FUORI DALL'ISOLA
Il nudo tra ideale e realtà
Un invito alla nudità, al non coprire, alla libera espressione che prima di ogni altro luogo si attua nel corpo, in un corpo nudo che è già un’opera di per sé
La mostra si apre con il “Patrocolo” di Jacques-Louis David seguendo come filo conduttore quello mitologico e favolistico. Nell’Ottocento si contrappone alla ricerca del bello ideale l’interesse per la carnalità e la realtà quotidiana. Artisti dell’Ottocento quali Ingres, Fussli, Hayez, Palagi, Coubert, Degas, Toulouse-Lautrec, Cézanne, Renoir, Rodin, ci offrono un carnet di “studi sul nudo” dove si intravedono nuovi modi di tratteggiare e di delineare. La donna viene spesso raffigurata in luoghi ameni (ad es. in “La source” di Gustave Coubert e in “Favola” di Gustav Klimt) ed è inevitabile non associarla alla Natura stessa. Esempio iconografico presente alla mostra è “Le tre grazie” del Canova, interpretazione di eleganza, proporzione e delicatezza, poi trasformato da Otto Dix nel 1926 nel quadro “Drei Weiber” con tratti di-sgraziati, corpi flaccidi e obesi e di cui Paolini, nel 1978, nel dipinto “Le tre donne”, accentuerà il tratto sofferto facendo sì che la triade si abbandoni allo spettatore in un dolore scomposto e senza respiro.
Altre immagini famose sono quella di John Lennon e Yoko Ono ritratti da Annie Leibovitz, Andy Wharol e la Factory immortalati da Richard Avedon, o “Dalì di fronte a un teschio di nudi” del 1950 di Philippe Halsman. Pietre miliari della fotografia sono i primi scatti di Louis Camille d’Olivier del 1855; “quel” nudo ci imbarazza e trasmette quel pudore che si percepisce dagli sguardi, da un’ingenuità che tra qualche decennio prenderà un’altra piega. La Magnum Photos è presente con alcuni dei suoi principali esponenti, capisaldi della fotografia del Novecento: Henry Cartier Bresson, Helmut Newton (con Self portrait with my wife and model del 1981), Ferdinando Scianna, Man Ray con la celebre Kiki.Violon d’Ingres del 1924 e Mapplethorpe, Irving Penn, Saudek.
Una mostra che, nonostante la quantità di opere meritevoli, non confonde, che spazia dalla nudità di eroine e modelle alla esacerbante installazione di Allen Jones, “Salotto”, a sculture in fiberglass, manichini nudi che fungono da supporto, come nelle scenografie di John Barry per “Arancia Meccanica”. Un invito alla nudità, al non coprire, alla libera espressione che prima di ogni altro luogo si attua nel corpo, in un corpo nudo che è già un’opera di per sé.
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