natura incontaminata. Oltre all'attività vulcanica modellatrice, quel che affascina è il nome. Un lascito fra leggenda e realtà

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 17 aprile 2025

Monte Mojo

Fianchi sinuosi su cui verdeggia una natura incontaminata si restringono sempre più, fino alla vetta. Da qui, la visione è spettacolare: un cono che dal cratere tende al cielo e un bacino agli uomini, è Mojo Alcantara. Un vulcano alle falde dell’Etna sul fiume Alcantara da cui prende il nome l’omonimo centro abitato e comune di Messina di circa 700 abitanti.

Un numero che si ripete anche nell’altezza di questo monte silente e bonario, additato come ipotetico responsabile di un’eruzione - forse mille anni prima della nascita di Cristo - che con la sua lava ha invaso il fiume Alcantara arrivando fino a Giardini Naxos. Al suo potere lavico si dà anche il merito di aver plasmato le Gole dell’Alcantara.

Ma oltre alla sua attività vulcanica modellatrice, quel che affascina è il nome. Un lascito fra leggenda e realtà. Siamo in un periodo storico non ben definito.

Le spighe di grano scostate dal vento riposano su un terreno ancora arido di altre presenze naturali. La distesa appartiene a due fratelli gemelli che coltivano quel campo con cura e dedizione.

Uno di loro è cieco, ma poco importa; il sangue non mente e se c’è una cosa su cui puoi contare è quello. Ma spesso accade che le parentele non siano indice di bontà o fedeltà. Il fratello vedente, infatti, è un imbroglione.

Approfittando della disabilità, dopo ogni raccolto c’era sì la divisione dei beni di madre natura ma con il trucco: la quantità maggiore di raccolto la teneva per sé, mentre una piccola parte andava al fratello cieco inconsapevole della truffa.

Gli anni avanzano e con essi anche il mucchio di grano accumulato dal fratello imbroglione. Ma il male non passa inosservato agli dei che, arrabbiati dall’atteggiamento infame, scagliano su di lui la loro rabbia.

Dal cielo, adirato, piomba un fulmine che incenerisce il fratello disonesto e con lui il mucchio di grano raccolto con l’imbroglio. Dalle ceneri nasce così Mojo, il vulcano che dalla terra punta al cielo.

Una storia mitica, cui si aggiunge anche una più accreditata sull’origine del nome. Pare infatti che Mojo deriverebbe da maggio o mòdio. Termine secondo quanto riporta Treccani si riferisce a un'antica unità di misura agraria "per aridi, soprattutto per le granaglie, usata in Italia prima dell'adozione del sistema metrico decimale".

Nome che si addice soprattutto per l’attività prevalente del centro abitato, quella agricola. Anche se "Mojo" potrebbe, secondo alcuni, rimandare all'arabo Moiah, riferendosi alle acque limpide ed abbondanti del fiume Alcantara.

Così, se nella realtà il vulcano Mojo Alcantara è un naturale esempio di fertilità e abbondanza è impossibile dimenticare la sua essenza leggendaria da cui trarre insegnamento.

Il giudice impietoso ricorda di non cedere mai a due dei vizi più esecrabili e dannosi: disonestà e avarizia.
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