ITINERARI E LUOGHI
Alla scoperta della Real Casina degli Artale: dentro il paesaggio unico dei signori di Sicilia
Nel territorio di Trabia, un sentiero vi conduce nell'ex riserva di caccia dei marchesi Artale. Un itinerario magnifico da percorrere a piedi senza allontanarsi da Palermo
Il sentiero di Sant'Onofrio (foto Junio Tumbarello)
Siamo nel territorio di Trabia, sulle montagne che fanno in qualche modo da collare alla riserva di pizzo Cane, monte Trigna e grotta Mazzamuto (di cui abbiamo già parlato qui). Questi erano i luoghi di caccia prediletti del marchese di Collalto, barone di Colla Soprana, Sottana, Cannata, Poggio Ferrato. Da Palermo per giungere fin qui sono una quarantina di chilometri, nel caso in cui - dopo aver letto queste righe – vi venisse voglia di visitare questi ruderi così affascinanti.
Il tragitto a piedi di difficoltà media/alta di cui parliamo è lungo una decina di chilometri (scoprite qui la traccia Gps). Il punto di partenza è un pianoro poco distante un cancello forestale che si trova proseguendo due chilometri più avanti sul sentiero che conduce all’eremo di San Felice che abbiamo raccontato in questo articolo.
Superato il cancello vi si aprirà alla vista un bel panorama con un bivio, prendete sulla destra e seguite la strada carrabile sterrata. Il percorso è facile e lineare; nelle stagioni più umide sicuramente troverete un bel po’ di fango, ma facendo piccole deviazioni sull’erba potrete proseguire agevolmente.
State percorrendo il sentiero Sant’Onofrio, uno degli itinerari naturalistici (scaricate la carta dei sentieri qui) più lunghi della riserva di pizzo Cane: la vegetazione lungo tutto il tragitto è varia, costituita da macchie e arbusteti mediterranei, Sparzio spinoso, il Rovo comune, la Rosa di San Giovanni, Rosa selvatica e più avanti lungo le pendici di monte Sant’Onofrio, il Biancospino, l’Erica arborea e il Cisto.
Proseguendo per due chilometri giungerete al laghetto di Mandra Piano Ferro. Una vallata incantevole, dove oltre ai ruderi di quella che una volta doveva essere un’antica masseria, poco distante si trova una bellissimo abbeveratoio. Questo è un luogo di sosta ideale prima di incamminarci verso la cima di monte Sant’Onofrio e la casina di caccia degli Artale.
Salendo avrete sempre gli occhi l’imponente muro a secco della riserva destinata alle attività venatorie dell’antica famiglia aristocratica e dei loro ospiti: la casina sorge infatti all’interno di un bosco (che porta lo stesso nome dei marchesi), esteso per quattrocento ettari, e circondato, per tutto il perimetro da un muro a secco che una volta superava i due metri di altezza; nato allo scopo di riservare quella porzione di territorio alle cacce private, passatempo molto diffuso tra le famiglie nobili quando nel Regno di Napoli e in quello di Sicilia, con Carlo III, si insediò la dinastia dei Borbone.
Dopo l’eventuale breve sosta in prossimità del laghetto, basterà tornare indietro per centocinquanta metri e dirigersi verso nord-est: orientatevi dirigendovi verso l’imponente muro a secco, superato un pasaggio in prossimità di un capanno per gli attrezzi e attraversato un ponte di cemento con un bel corso d’acqua, comincerete a percorrere in salita i tornanti che vi porteranno a quota 780 metri sul monte Sant’Onofrio, dove si trova la casina.
Man mano che salite Lecci e Roverelle e poi Querce da sughero vi terranno deliziosa compagnia. Quando dal punto di partenza, avrete percorso cinque chilometri, sarete giunti alla casina di Caccia. In prossimità della Casina, si possono raggiungere anche due splendidi punti panoramici: “Cozzo Torretta” che da all’interno della vallata e “Artale” che regala una vista mozzafiato sulla costa.
La costruzione risale agli inizi del XVIII secolo. La nobile famiglia aveva la residenza di campagna in quel complesso, che si erge nella parte collinare dell’antico feudo, noto oggi come Torre Artale. A Palermo i marchesi Artale di Collalto risiedevano in un bellissimo palazzo a piazza Sett'Angeli, nel mandamento Monte di Pietà.
La Casina era a pianta rettangolare e occupava una superficie di duemila metri quadri con un cortile interno che occupava un quarto di tutta l’area. La struttura era su due piani e ospitava nella parte basse la stalle, i magazzini e le abitazioni della servitù, mentre nella parte alta le stanze del marchese e dei suoi blasonati ospiti.
C’erano poi altri magazzini interrati insieme a un’enorme cisterna per la raccolta delle acque piovane. Fu venduta alla fine dell’Ottocento e da lì inizio un lento decadimento fino a farne oggi un rudere in rovina. La leggenda racconta che per costruire i muri a secco che delimitano la riserva di caccia, il marchese si avvalesse di fuggiaschi e di viandanti che passavano per quelle terre, ai quali offriva vitto e alloggio in cambio del loro lavoro: quando qualcuno di questi moriva - si dice - venisse sepolto all’interno delle stesse mura.
Avvertimento: Sant’Onofrio “U pilusu”, co-patrono di Palermo (ne parlammo qui), non ha certo frequentato la zona di cui vi raccontiamo, quindi se credete che percorrendo questi sentieri potrete trovare marito o un oggetto smarrito da tempo, non illudetevi. Qui potrete trovare però la bellezza di un territorio in alcuni tratti davvero incontaminato. Buoni passi!
Per giungere al punto di partenza dell’escursione la strada è la stessa da fare per arrivare all’eremo di San Felice. Imboccare le uscite di Altavilla Milicia o Trabia provenendo dall’autostrada Pa-Ct; percorrere la strada provinciale SP6 da Trabia a Ventimiglia, e in prossimità del ponte “Saraceno” seguire le indicazioni per l’eremo; un utile riferimento stradale è rappresentato dalla postazione antincendio della Forestale.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
|