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C'è chi si "ciuscia" e chi "cusciulìa": ecco altre 25 parole siciliane (quasi) intraducibili

Il siciliano per alcuni può competere come lingua "propria" perché ha una sua forma, grammatica, vocabolario e sintassi. Vi proponiamo altri vocaboli da scoprire

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 10 settembre 2023

Il dialetto siciliano tra storia, contrasti e le parole dimenticate “Sicilia bedda mia, terra di ‘ncantu. Terra d’amuri e di lu sentimentu cu ti lassa. Ti lassa ccu lu chiantu e quannu torna, riri ed è cuntentu”.

Perché citare uno dei tanti aforismi presenti in dialetto siciliano? Da un lato esprime in poche parole il senso di appartenenza e la bellezza del vissuto nel territorio siculo. Dall’altro evidenzia il suo contenuto scritto - classificato come “dialetto romanzo primario”.

Come abbiamo accennato in un altro articolo la "lingua sicula", accompagnata dai suoi vocaboli e concetti "spesso" impronunciabili, rientra in ambito accademico e nella letteratura scientifica italiana come dialetto siciliano.

È un idioma separato e distinto dalla lingua ufficiale (italiano) riconosciuta anche dall’Unesco con lo status di lingua madre (una delle tre lingue europee vulnerabili).

Nonostante alcuni studiosi affermano che la lingua siciliana sia la più antica di quelle romanze, l’ ipotesi non è sorretta da tutto il mondo accademico. Sin dal 2011, l’Assemblea Regionale Siciliana ha approvato e promosso una legge che identifica il patrimonio linguistico e la letteratura siciliana nelle scuole.
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Un piccolo passo non sempre rispettato. La fondazione di centri per lo studio e l’approfondimento del “siciliano” è stato un ulteriore obiettivo raggiunto affinché non si disperda del tutto la tradizione regionale.

Anche la Tunisia, a partire dall’anno 2016-17, ha istituito presso la Facoltà di Lettere dell’Università La Manouba di Tunisi una cattedra di Lingua e Cultura Siciliana. E’ stata inserita come materia complementare nel cursus del Master d’Italianistica (a cura del prof. Alfonso Campisi).

La "parlata" si differenzia nel territorio siciliano. Essa varia per disposizione metafonetica e non (centrale, sudorientale, orientale non metafonetica), isolana (pantesco ed eoliano), zone (Occidentale e Centro - Occidentale) e differenziale (messinese e reggino).

Sono tanti i vocaboli spariti dal dizionario personale delle famiglie. Alcuni soppiantati dall’italiano e altri, da termini - causa progresso - inglesi. Compilare un elenco è impossibile per l’innumerevole presenza di aggettivi, nomi di cose e animali.

Allo stesso tempo, rimuginare dal dialetto può dare la spinta a non abbandonare le proprie radici.

Addiccatu o addittatu: mal abituato
Alliffa o alliscia: coccolare
Arrizzannu li carni: avere la pelle d’oca
Attigghiu, cattigghiu, zizzicu, attugghiu: solletico
Azzicusu o ziccusu: assillante, appiccicoso
Cacaciu: polvere di caolino usata per pulire e abradere le pentole di
rame
Carusu: bambino (utilizzato nella zona centrale siciliana)
Catammaru: lento lento (giorno dopo giorno)
Ciuscia: soffiare
Curria: cintura
Cusciuliari: stare sempre in giro
Giarruna: vecchi contenitori di terracotta per contenere l’olio d’oliva
Nichiatu: offeso, arrabbiato
Parpagnu: utilizzato dai muratori e falegnami come forma parallela
Pizzuluni: pizzicotto
Scaliari: cercare, rovistare… usato per le galline che cercano nel
terreno e rovistano in continuazione
Scutulari: sbattere un tappeto
Spatuliari: persona che parla tanto
Schetta arraggiata: donna non sposata e arrabbiata
Trantuliari: tremare (le case tremano durante il terremoto)
Triuliari: piagnucolare
Trubberi: tovaglia da tavola
Truscia: cumulo di vestiti sporchi (per offendere la gente)
Vurranii o Burranii: borragine, verdura selvatica
Zaccanu: posto sgradevole e maleodorante

Sono 25 parole tra le tante che compongono la lingua siciliana. Secondo J.K. Bonner, il siciliano non dovrebbe essere riconosciuto come un dialetto anzi, ha una sua forma, grammatica, vocabolario e sintassi per competere come lingua “propria” a tutti gli effetti.

La finalità è quella di salvaguardare, preservare, diffondere e valorizzare un patrimonio regionale nonché mondiale. È un dovere morale, tradizionale e sociale che nel tempo, purtroppo, ha perso parte della sua bellezza.
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