LE STORIE DI IERI
Col Viceré a caccia di grilli e di briganti
Fu così che l’11 maggio del 1706 una di tali operazioni “fruttò” la forca, davanti allo Steri, ad un bandito mazarese dalle leggendarie doti atletiche
I frutti più allettanti della primavera qui maturano tra aprile e maggio, come tutti sanno. Ma non è altrettanto noto che nel Settecento le succose raccolte erano precedute e se del caso seguite da diverse altre che invece della frutta riguardavano una lotta senza quartiere a biblici nemici delle colture come erano e restano le cavallette. Combattute già in pieno inverno da personaggi incredibili. Cioè da “insetticidi” ecologici a due gambe che, in esecuzione di precise disposizioni vicereali, dovevano appunto raccogliere prima della “schiusa” la cosiddetta semenza dei grilli. E quando il lavoro di tali specialisti era poi inficiato dai limiti propri degli esseri umani, era la Chiesa ad intervenire. Organizzando, in cambio di denaro sonante, processioni campestri con lo scopo di neutralizzare, tramite solenni “maledizioni dei grilli”, i mille depositi della pericolosa semenza. Con efficacia garantita, secondo gli ispirati cacciatori in tonaca. Che poi le cose non prendessero sempre quel verso lo testimoniava il fatto che quando si potevano già gustare nespole e ciliegie, il senato palerrmitano, con l’approvazione del viceré, qui continuava a “buttare” appositi bandi - uguali ad uno famoso dell’11 maggio 1756, per organizzare disinfestazioni ancora più mirate. Perché con incredibile pazienza venissero tolte di mezzo, una per una, le cavallette che malgrado umane e celesti provvidenze erano nate ugualmente. Con risultati e metodiche immaginabili relativamente ai cacciatori e agli animaletti da inseguire per campi e vigne da mattina a sera.
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