ITINERARI E LUOGHI
"Baciata dal sole e battuta dal vento": Trapani, che piace (anche) alla rivista Forbes
A farci da ciceroni in giro per le vie di Trapani sono Maria Pia Erice e Maurizio Schifano che stanno progettando «una mappa della città raccontata da alcuni residenti e abitanti temporanei»
Contesa fra Roma e Cartagine ormai tanti secoli fa, per alcuni è la Drepanon nata dalla falce caduta a Cerere in volo sulla terra, per altri è la città sorta grazie alla falce caduta a Saturno dopo aver evirato il padre Urano, per altri ancora è la Trapani nata dall’amore tra il mare e il cielo.
Non sappiamo a quale leggenda far fede, ma quel che è sicuro è che, nonostante sia cambiata molto nel corso del tempo, non ha mai smesso di affascinare i turisti e gli amanti di quei luoghi che conquistano con delicatezza chi sa ascoltare e lasciarsi andare senza paura.
Perché Trapani, con il profumo di salsedine che pervade le sue viuzze, il sole che esalta lo splendore dei suoi edifici, il vento che l’attraversa senza scomporla e il Monte Erice che la abbraccia silenziosa, è una città da visitare lentamente e a piedi.
Tanto incantevole il suo centro storico che anche la rivista statunitense Forbes l’ha inserita fra le mete da non perdere, a «testimonianza di come la Sicilia si sia emancipata dalla sua immagine di povertà e criminalità, rimanendo tuttora uno dei posti più belli al mondo».
Un fascino dato dal fatto che Trapani è anche «un porto aperto sul Mediterraneo», ne sono certi Maria Pia Erice e Maurizio Schifano che a Trapani hanno uno studio di comunicazione e stanno progettando «una mappa della città raccontata da alcuni residenti e abitanti temporanei». Sono proprio loro oggi a farci da ciceroni in questo viaggio fra la storia, i sapori e gli odori di una città che incanta come poche. Seguiamoli e non ce ne pentiremo. A passo lento, però. Perché Drepanon ha bisogno di essere scoperta con calma: solo così ci stupirà con il suo immenso splendore.
CITTÀ DI PORTO, PORTO DI MARE
Alla domanda sulle cose da non perdere Maria Pia e Maurizio ci ricordano che il geografo e poeta Ibn Jubayr raccontava Trapani così: «Questa città è poco spaziosa, ha dimensioni non grandi, è cinta di mura, bianca come una colomba. Il suo porto è tra i più belli e comodi a’ navigli e perciò lo frequentano i Rum (cristiani), soprattutto quelli che debbono far vela per la costiera d’Africa.
Invero tra questa città e Tunis non è che un giorno e una notte di viaggio, il quale tragitto si fa sempre, estate e inverno, e quando spira il vento favorevole non è che una tirata». Cosa resta oggi di quella città tanto vicina all’Africa quanto al resto del mondo, grazie ai suoi commerci e alla sua storia? La risposta al quesito ci permetterà di andare in giro tra i luoghi, le tradizioni e i cibi che rendono Trapani una meta speciale.
MURA DI TRAMONTANA, FRA DIFESA E ACCOGLIENZA
Nell’antichità, come sappiamo, per difendere le città dagli attacchi dei popoli stranieri si costruivano delle imponenti e solide mura. Anche Trapani non fu da meno. Gli spagnoli, infatti, che al tempo controllavano la città falcata, fortificarono le mura a nord, una parte delle quali, quella da dove spira il freddo vento di tramontana, fu denominata per l’appunto “Mura di Tramontana”.
Oggi di quelle fortificazioni rimane un unico tratto, di circa un chilometro, che si estende da Piazza Mercato del Pesce al Bastione Conca e che è stato adibito a passeggiata: una camminata che vale la pena fare perché da lì si può godere di uno dei panorami più affascinanti della città.
Ve ne accorgerete subito, perché sotto le mura il mare lambisce dolcemente la riva formando delle suggestive spiaggette dalla sabbia dorata che nel periodo estivo diventano luogo preferito di turisti e bagnanti felici di immergersi in acque calme e cristalline a pochi passi dal centro.
E non solo. Basterà guardarsi intorno per notare come Trapani sia sempre stata sinonimo di ospitalità: «le case, infatti, così vicine da formare un’unica curva che si affaccia sul mare, ancora adesso raccontano una città che sapeva difendersi, ma che allo stesso tempo sapeva anche accogliere quello che il Mediterraneo portava».
Se avete fortuna incontrerete Giacomo: un signore simpatico e girovago, con un cappello di paglia in testa, che vi racconterà curiosità e aneddoti della città. A me è capitato.
UNA PORTA SUL MARE
Attraversando le Mura di Tramontana noterete sicuramente una scalinata stretta, che porta giù verso l’ignoto. La curiosità vi farà scendere sicuramente. Fatelo, perché la scala vi condurrà verso l’unica delle undici porte della città che è rimasta intatta nel tempo: la Porta Botteghelle, detta anche “Putielle” o “Putielli”.
Fu «aperta nella muraglia nel XIII secolo e si apre su un porticciolo. Lì dove oggi sorge un piccolo altare con sculture religiose, accuratamente ornate da fiori, un tempo esisteva un piccolo cimitero
ebraico».
