LE STORIE DI IERI
Il “temerario” sotto gli archi di luminaria
Per l’incultura d’un simpatico impresario di luminarie, nel mio lessico familiare il termine “temerario” figurò allegramente con ben altro significato da metà anni sessanta. Dal giorno in cui, in vista del Festino, ad un gruppo di giovani cronisti quel tale maestro della luce elettrica descrisse l’itinerario d’archi rilucenti che la sua ditta aveva approntato per Rosalia e il suo popolo. Appunto il suo personale “temerario”. E benchè sempre più logoro nel remoto ricordo, quel temerario-itinerario divenne tradizione di famiglia individuarlo e percorrerlo prima d’ogni 15 luglio in tutto il centro storico. Solo che quest’anno il “temerario” sotto gli archi di luminaria ci è parso meno ricco e lungo del solito. In fondo poco male ora che l’elettricità costa tanto. In compenso,al fanciullino che anche alla nostra età continua a dettarci dentro, è parso più spettacolare del solito il gioco di fuoco alla Marina. Il balenante susseguirsi delle sontuose effimere cortine di bello che per rumorosa tradizione segnano l’esplosione vera e propria del Festino.
Come si faceva una volta, da bordo dei pescherecci che a stento riunivano a staccare le chiglie dal fondo melmoso della cala e a districarsi tra i relitti semi affondati di natanti ormai irriconoscibili. Per fermarsi solo a poche centinaia di metri al largo della nobile Palazzata della Marina. A goderci tutti quanti, equipaggio e passeggeri, i giochi pirotecnici che assumevano perfino un sapore. Quello delle angurie e del vino dell’allegria. Mentre con lo schiocco non si baciavano soltanto i babbaluci a picchi pacchi. Perché per contratto di nozze i mariti, e non solo quelli delle belle provinciali, s’impegnavano a condurre almeno una volta le sposine a passeggiare sotto le luci del festino di Santa Rosalia. E perciò coppiette nuove non ne mancavano nemmeno sui nostri indimenticabili “battelli ebbri”. Tra i sibili e gli scoppi delle belle bombe che non facevano male. Sposi arcanamente protetti, anche per via di quelle clausole matrimoniali, dalla bionda Romita che rifiutò nozze principesche per vegliare eternamente anche su tutti gli innamorati all’ombra del Pellegrino.
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