PERSONAGGI

HomeNewsCulturaPersonaggi

Creò il fluido (segreto) che ferma il tempo: chi fu Salafia, l'imbalsamatore di Palermo

Famoso per la mummificazione della piccola Rosalia Lombardo, Alfredo Salafia riusciva a conservare i corpi in condizioni incredibilmente realistiche

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 2 novembre 2024

Il culto dei morti è profondamente radicato, sin dalla notte dei tempi, nell'animo del popolo siciliano, che ogni anno il 2 di Novembre celebra il ricordo dei propri defunti con riti particolari: dolci, frutta secca, pupi di zucchero e doni ai bambini.

A questo rapporto speciale con la morte si collegava un tempo anche la pratica della mummificazione, che in Sicilia ha registrato una certa diffusione in età moderna, in particolare nei conventi cappuccini, dove già nel XVI secolo ci si accorse (forse casualmente) che le condizioni degli spazi sotterranei consentivano un’ottimale conservazione dei corpi dei defunti.

Nell'Ottocento si svilupparono nell’ambito della pratica della mummificazione anche competenze chimiche, grazie alle intuizioni di Giuseppe e Luigi Tranchina e soprattutto di Alfredo Salafia.

Nato a Palermo il 7 novembre 1869, fu un apprezzato maestro dell'estetica della morte: le salme che trattava con un particolare fluido sembravano ancora in vita, semplicemente addormentate (e si sono conservate identiche negli anni).
Adv
Trascorse quasi tutta la sua vita a Palermo (abitando nei pressi di via Isidoro Carini), eccetto un breve periodo in cui cercò fortuna e fama negli Stati Uniti.

Poche sono in realtà le notizie sulla sua vita e sulla sua formula miracolosa di imbalsamazione.

Salafia non era un medico, ma un semplice appassionato di tassidermia (tecnica per la conservazione di animali morti, destinati ai musei di storia naturale). Possedeva comunque una conoscenza basilare di chimica e anatomia.

Nel 1900 ottenne il permesso dal prof. Randacio, titolare della cattedra di Anatomia di Palermo, di sperimentare il suo metodo di conservazione dei corpi testato sugli animali, su cadaveri umani.

Salafia aveva ideato una formula chimica segreta denominata "Fluido della Perfezione" in grado di mantenere la salma allo "stato permanentemente fresco".

Il metodo suscitò presto molta ammirazione (dal momento in cui ricevevano il trattamento i corpi mantenevano il loro stato inalterato), tanto che Salafia fu incaricato di occuparsi della salma di Francesco Crispi, imbalsamata con risultati poco soddisfacenti da esperti della scuola di anatomia di Napoli, subito dopo la sua morte avvenuta nell'agosto del 1901.

Salafia non solo applicò il suo fluido quando la bara arrivò a Palermo il 4 Marzo 1902, ma procedette anche a un trattamento cosmetico (con l'uso di paraffina, aggiungendo protesi, reinnestando baffi e capelli), con risultati stupefacenti: la famiglia Crispi rimase così contenta che oltre al compenso pattuito donò al maestro un orologio d’oro.

Venne affidata a Salafia così la cura post mortem di molti personaggi di spicco della città, tra questi ad esempio l’Arcivescovo di Palermo, il Cardinale Michelangelo Celesia (morto nel 1904 e temporaneamente collocato nelle catacombe dei cappuccini prima di essere tumulato in cattedrale); il senatore Giacomo Armò (m.1909), l’editore Salvatore Biondo (m.1909).

Trattò chimicamente anche i corpi di sua nipote Iole e di suo padre Filippo, ex garibaldino pluridecorato.

Agli esordi della propria attività era stato assistito da due nipoti, tra questi Achille Salomone (1879-1947), che Salafia mandò nel 1904 in America, esortandolo a sondare il mercato funerario.

La pratica del trattamento conservativo dei corpi si era molto diffusa infatti negli Stati Uniti dopo la guerra civile.

Nel 1906 Achille Salomone aprì un'impresa di pompe funebri sulla sessantatreesima strada a New York e all’età di 40 anni nel Dicembre del 1909 Alfredo Salafia partì per raggiungere il nipote, sbarcando ad Ellis Island il 2 Gennaio 1910.

Il 20 Giugno di quell'anno venne fondata la "Salafia Permanent Embalming Method Company" e in questo periodo accanto al nome Alfredo Salafia venne aggiunto il titolo accademico di professore.

Il maestro venne chiamato a fare una dimostrazione del suo metodo prima all'Eclectic Medical College e poi a Syracuse, al convegno annuale della New York Embalsamers Association.

Zio e nipote si misero a commercializzare con profitto il loro ritrovato: vendevano il "fluido della perfezion" senza rivelarne la formulazione. Nessuno avrebbe potuto replicare la formula segreta al di fuori del maestro palermitano.

