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Con gli arabi "azzizziamo", coi romani "sgarriamo": i verbi che usi (se sei siciliano)

La nostra lingua è il frutto di secoli di storia in cui si sono susseguite diverse civiltà. Ci sono termini che nei secoli sono stati adattati dal popolo in modo unico

Viviana Ragusa
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  • 8 settembre 2023

Una scena della serie "Il commissario Montalbano"

È passato molto tempo da quando Giuseppe Pitrè scrisse: «Nel dialetto è la storia del popolo che lo parla; e dal dialetto siciliano, così come dai parlari di esso, è dato apprendere chi furono i padri nostri, che cosa fecero, come e dove vissero, con quali genti ebbero rapporti, vicinanza, comunione».

Eppure, le affermazioni dell’etnologo risultano ancora attuali. La Sicilia, in quanto grande isola del Mediterraneo, è sempre stata una terra ricca di tradizioni e di contaminazioni. La sua particolare conformazione geografica l'ha resa una ‘’preda’’ da conquistare, ma anche un luogo in cui poter conservare i propri tesori.

Sicuramente il dialetto siciliano è il frutto di secoli di storia, in cui si sono susseguite diverse civiltà. Per questo, e per altri motivi, la ‘’lingua’’ dell’Isola possiede un fascino unico, celebrato da poeti, filosofi e storici. Persino Dante scrisse diversi testi riguardanti il dialetto siciliano, affermando che godeva di una fama talmente grande da surclassare gli altri dialetti.
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Non sorprende, quindi, che i termini del linguaggio popolare siciliano rispecchino la cultura della civiltà isolana e si riferiscano a delle caratteristiche amate dal popolo.

Azzizzare, ad esempio, deriva dall’arabo aziz, cioè prezioso, splendido. Il meraviglioso Castello della Zisa (al-‘Aziza), infatti, incarna questa bellezza tipica delle strutture arabo-normanne presenti in Sicilia. La costruzione dell’antico edificio iniziò nel 1165 e il suo splendore (come ricorda il nome) gli ha permesso di entrare a far parte della lista di beni riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO.

Ma la peculiarità del termine azzizzare riguarda anche la sua adattabilità a diversi contesti. La parola può essere utilizzata per esprimere l’arte dei siciliani di vestirsi eleganti in vista di occasioni importanti. Azzizzarsi significa farsi belli, indossare i propri abiti migliori per apparire in pubblico senza timidezza. Ma non è finita qui.

Tra i vari pregi dei siciliani, c’è anche il fatto di non arrendersi mai e di trovare sempre delle soluzioni, anche quando il problema sembra troppo difficile. Ecco perché azzizzare significa anche arrangiarsi, sistemare qualcosa in una maniera alternativa, ma che garantisce comunque lo stesso risultato.

Nonostante si ricordi spesso la dominazione araba, anche i Romani, gli Ostrogoti e i Greci hanno lasciato dei segni nella cultura siciliana. Alcuni termini sono entrati a pieno titolo nelle conversazioni dei siciliani, ma non sono una prerogativa della nostra Isola.

In effetti, diverse parole vengono utilizzate ogni giorno credendo che facciano parte da sempre del bagaglio culturale di produzione siciliana. I babbaluci, il tradizionale cibo palermitano a base di lumache di terra condite con diverse spezie, non portano un nome dalla radice araba, ma greca. Con il termine boubolàkion, la popolazione ellenica identificava le lumache e i buoi. Utilizzavano lo stesso nome perché entrambi gli animali sono dotati di corna.

Sgrarrare, invece, è una parola utilizzata ogni giorno dai siciliani, ma che è diffusa in tutta la Nazione, dato che la sua origine risale all’epoca romana. Proprio in quel periodo le strade erano popolate da una moltitudine di carri, che ogni giorno attraversavano i confini delle città per trasportare le merci.

Questi mezzi pesavano parecchio e, passando sempre sugli stessi punti, finivano per creare dei solchi sulle pietre. Così vennero utilizzati per delimitare i percorsi e agevolare il passaggio. Da qui, si iniziò a usare il termine ‘’incarrare’’ per descrivere l’inserimento dei carri all’interno dei solchi, in modo tale che seguissero la strada giusta.

Perciò ben presto ‘’incarrare’’ cominciò a essere sinonimo di ‘’prendere la decisione migliore’’, ‘’seguire le regole’’. Di conseguenza, uscire fuori dai solchi, sgarrare, finì per essere associato a chi commetteva uno sbaglio o disobbediva.

L’elenco dei termini nati in tempi molto antichi è smisurato ed è anche questo aspetto che rende la nostra lingua affascinante. In particolare, il dialetto siciliano contiene talmente tanti riferimenti culturali da essere stato oggetto di attenzione da parte di numerosi studiosi.

Stupisce il fatto che attualmente la ‘’lingua’’ tradizionale dell’Isola non sia stata inserita all’interno della lista dei beni Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO. Magari il cambiamento è molto più vicino di quanto si possa pensare.
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