CINEMA E TV
Al cinema fra i templi: un tour tra i film che hanno scelto Agrigento per il "ciak si gira"
L'elenco dei film girati in Sicilia è infinito, da "Il Padrino" a "Nuovo Cinema paradiso" non c'è luogo inesplorato: ma la Valle dei Templi dovrebbe recuperarne alcuni
Un particolare della locandina del film "Il principe ribelle"
Un paesaggio che non è un semplice dato visivo, ma è una forma di cultura tradizionale posta sotto il segno dell’ibridità storica dell’Isola. Ne viene conferma dall’amore dei tanti registi siciliani d’adozione, uno per tutti il ligure Pietro Germi, per cui “la Sicilia è l’Italia due volte (…) i siciliani sono italiani, ma sono italiani più italiani degli altri. I loro caratteri sono accentuati, esagerano, il siciliano è un italiano espresso in tutte le sue potenzialità”.
Dopo di lui a magnificare l’Isola giungerà Giuseppe Tornatore, che a Palazzo Adriano e nei castelli di Ventimiglia e Castelbuono - con la splendida cornice del mare di Cefalù – gira Nuovo Cinema Paradiso, che è più di un film: è un atto d’amore assoluto, divorante, magnificato e sublime.
L’altra Sicilia, quella orientale, è di nuovo con Tornatore al centro di Malena, quasi che il bagliore accecante della splendida piazza barocca del Dumo di Siracusa sia il correlativo metaforico dell’erotismo del film, sottile e trattenuto, e quindi più ossessionante. Anche il cinema straniero non ha dimenticato la Sicilia, e ancora oggi chi passa per Taormina devia fino a Savoca e Forza d’Agrò per vedere i luoghi, e il famoso Bar Vitelli, in cui Francis Ford Coppola ha ambientato Il Padrino.
Alcune province, per merito o per puro caso, sono state più fortunate di altre, con numerosi set montati nel corso degli anni per grandi opere o per film minori, e per contrasto alcune zone che avrebbero meritato maggiore fortuna sono state dimenticate, salvo il caso geniale di chi ha interpretato certe contraddizioni del paesaggio come ne L’Avventura di Michelangelo Antonioni, che per buona parte in Sicilia ha inventato il suo cinema dell’incomunicabilità.
Agrigento, ad esempio, più che un rapporto difficile con il cinema, praticamente non ne ha avuto; pochissimi i set in città e nei paesi limitrofi, affidati più che altro alla gloria di due grandi film di Pietro Germi, In nome della legge e il dramma neorealista de Il cammino della speranza.
Due capolavori, certo, cui purtroppo non è seguito uno spiccato interesse per i luoghi, che hanno finito con l’eccezione di pochi casi per essere dimenticati o non ammessi fra le scelte possibile di un sopralluogo cinematografico. Anche il momento più esclusivo e conturbante di Agrigento, sotto il profilo del paesaggio, e cioè a dire la Valle dei Templi, ha costituito una presenza scenografica scarsa, e per certi aspetti curiosa.
Forse la cosa più bella che rimane, e non riguarda il cinema ma lo rievoca come ne fosse un fotogramma, è la preziosa e bellissima fotografia in bianco e nero che Angelo Pitrone ha scattato a un accigliato - come suo solito - Alberto Moravia nel 1986. Qualche anno fa nei pressi del Tempio di Vulcano sono state girate alcune sequenze del film Il velo di Moira del tedesco Juri Händelsson su soggetto di Carla Marchetta e di Giovanni De Luca: un’opera a bassissimo costo, orgogliosa e fiera, in un bianco e nero saturo e contrastato, composta intorno a un lunghissimo piano sequenza su una storia dai forti richiami psicoanalitici.
Cinema d’arte severamente teutonico, nel solco delle opere di Jean-Marie Straub, che ha avuto scarsissima circolazione e fortune assai minori di quelle che avrebbe meritato. Indietro nel tempo, di almeno trent’anni, si ha notizia di un film dell’orrore, girato dentro la Valle; un’opera introvabile, di produzione polacca, di cui è scomparso anche il titolo negli archivi della città, ma riteniamo senza dispiacere per la presunta cattiva qualità della pellicola.