PEZZI DI STORIA IN UN PALCOSCENICO EMOZIONANTE
«Piccola, bianca, al centro di tempeste di scirocco, si erge una solitaria sentinella. Una passeggiata che taglia a metà il mare ci permette di raggiungerla»: è la Torre di Ligny, che nei secoli ha visto tanti attacchi ma anche tantissimi approdi.
La Torre, realizzata con il tufo proveniente dalle cave di Favignana, è simbolo indiscusso di Trapani. La si riconosce da lontano, pur incontrandola in tutta la sua bellezza soltanto alla fine di un cammino che parte dal centro storico: appoggiata sugli scogli, in una lingua di terra che si allunga verso l’orizzonte, è attorniata dalle onde che la incorniciano.
In passato sede del Museo Trapanese di Preistoria e del Museo Civico, salendo una scala interna si raggiunge una terrazza da cui è possibile godere di un panorama mozzafiato: voltandosi a destra si scorge San Vito, portando il naso all’insù si vede Erice, girandosi a sinistra s’incrociano le isole Egadi e poi Marsala.
Ma c’è di più. Come ci suggeriscono Maria Pia e Maurizio, «l’esperienza più bella è proseguire la passeggiata visitandone il retro, che si affaccia su quello che i trapanesi chiamano “scogghio du malu cunsigghiu” (“scoglio del brutto consiglio”) perché lì durante i Vespri Siciliani quattro rivoluzionari si diedero incontro di notte in gran segreto per organizzare la rivolta».
E se i vostri occhi non sono ancora paghi dopo tutta questa meraviglia, andate a «guardare il tramonto in un posto vicino a Torre di Ligny che si chiama Largo Mare»: non ve ne pentirete, parola dei due trapanesi.
UN MIX DI SAPORI, ODORI E CULTURE Inutile dirlo: un viaggio in Sicilia che si rispetti è anche un viaggio culinario attraverso i cibi e le tradizioni che ogni città o paese dell’isola possiede, e che spesso sono frutto di una storia millenaria. Anche Trapani ha i suoi, naturalmente, e se si visita la città non si possono non assaggiare due piatti tipici e pieni di storia: il Cùscusu e la pizza Rianata.
Come ci raccontano Maria Pia e Maurizio, «il cùscusu è un rito che non riguarda solo il nutrimento del corpo. È un affare di famiglia, di “mafaradde” (gli antichi piatti di terracotta larghi, bassi e a pareti svasate) tramandate, di zuppe di pesce che cambiano a seconda della provenienza della famiglia. È «un lavoro lungo che coinvolge l’intera famiglia, uno di quei casi in cui il cibo deve riposare per poter essere davvero buono». E attenzione, ci mettono subito in guardia, deve essere «solo di pesce, eh. Di pesci poveri, che diventano un nettare con cui innaffiare pochi ingredienti (semola, sale, olio, acqua) che uniscono tutti i popoli del Mediterraneo».
Non conoscete nessun trapanese che possa invitarvi a cena e prepararlo a casa? Andate alla “Cantina Siciliana”: qui, «fra le maioliche di un blu sgargiante dal gusto nord-africano che per un attimo vi faranno pensare di essere in un vicolo della Medina e le centinaia di oggetti propri della tradizione del folklore siciliano», potrete assaggiare un ottimo cùscusu e capire quanto la Sicilia sia il prodotto dell’incontro di culture diverse.
Se poi avete voglia di una pizza, la Rianata è ciò che fa al caso vostro e “Calvino” è il luogo idealedove gustarla. È una pizza «condita con filetti di acciuga, pomodoro, aglio rosso di Nubia, prezzemolo tritato, pecorino, origano, olio ed è il racconto di una città che si è fatta contaminare da ogni popolo che l’ha scelta nei secoli». Da evitare solo in caso di incontri galanti.
ALLA SCOPERTA DEI PREZIOSI DI TRAPANI E DEL TESORO UMANO VIVENTE
Il Museo “Agostino Pepoli”, che ha sede nel trecentesco ex convento dei Padri Carmelitani, tra i reperti archeologici che parlano del mare e di antichi insediamenti, ospita anche varie sezioni dedicate alle arti decorative e applicate, nelle quali la città di Trapani primeggiò, soprattutto per quanto riguarda le opere in corallo, la maiolica, gli ori, gli argenti e la scultura presepiale.
Questo luogo incantevole «conserva quindi la storia della città e di chi l’ha abitata. I coralli, lavorati dagli artisti trapanesi (chiamati “curaddari), gli ori, gli argenti e le maioliche raccontano infatti l’operosità e lo scambio di saperi che per secoli sono stata la fortuna dei trapanesi. E, forse, potranno esserlo ancora».
Una fortuna che vi può raccontare l’ultimo “mastru curaddaru” rimasto in città, che non a caso è anche un “Tesoro Umano Vivente”: si chiama Platimiro Fiorenza e, se volete conoscerlo, lo potete trovare chino sul suo tavolo da lavoro presso la bottega “Rosso Corallo”, dove si effettuano anche visite guidate. Sul sito trovate i contatti.
Su Forbes hanno scritto che "Quando la luna è piena gli edifici brillano", noi siamo sicuri che insieme a loro brilleranno anche i vostri occhi in giro per la città.
A questo punto non vi rimane che allacciare le scarpe e partire per un’esperienza unica e indimenticabile.
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