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Giovanni Garillo, aromatario nemico d’ogni malattia

  • 16 dicembre 2005

Sconsacrata, fatiscente e ovviamente impraticabile la Chiesa di Sant’Andrea degli Aromatari, a due passi dal Pantheon di San Domenico, non rende certo giustizia alla fama degli speziali che nelle immediate vicinanze e nel cuore dell’incurabile Vucciria aprirono rinomate botteghe frequentate soprattutto, ma non solo, da una clientela decisamente abbiente. Manipolatori di farmaci e benemeriti della pubblica sanità cui non fu nemmeno dedicata la stradina – l’odierna Via dei Coltellieri – che da piazza Caracciolo conduce alla piazzetta dedicata all’Apostolo, che forse protegge ancora opportunamente gli attuali farmacisti al cui Ordine la suddetta chiesa appartiene. Diversa fama ebbe invece l’anzidetta strada dei Coltellieri a partire almeno dal 1543, l’anno in cui il Salutifero Collegio della Felice Città di Palermo, “esaminò speziale” e con tanto di diploma il nostro aromatario sicuramente più noto e valente. Quel Giovanni Garillo cui 47 anni di onorata carriera valsero a fargli intestare per voce di popolo la strada nella quale egli si distinse dagli altri vicini di bottega, in una via che in diversi atti notarili fu appunto indicata come “la strada di Garillo”. Un’arca di scienze a cui favore – come ricordò Nino Basile – fu emessa perfino una sentenza in base alla quale, per portentosi farmaci non pagati, i crediti presso la nobile vedova Giovannella Vernagallo dovettero prevalere su quelli della medesima relativamente all’eredità maritale.

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Né lo stesso famoso protomedico Gian Filippo Ingrassia lesinò lodi al Garillo, speziario eccellentissimo, che divenne famoso in tutta la Penisola per più d’uno dei preparati da lui inventati o comunque prodotti. A cominciare dall’Olio di Scorpione magistrale, che egli manipolò nel rispetto della formula del bolognese Gregorio Carovita, e da certe “Pillole della Vita”, controveleno che vendette in quantità ai cirauli palermitani che i serpenti li incantavano ma non al punto da non venirne ripetutamente addentati. Ma la specialità con la quale il Garillo ottenne i massimi riconoscimenti preso gli accademici e i medici del tempo fu una sua personale elaborazione della Theriaca o Triaca, farmaco che risale al tempo di Mitridate re del Ponto e che accrebbe nei secoli la propria fama. Pure col beneplacito di Galeno e della Scuola medica salernitana, tanto per restare dalle nostre parti. Mentre gli esperti della materia fanno sapere che alla formulazione del ritrovato partecipò anche il medico personale di Nerone, tale Andromaco, il quale ritenne assolutamente necessario aggiungere al controveleno la carne di vipera, certo latinamente convinto del concetto omeopatico tuttora vigente secondo cui “similia similibus curantur”. Finché la Theriaca arrivò ad essere, ancora a metà dell’Ottocento, panacea universale, capace, se sapientemente somministrata, di curare praticamente ogni male. Dall’epilessia, alle pleuriti, all’ictus apoplettico, alle conseguenze dell’aria fetida delle paludi e naturalmente alla peste cui da noi, nel 1575, rimase legata la fama di Gianfilippo Ingrassia. Non manca peraltro qualche palermitano ottuagenario che da bambino il farmaco se lo vide applicare sull’ombelico e sotto una tazzina capovolta per debellare verminosi intestinali tormentose alla cui cura empirica si interessò naturalmente anche il Pitrè.

Ovvio che nei secoli i componenti della Theriaca aumentarono di numero, comprendendo anche oppio e stupefacenti vari, fino a diventare circa centocinquanta. Mentre va pure detto che gli stessi grandi nostri speziali non mancarono, misericordiosamente, di manipolare anche Theriache “per poveri” e pertanto costituite da quattro elementi soltanto – pare vi fosse compreso lo storico composto eloquentemente chiamato Mitridato – ma dagli effetti sempre fuori dal comune. Quanto a Garillo, si sa pure che tale mitridatico controveleno lui lo componeva regolarmente in pubblico, sotto la sorveglianza del citato Collegio Salutifero e col costante supporto dell’Ingrassia. Mentre va da sé che l’opera di Joannes Aloisius De Garillo fu qui validamente proseguita da tanti altri grandi “farmacisti” tra i quali si distinse, nel diciottesimo secolo, l’aromatario della Gancia, universalmente apprezzato specialista, sul quale in Basile è possibile leggere una spettacolare pagina inedita del Villabianca. Che raccomandiamo a chi volesse approfondire. Compresi i vari sofferenti che all’inizio del terzo millennio hanno fatto dell’acido acetilsalicilico la loro Theriaca usata con innumerevoli motivazioni assolutamente personali. Addirittura costituita da un unico componente ma quanto a certi mali, compreso il mal di testa dovuto alle sbornie più solenni, dagli effetti sicuramente straordinari.

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