ATTUALITÀ
Andate a vederlo e protestate: il potenziale sprecato dell'Ex Manifattura Tabacchi
Stanze, cortili ed esterni per migliaia di metri quadri fermi a raccontare il passato ma ecco cosa potrebbe essere il complesso di archeologia industriale di Palermo
L'ex Manifattura Tabacchi di Palermo
Lo scorso weekend ho avuto il grande piacere di visitare l’ex Manifattura Tabacchi all’Acquasanta (ecco un approfondimento storico) e decido di scriverne perchè mi ha lasciato qualcosa che vale la pena condividere.
Inizio dal quartiere: recarmi all’Acquasanta, per me che non sono un residente, è già una esperienza.
Avverto subito un senso di estraneità (la mia) che mi affascina così come tutti quei luoghi che non frequenti spesso nella quotidianità.
Case piccole, basse, fatiscenti e ristrutturate insieme, in un mix di passato e presente che raccontano comunque di una borgata a vocazione prettamente marinara.
Tra un isolato e l’altro scorci e cancelli che nascondono qualcosa, un pezzetto di quella storia di Palermo che tanto mi affascina.
Complice anche il racconto di una guida appassionata, mi innamoro di questo posto. Alterno curiosità e malinconia, mentre apprendo che l’Ex Manifattura Tabacchi era dapprima un lazzaretto che consentiva di isolare o mettere in quarantena merci e uomini che sbarcavano nel porticciolo adiacente.
Un sistema di stanze su più livelli che garantivano l’isolamento tra i reparti, tra corridoi e ballatoi che si affacciano in un cortile interno dove veniva anche celebrata la messa.
Penetrando negli edifici industriali che ricoprono quasi un ettaro di terreno, guardi i muri e ti sembra di rivivere le scene che ogni giorno si svolgevano all’interno.
Attraverso una scala liberty si accede al livello superiore dove si apre una serie di campate in sequenza: era lì dove centinaia di operai producevano e lavoravano il tabacco.
L’orologio al centro della stanza sembra ancora scandire i momenti della produzione, mentre le ventole arrugginite alle finestre ancora girano nel tentativo di rendere l’aria più salubre.
Tanti piccoli particolari che ancora parlano, come la bilancia o il montacarichi che consentiva alla materia prima di passare al reparto di condizionamento . Parole e sensazioni vive, dato che la produzione è stata interrotta soltanto nel 2001. Praticamente ieri.
Quasi non mi riesco a spiegare come questi spazi mi sembrino appartenuti ad un passato molto remoto.
Anni di abbandono e incuria oggi relegano questo monumento dell’archeologia industriale ad un porticina da varcare soltanto in manifestazioni come questa.
"È già qualcosa che siamo qui a parlarne" risponde la guida a chi domanda come mai non si sia fatto nulla in questi anni per recuperare l’utilità e il fascino dell’ex manifattura dei tabacchi.
Anni fa era stata inserita all’interno di una progetto di riqualificazione urbana (PRUSST) che non ha mai visto la luce (a differenza di un altro che ha consentito l’apertura di una catena commerciale).
La proprietà della struttura è in seno alla Cassa Depositi e Prestiti ed a una piramide di altre aziende e sigle tra cui figura anche la vicina Fincantieri.
Rifletto sulle potenzialità del sito e non posso che provare rabbia per l’enormità delle risorse inespresse e sprecate che Palermo può vantare.
Migliaia di metri quadri e cortili a disposizione ad esempio di artigiani, associazioni, piccole aziende che troverebbero una sede appropriata della loro attività. Assolutamente niente di meno e di diverso di quello che si sta facendo con i Cantieri Culturali alla Zisa.
Forse per questo mi ha affascinato particolarmente: mentre ci camminavo dentro immaginavo la molteplicità dei potenziali utilizzi.
L’ex Manifattura Tabacchi è un posto veramente grande che chiede di rivivere e divenire un nuovo polo attrattivo del quartiere e della città
"Uscite da qui, fatelo conoscere, parlatene, chiedete in giro e protestate": con queste parole la guida ci ha salutato mentre tutti noi ci guardavamo quasi sbigottiti al solo pensiero che nessuno in questi anni si fosse mai veramente adoperato per una ricchezza del genere.
Ed è per questo che ve ne parlo.
Andate a visitarlo se potete, fatelo conoscere, parlatene, chiedete in giro e protestate.
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