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Al Borgo Vecchio la metamorfosi della donna tartaruga

  • 12 settembre 2005

Al Borgo Vecchio di Santa Lucia (Palermo) s’è ormai persa quasi del tutto la memoria della donna-tartaruga che la notte del 12 settembre di oltre quarant’anni fa fece balzare dal letto quanti dormivano nei catoi tra via Conte Ruggero e il vicolo delle Prigioni. Perché fu giusto tre ore prima dell’alba che i componenti d’una minima assurda processione - Marianna C. che strisciava per terra “a quattro piedi” e i suoi tre bambini in lacrime da far pietà – mossero dal civico 17 della viuzza dedicata al nobile guerriero normanno. Ma che le acque buie del mare di via Crispi fossero addirittura la meta precisa di quella trentenne, moglie d’un marittimo finalmente chiamato a Napoli per un buon imbarco, lo si apprese soltanto dopo parecchi minuti di confusione e sbalordimento. Tramite il cognato della poveretta. Un robusto cocchiere che, bloccando fisicamente quell’assurdo “viaggio”, andava traducendo in termini comprensibili le male parole sibilate da Marianna a lui che le impediva di raggiungere l’acqua salata, di colpo essenziale per la sua sopravvivenza.

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E quando al marito Gioacchino V. arrivò il telegramma che icasticamente lo informava del fatto che “Marianna stava facendo la tartaruga”, quest’ultimo vide confermate certe sue preoccupazioni. Quelle legate al fatto di non avere rispettato quanto gli aveva suggerito l’ignoto pescatore che una notte non lontana gli aveva regalato una tartarughina appena pescata. Il marinaio gli aveva spiegato che era creatura portafortuna, ma solo a patto che non venisse mai data via e che fosse trattata come persona di famiglia. Altrimenti sarebbero stati guai. Consigli che lui non seguì. Perché prima di partire per Napoli pensò di liberare la moglie dal compito di badare all’animaletto. Che peraltro gli faceva impressione fin da quando era stato quasi obbligato dall’insistenza del donatore – su L’Ora ne scrisse anche l’indimenticabile Salvo Licata - a portarselo a casa avvolto in carta di giornale. E perciò lui l’aveva regalato volentieri ad un benzinaio che parve aver perso anche lui il lavoro dopo aver ceduto l’anfibio ad un fruttivendolo di scarse entrate. Donazione doppiamente malaccorta secondo le oniriche visioni di Marianna. Perché la notte lei si diceva convinta del fatto che le si erano incorporate sia l’anima della tartaruga che quella di una misteriosa e defunta Donna Clotilde reincarnata nel povero animale. Che era “armaluzzu” più di mare che di terra e che quindi, insieme a lei, aveva a quel punto l’assoluta necessità di nuotare nel mare almeno la notte.

Inutile dire che i tentativi di raggiungere gli scogli si protrassero per diverse notti, anche se i medici laureati trovarono la donna normalmente capace d’intendere e di volere. Ma si sa che qui, quando il dottore non è più credibile, non resta che rivolgersi ai maghi. Nel caso se ne consultarono due. E dei migliori. Solo che mentre il primo “riuscì a cacciare appena cinque dei sette demoni” che albergavano nella sfortunata madre, fu il secondo che risolse “egregiamente” il problema. Sentenziò infatti che tutto si sarebbe risolto se il marittimo, nel frattempo colpevolmente disoccupato, fosse riuscito a rintracciare la tartaruga presso l’ultimo dei possessori “burgitani” e l’avesse, di notte e col dovuto rispetto, deposta nel mare antistante l’ex Quinta Casa dei Gesuiti. Va da sé che – pagato un “pesante riscatto” per riavere indietro la testuggine – Gioacchino stavolta eseguì a puntino le istruzioni del “veggente”. E naturalmente da allora la moglie prese a liberarsi degli ultimi demoni. Mentre insieme a lei ricominciarono a dormire serenamente gli altri occupanti dei “bassi” vicini. Gente che aveva passato i guai suoi per cacciare dai catoi le anime perse degli appestati morti tre secoli prima dietro le imposte “allapazzate”, inchiodate nel Borgo-lazzaretto per ordine del Senato. L’unico con seri problemi di sonno rimase Gioacchino. Definitivamente deciso a non accettare in vita sua un regalo che non fosse un’offerta d’imbarco. Ma a lungo tormentato dalla preoccupazione di non poter saldare in tempo il conto al secondo mago. Bravo si, ma un poco “curiusu” con chi non lo pagava. E forse perfino amico interessato di qualche pescatore di tartarughe dalla doppia personalità.

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