Un altro caso, ma qui solo per poche scene di sfondo dei Templi, è quello di un vero e proprio film ”maledetto”, opera prima e unica di un regista che negli anni sarebbe diventato un grande produttore di musica jazz. Il film si intitola Tutto il bello dell’uomo, girato nel 1962 a Porto Empedocle, città natale del giovane cineasta Aldo Sinesio.
Di derivazione neorealistica, interpretato da Lilla Brignone e Blanche Cardinale, e da un giovanissimo Lando Buzzanca, è un film provocatorio, in anticipo sui tempi, con alcuni spunti visionari e un discorso molto ardito – che è di fondo, ma fa sostanza – sul deturpamento edilizio che iniziava ad aggredire il paesaggio dopo secoli di immodificabilità assoluta; ma soprattutto era un film che parlava di mafia, quando ancora qualcuno riteneva fosse solo opera di una grottesca fantasia, e anche per questo finì censurato, uscendo pochissimo dai confini della regione, senza più riproposizioni pubbliche e con pochissime proiezioni che lo hanno reso, anche per questo, un film invisibile.
Inutile dire che Sinesio non avrebbe avuto una seconda occasione al cinema, e magari si è portato dietro per tutta la vita il peso di quella rabbia. Andrebbe recuperato, questo film, e presentato a un pubblico più ampio e qualificato, favorendo un dibattito che dal cinema si sposti alla storia dei luoghi che lo compongono. Il film di maggior successo girato invece quasi per intero dentro la Valle dei Templi è Il principe ribelle, opera del regista palermitano Pino Mercanti.
L’anno prima lo stesso Mercanti, cineasta minore ma di sicuro talento, aveva girato un’opera sui Beati Paoli, e scelse Agrigento per ambientare la sua nuova pellicola, un film storico sulla Sicilia che freme sotto il giogo asburgico. A interpretarlo furono chiamati attori famosi come Massimo Serato e Paolo Stoppa, e benché sia una pellicola con qualche difetto e alcune incertezze di regia, ha una sua dignità come prodotto di un neorealismo minore, prossimo al cinema nazional-popolare, che del resto avrebbe costituito il destino di Mercanti che di lì a poco si affilierà al cinema di genere girando pellicole di cassa e spada, musicarelli, speghetti-western e film di spionaggio.
Quasi per intero, o almeno per intere sequenze, le più belle, la storia si svolge lungo la Via Sacra, in un tempo in cui non c’erano divieti e si camminava fra le colonne dei Templi, come accade nel film, che ha una impressionante sequenza di un fuoco appiccato a una catasta di legna che come un’enorme pira divampa proprio davanti il Tempio della Concordia. Quando uscì al cinema, ad Agrigento, a vederlo nelle sue numerosissime proiezioni ci fu un pubblico di circa venticinquemila persone, cioè mezza città, addirittura disciplinati dall’intervento richiesto alla Forza Pubblica che cercava di arginarne l’ingresso in sala.
Anche questo film, per ragioni assai differenti dagli altri, andrebbe recuperato, e lo si potrebbe fare proprio in questa stagione. Con gli introiti fortemente diminuiti a causa della pandemia e la conseguente minore liquidità per la produzione di spettacoli dal vivo assai più costosi, il cinema potrebbe essere un’ottima soluzione per la ripartenza, grazie ai suoi costi minori di proiezione e al sicuro fascino che uno schermo offre alle sere d’estate, in una forma sana di socializzazione.
’Ente Parco Valle dei Templi, diretto da un uomo colto e avvertito come l’architetto Roberto Sciarratta, potrebbe accogliere questa idea e iniziare proprio da questi film che sarebbero (quasi) per tutti una novità di grande richiamo: certamente per Agrigento, ma da qui per tutta la Sicilia, e chissà che all’iniziativa non arrida il giusto successo e un giorno si possa andare ai Templi con lo stesso felice entusiasmo di chi si reca al cinema.
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