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Ansia ed emozioni: una ricerca siciliana spiega la pandemia vissuta dagli adolescenti

​​​​​​​Fin dall'inizio della pandemia, la popolazione anziana è stata individuata come la più fragile e vulnerabile. Minore attenzione è stata rivolta, invece, al mondo adolescenziale

Balarm
La redazione
  • 30 ottobre 2020

Lo studio "Anxiety in older adolescents at the time of Covid-19", condotto dal professore Gioacchino Lavanco e dalla dottoressa Daniela Smirni del Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche, dell’Esercizio Fisico e della Formazione dell’Università degli Studi di Palermo, in collaborazione col professore Pietro Smirni del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Catania, è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Journal of Clinical Medicine.

Il tema oggetto dell'indagine è l’ansia e la gestione delle emozioni degli adolescenti nel periodo del covid-19.

Fin dal primo apparire della pandemia, la popolazione anziana è stata individuata come la più fragile e vulnerabile. Minore attenzione è stata rivolta, invece, al mondo adolescenziale, malgrado anche adolescenti e bambini si sono ritrovati a confrontarsi con un nemico senza volto che ha gettato nel panico il mondo intero.
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«Nel periodo più restrittivo della pandemia – spiegano i ricercatori – ci siamo focalizzati su un ampio gruppo di adolescenti normali di una ristretta fascia di età (17-19 anni), relativamente lontana dall’instabilità emotiva della prima adolescenza e non ancora stabilizzata come la fascia dei giovani adulti, per ridurre eventuali manifestazioni di ansia riconducibili alle problematiche evolutive del periodo.

Per le stesse motivazioni di metodo sono stati utilizzati strumenti di valutazione non direttamente riferibili a possibili reazioni ansiose all’epidemia tout court. Nell’intero campione, una scala di ansia di stato documenta una fenomenologia ansiosa significativamente più elevata, sia nella qualità che nell’intensità, rispetto agli adolescenti normali di studi precedenti.

Le difficoltà respiratorie, insieme ai disturbi del sonno e all’anticipazione catastrofica del futuro, appaiono come i nuclei più sensibili all’ansia».

Come spiegano ancora i ricercatori, il respiro non è più una fonte di vita ma il principale veicolo di trasmissione di morte. E persino toccarsi, stare insieme, condividere sono un potenziale rischio di contagio, di malattia e di morte. In questo modo Il futuro diventa nebuloso, confuso, carico di incertezze.

In questa condizione, il sonno ristoratore si popola di fantasmi persecutori, angoscianti e beffardi che minacciano relazioni, socialità e qualsiasi pianificazione immediata e futura.

«La catastrofe pandemica - secondo gli autori - ripropone prepotentemente condizioni incontrollabili di impotenza e di stress che favoriscono la lievitazione di risposte ansiose che, in accordo al modello di impotenza appresa, possono attivare un eccessivo rilascio di glucocorticoidi ed un’alterazione dei normali livelli di cortisolo che nel tempo aumentano la vulnerabilità a patologie stress-correlate».
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