ARTE E ARCHITETTURA
Come salvare il Villino Messina dall'oblio: "l'utopia" del Museo del Sacco di Palermo
Un gioiello Liberty realizzato dall'allievo del maestro Basile Salvatore Benfratello. Trasformandolo in sede museale potrebbe dare lustro all’intera via Notarbartolo
Villino Messina Verderame a Palermo (particolare)
Realizzato da Salvatore Benfratello allievo tra i più mirabili del maestro Ernesto Basile, l’edificio possiede tali e tanti riferimenti al lessico basiliano per soluzioni di dettaglio, da apparire quasi come un tributo dell’allievo alla poetica modernista dell’amato maestro, e insieme alla prospiciente Villa Pottino-Baucina rappresenta l’ultimo brano della via Notarbartolo costruita a principio del secolo scorso con codici modernisti allora dilaganti.
Ce lo diciamo abbastanza di frequente che in qualsiasi parte d’Europa un gioiello simile della Belle époque non sarebbe mai stato ridotto a scenario di macerie bensì valorizzato divenendo presidio culturale territoriale, ma dircelo non basta, anzi non serve più proprio a nulla.
Se il restauro scientifico delle partiture decorative di intonaci e ferri battuti non può più attendere, pena la totale disgregazione delle specifiche progettuali del bene storico-artistico, sono gli interni a possedere in potenza il traino di una economia museale avente ormai da tempo una domanda costantemente crescente (dettami ICOM).
Parliamo della possibilità di trasformare l’edificio in sede museale innovativa tesa al ricordo di quella bellezza calpestata nell’intero asse viario della via Notarbartolo in poco più di vent’anni, per raccontare quel che il Sacco edilizio di Palermo ha devastato, e farlo in chiave di innovativa musealizzazione.
Si può fare attraverso: plastici urbani e modelli in scala dei singoli villini abbattuti, articoli di quotidiani, libri e riviste, cartoline e fotografie storiche, aerofotogrammetrie e filmati d’epoca coinvolgendo le ottime risorse culturali del CRICD, ricostruzioni 3d virtuali, cimeli e materiali provenienti da collezioni pubbliche e private, opere d’arte e materiali d’archivio come quelli presenti presso l’Archivio Benfratello di Unipa.
Un polo museale diverso, innovativo e fruibile pure la sera, da aggettivare con una caffetteria negli spazi esterni al piano terra, un dispositivo culturale in grado di trasformare il degrado in occasione di rilancio urbano a pochi metri dalla stazione metropolitana (turismo), a pochi passi dall’ultimo villino con parco con cui poter fare sistema (inclusione sociale), distante pochi metri da una scuola e dal parco di Villa Trabia da cui attrarre pubblico e curiosi senza l’ausilio dell’automobile (sostenibilità ambientale a costo zero).
Quel che è persino lecito chiamare "utopia" si chiama in realtà mera volontà politica, ed il Museo del Sacco di Palermo può davvero rappresentare la porta ideale a quel percorso urbano del Liberty che lentamente si costruisce con sempre maggiore adesione da parte dei cittadini palermitani, coscienti del disastro costruito nel recente passato e consapevoli dell’importanza di porre al degrado imposto negli ultimi dieci anni, quella cura presente da inverare nel dimenticato concetto di "progetto".
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