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Con la sua "tamorra" canta la Sicilia Antica: Irene Gambino, custode di racconti inediti

Una storia di amore per il canto. La nonna, di cui porta il nome, fu la solista del primo coro nato in Sicilia nel 1935 quando in tutta l'Isola ne esistevano solo tre

Jana Cardinale
Giornalista
  • 26 febbraio 2023

Irene Gambino

Irene canta, e suona, e il cielo si ferma ad ascoltarla. È una voce che sgorga dal cuore, la sua, dove conserva e fa crescere il grande amore per la terra di Sicilia, ricca di canti antichi da custodire, e da tramandare.

Nata a Palermo, dove ha vissuto fino a 12 anni, Irene Gambino, suona il pianoforote dall’età di 8 anni, per volontà del padre che la mandò a studiare da una suora dell’Istituto di San Vincenzo.

Una storia quasi inevitabile di amore per il canto quella che le appartiene, incoraggiata dalla famiglia che affonda le sue radici in questa tradizione, ma poi evoluta in modo autonomo, fino a renderla una sorta di cantastorie dal bagaglio raro e inedito, che sa svelare perle di lirica intonata fino a commuovere chi la ascolta.

Brevi, incisive, bellissime, le sue melodie, che si adattano all’Isola come alla donna che ne è emblema, per impreziosirne e rivelarne i tratti, la gioia, o il dolore.

«Mia nonna, Irene, era la solista del primo coro nato in Sicilia nel 1935 – dice – quando i cori allora erano tre e si identificano come "dopo lavoro’". Esistevano il coro del Canterini peloritani di Messina, il coro delle Egadi e il coro della Conca d’Oro di Palermo.
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Quest’ultimo era polifonico e proponeva davvero belle musiche, antiche e ricche di significato, non come fanno i gruppi folk di oggi che somministrano canti per i turisti senza vera anima.

Lì c’era il pittore futurista, friscalittaro e musicologo Giovanni Varvaro, che ha portato in dote tante musiche e canti antichi della Sicilia e che trascriveva quello che aveva trovato. Mio padre e mia madre si sono conosciuti in questo coro e vi sono rimasti fino a quando questa realtà è rimasta in piedi».

Poi il padre di Irene fu trasferito a Marsala, e fondò assieme ad altri il coro "Marsala Antica"; ancora dopo fu trasferito a Messina, dove fondò ‘Sicilia Antica".

In tutto fondò sei cori, ma Irene non fu mai propensa a cantarvi all’interno al punto che dopo il Liceo classico si mise a studiare al Conservatorio con il Maestro Micheal Aspinall, un cantante sopranista britannico che le consigliava di abbracciare la lirica.

Cosa che lei non volle mai.

«Ho chiesto di cantare e trascrivere la mia terra e così, tra i canti di famiglia inediti, tra le ricerche in biblioteche e monasteri, me ne sono andata da sola e con la mia "tammorra", una chitarra in pelle di capra bagnata ed essiccata al sole, ho riportato e trascritto buona parte di musica della Sicilia inedita, e ho trasformato una passione in produzione culturale, dando la mia voce per la mia terra.

Tutto il mio percorso di una vita è stato voluto per portare avanti l’amore per la Sicilia e far conoscere il canto antico struggente della nostra terra, che è patrimonio e identità; tutto ciò che farò sarà solo dedicato interamente alla Sicilia, sempre dolcissima e infelice».

Il cammino di Irene sulla musica antica siciliana iniziò a prendere quota nel 2003, quando si trovò a cantare in un baglio antico, per degli industriali americani, ma la sua radice artistica ha origini dalla madre. Il nonno di sua nonna, Pietro Cutrera, fece edificare a sue spese un teatro in via Castrofilippo a Palermo per fare eseguire le opere che componeva, intitolandolo a Garibaldi, perché inaugurato dallo stesso nel 1862.

La nonna, Irene D’Onufrio (madre della madre) fu la prima solista di quel primo coro nato in Sicilia nel ‘35 in cui vi era anche lo zio della madre, il pittore Varvaro.

«Per me trasmettere e custodire significa cantare le antiche pagine siciliane così come le ho ricercate, senza apportare alcuna modifica, in modo che i posteri possano godere della veridicità dei testi dell’epoca. La mia arte si fonda principalmente sulla fedeltà dei manoscritti siciliani. Non condivido alcun tipo di alterazione, perché stravolgere un’opera significa non consegnare a chi resta la veridicità storica dei canti del nostro popolo siciliano».

Irene non si è mai fermata, e anche durante il periodo in cui, come tutti, era impossibilitata a svolgere la propria attività, a causa della pandemia, ha studiato e approfondito sempre di più la storia della Sicilia attraverso i canti.

Madre di Virginia, che nutre allo stesso modo una grande passione per la musica, ed è laureata al conservatorio in Discipline Musicali – Scuola di Liuto, ne è molto orgogliosa.

«A mia figlia consiglio di non abbandonare mai la passione per la musica e per lo strumento, perché la musica è tutta l’espressione dell’anima di chi la esegue. E anche di tramandarla ai suoi figli».

C’è una cosa che, più di tutte, Irene vorrebbe che fosse detta di lei, e cioè che resta l'unica in Sicilia che si accompagna da sé, a cantare la Sicilia Antica. Da sola, con quella sua chitarra forte e lieve, proprio come lei che la imbraccia con attenzione e tenerezza, capace di illuminare un momento di ascolto in cui le parole cedono il passo all’emozione.
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