Il metodo Salafia venne però presto rimpiazzato da altre formule negli Stati Uniti e già a partire dal 1912 scomparve dalle inserzioni pubblicitarie delle riviste specializzate.

Alfredo Salafia se ne tornò dunque in Sicilia: lo ritroviamo attivo a Palermo, nell'occuparsi dell'imbalsamazione di diversi autorevoli personaggi come il vice console degli Stati Uniti Giovanni Paterniti (m.1911), il celebre etnografo Giuseppe Pitrè (m.1917), il giornalista e filosofo Camilo Josè Enrique Rodò Pineyro (trovato morto, in circostanze misteriose, nella notte tra il 30 Aprile e il Primo Maggio 1917, in una stanza del Grand Hotel et des Palmes).

Una leggenda metropolitana ampiamente smentita vuole che anche che Salafia sia stato consultato nel 1924 per l'imbalsamazione della salma di Vladimir Lenin.

È attribuita al trattamento di Salafia anche la più celebre mummia delle catacombe dei Cappuccini di Palermo, quella della piccola Rosalia Lombardo, nata il 13 dicembre 1918 e morta di polmonite il 6 dicembre del 1920.

La bimba, con un fiocco giallo sui capelli e una copertina tirata su fin sotto il mento, "dorme" da più di 100 anni in una bara coperta da una lastra vitrea all'interno delle Catacombe dei Cappuccini.

L'esame radiologico della bara nel 2008 ha dimostrato che i suoi organi (cervello, fegato, polmoni) sono ancora miracolosamente integri.

Non ci sono documenti al momento che attestino che fu proprio Salafia ad imbalsamare Rosalia Lombardo, ma si è proceduto all'attribuzione sia per analogia con altri casi, sia basandosi sulle testimonianze di alcuni frati del Convento.

In una lettera del 1991 Padre Liberato (al secolo Ugo Saitta) cita il fatto che frate Giovanni di Aliminusa (alias Giuseppe Todesco) morto nel 1964 affermava di aver assistito all'imbalsamazione di Rosalia Lombardo.

Una testimonianza simile si trova nelle annotazioni di Padre Salvatore di Gangi (Antonio Cigno, morto nel 1995). Padre Domenico Farella inoltre scrisse che dopo la morte di Salafia e la partenza della famiglia Lombardo da Palermo, al corpo di Rosalia fu permesso di rimanere nella Cripta dei Capuccini.

L'ultimo caso certo di imbalsamazione di Salafia è quello del Cardinale Lualdi, Arcivecovo di Palermo, morto nel 1927. Da allora, fino alla data della morte, Salafia scomparirà dalla vita pubblica.

Rimasto vedovo a 60 anni nel 1929, il 27 Ottobre del 1932 si risposò con una donna più giovane Irene Sofia Elena Virga, di 34 anni. Colpito da un ictus, 3 mesi dopo, moriva a Palermo, in Via Quintino Sella: era il 31 Gennaio 1933.

Quando l'alchimista imbalsamatore scomparve ci si rassegnò al fatto che il segreto del suo fluido non sarebbe mai stato svelato, lo studioso se l'era portato nella tomba.

Nel 2009 invece, tramite pochi fogli manoscritti del maestro, in possesso degli eredi della moglie di Salafia, lo studioso Dario Piombino Mascali è riuscito a ricostruire "la formula segreta del sonno eterno".

Sebbene Salafia avesse avuto due figli dalla prima moglie, fu la seconda moglie ad ereditare e conservare il suo manoscritto (successivo al 1927) dal titolo il "Nuovo Metodo Speciale per la conservazione del cadavere umano intero allo stato permanentemente fresco".

Si tratta di circa 30 fogli, nei quali l'imbalsamatore fa una breve descrizione dei metodi di mummificazione dall’epoca degli egizi fino all'esperienza dei Cappuccini, ed elenca gli studi europei e americani dei primi del Novecento.

Vi è trascritta anche la formula del fluido perfetto.

Il maestro inoculava un composto di glicerina, formalina satura di solfato e cloruro di zinco, alcool saturo di acido salicilico.

Diversamente alle dimostrazioni americane, durante le quali Salafia faceva una iniezione nella carotide, nei suoi scritti afferma che il fluido andasse iniettato nell’arteria femorale.

Nonostante Alfredo Salafia abbia dedicato tutta la sua vita alla perfetta conservazione delle salme, paradossalmente delle spoglie mortali di questo "maestro del sonno eterno" non rimane nulla.

Alla sua morte infatti fu sepolto nel cimitero di Santa Maria di Gesù, ma, afferma l'esperto di storia locale Santi Gnoffo, "nel 2000 quando fu fatto lo spurgo della tomba nessun familiare fu convocato, perciò non si sa dove siano finiti i suoi resti".
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI