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Da Ballarò al Capo, costruirono meraviglie: le cinque case dei Gesuiti a Palermo

Oggi i gesuiti con la loro "mania di costruire case" avrebbero la catena alberghiera più grande della città. Ecco quali sono le mirabili costruzioni che eressero

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 29 gennaio 2025

La chiesa di Casa Professa a Palermo (foto di Maria Cristina Castellucci)

Se il tempo non cambiasse le cose stravolgendo le dinamiche delle città e non cambiasse i ruoli dei suoi protagonisti, oggi i gesuiti con la loro "mania di costruire case", avrebbero la catena alberghiera più grande della città.

Secondo quanto ci riferisce Antonio Mongitore, i padri gesuiti arrivarono in Sicilia nel 1547 al seguito del viceré Giovanni de Vega insediatosi proprio in quell'anno alla guida dell'isola. Nello stesso anno i gesuiti realizzarono il loro primo collegio a Messina grazie a padre Girolamo Dominecchi.

Due anni dopo, il 16 gennaio 1549 fu fondato il primo collegio gesuitico di Palermo sotto la cura di padre Giacomo Lainez «in alcune case prese a pigione da Sigismondo Platamone» nei pressi della chiesa della Misericordia (odierna chiesa di Sant'Anna presso l'omonima piazza).

Per asservire alle cure di tale collegio il senato palermitano assegnò 500 scudi all'anno per due anni, il viceré successivamente rese perpetua tale sovvenzione.
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La prima colonia di padri gesuiti secondo il Mongitore era costituita da un numero di dieci sacerdoti come poteva vedersi in un antico affresco all'ingresso della Casa Professa, salvo poi aumentarli ad un numero di 16 come riferivano altri autori. Gli studi che si compivano all'interno del collegio, oltre a quelli teologici, erano di filosofia, retorica, "lettere umane", grammatica.

Qui, il collegio gesuitico rimase per soli due anni, passati i quali si trasferì vicino la chiesa di S. Antonio «pigliando a pigione le case di Girolamo Scirotta contigue alla chiesa». Non essendo neanche questo sito bastevole alle esigenze del collegio e insufficienti i 500 scudi annui per il mantenimento dello stesso, i gesuiti pressando il viceré de Vega, chiesero direttamente all'imperatore Carlo V «che s'unisse al nuovo Collegio alcun abbazia di ius patronato regio».

Fu in tal maniera che i gesuiti ricevettero l'abbazia di Santa Maria la Grotta in Palermo, nella quale edificheranno la nota chiesa del Gesù a Casa professa.

È questa la prima delle cinque case che i gesuiti fonderanno in città.

Ricorda Giuseppe Scuderi in un suo studio sulle case dei gesuiti che «Fu prassi per la compagnia fondare, o cercare di fondare, nei centri principali cinque case [...] Ognuna delle case avrà una propria funzione ed una specifica organizzazione: il Noviziato, destinato alla prima formazione dei Fratelli e dei Padri e generalmente dedicato a San Luigi Gonzaga; la Domus Studiorum o Collegio, unica casa che "onde assicurare serenità negli studi sia ai docenti che ai discenti non doveva avere preoccupazioni economiche, e anzi possedere proprie rendite, mentre le altre case dovevano vivere poveramente paghe delle cose date loro per carità"; la Domus propagationis, sempre con il nome di San Francesco Saverio, primo missionario; la Casa Professa, residenza dei Padri e centro dell’attività spirituale, detta Il Gesù, e infine la Domus excercitiorum spiritualium generalmente detta Santa Maria, dove ogni gesuita, per almeno otto giorni all’anno, doveva ritirarsi per meditare sugli exercitia spiritualia del fondatore».

Dopo aver ottenuto Santa Maria la Grotta e la loro Casa Professa nel quariere Albergheria, vicino al mercato di Ballarò, i gesuiti, accorgendosi di non risiedere proprio nella strada più importante della città, forse per una questione di prestigio, acquistarono diverse case nella parte del Cassaro alto vicino alla cattedrale, ovvero nella vecchia via Toledo, l'odierna via Vittorio Emanuele.

Nacque così nel 1588 il nuovo Collegio dei gesuiti (attuale Biblioteca Centrale della Regione siciliana Alberto Bombace) e la nuova chiesa della Madonna della Grotta che prese lo stesso nome della precedente in seguito alla traslazione dell'immagine su tavola (oggi dispersa) della Madonna della Grotta che si venerava in Santa Maria della Grotta a Casa Professa.

Fu questa la seconda casa dei gesuiti a Palermo. Per collegare Casa Professa al nuovo collegio, i gesuiti fecero aprire una nuova strada abbattendo una cortina di case dirimpetto Casa Professa, tanto che tale strada venne nominata via Rimpetto Casa Professa, oggi via Nino Basile.

Proseguendo poi per la salita Raffadali e il vicolo Castelnuovo, questa strada terminava incrociando la via Toledo.

Dice ancora Scuderi che: «Terminata la prima fase della costruzione del Collegio, la Compagnia avvia nel 1591 i preliminari per la costruzione della casa di prima probazione, il Noviziato, o terza Casa del SS. Sacramento, la sede per la formazione che iniziava con la "prima probazione", la fase d’ingresso e di ambientazione, seguita dalla "seconda probazione", per la durata complessiva di due anni».

Questa casa si trova nel quartiere del Capo vicino il Tribunale di Palermo, la sua chiesa è dedicata a San Stanislao Kostka, ma è nota come Madonna del Lume".

È questa la Terza Casa dei gesuiti in città.

La Quarta Casa è quella di San Francesco Saverio all'Albergheria, detta anche casa di terza probazione: «le case di terza probazione erano una sorta di scuola di perfezionamento spirituale per giovani coadiutori che aspiravano alle cariche maggiori nella gerarchia dell’ordine».

La Quinta Casa era destinata agli esercizi spirituali e fu costruita nel 1715 nei pressi dell'Arsenale di Palermo, nella zone del molo nord. Questo edificio oggi ospita la scuola Antonello da Messina in via Cristoforo Colombo.

Esisteva dal 1765 anche una "Sesta Casa" che aveva la medesima funzione della Quinta Casa ma apparteneva ai preti di San Carlo Borromeo che per distinguerla dalla Quinta Casa la chiamarono "Sesta". Essa si trovava in via del Vespro, fuori le mura della città.

Dice Rosario La Duca: «La Congregazione dei Preti di S. Carlo Borromeo costruì questa "casa" destinandola agli Esercizi spirituali che annualmente venivano effettuati durante la Quaresima.

In tale periodo "vi si ritiravano per nove giorni, e nobili, e preti, e religiosi, e di qualunque altro ceto e condizione, per ivi attendere alla riforma del lor costume ed all'aquisto delle cristiane virtù". Inoltre, ogni prima domenica del mese, avevano qui luogo altri ritiri per prepararsi ad una buona morte».

Nelle campagne dei dintorni di Palermo i gesuiti nel XVI secolo possedevano anche altri luoghi adatti per la villeggiatura come ad esempio il fondo della "vignicella" compreso il castello normanno dello Scibene e il Collegio Romano nel quartiere di Cruillas. L'ordine dei Padri gesuiti venne soppresso nel 1767 e nuovamente istituito nel 1814.

Nella Piana dei Colli nel 1830, sempre per scopi di villeggiatura, i gesuiti acquistarono il Casino del Principe di Paternò, che fu un tempo la villa Ventimiglia di Geraci, e dove oggi vi risiede la Questura di Palermo (Ufficio Immigrazione).

(Per approfondimenti sul tema confronta Itinerario tra le case dei gesuiti a Palermo di Giuseppe Scuderi; La "Sesta Casa" di Rosario La Duca in Cercare Palermo; Storia delle chiese di Palermo Vol. II di Antonio Mongitore a cura di Francesco Lo Piccolo)
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