CRONACA
Ai muri restituita la dignità di una città: a Messina la street art cancella il razzismo
Per alcuni mesi delle scritte che inneggiavano "morte ai negri" sono rimaste sui muri di Messina fino a quando sonos tate coperte da due bellissimi murales
Il murales antirazzista di Messina
Le scritte sono rimaste lì per mesi, sotto gli occhi di tutti e nonostante il caso fosse stato denunciato e avviate le indagini che avrebbero poi portato all’identificazione dell’autore, le scritte restavano.
Fino a quando ho deciso che qualcosa andava fatto. Non è stato difficile capire come intervenire, non volevo solo coprire le scritte volevo che quei muri potessero riavere la dignità di una città che nonostante decreti e porti chiusi non ha mai - mai - smesso di accogliere.
E poi pensavo alla percezione della città, pensavo a un turista che magari passando di lì e apprezzando i nostri magnifici paesaggi, il nostro cibo, la nostra cultura, potesse immediatamente ripensarci, pensavo ai ragazzi che potevano convincersi che quelle scritte erano giuste come quelle su un cartellone pubblicitario che ti invita a comprare senza pensare davvero a quello che c’è dietro; ai loro genitori; alle scuole che frequentano, sempre più melting pot di origini e culture diverse ma con un obiettivo chiaro: costruire identità condivise; alle nostre istituzioni e a tutto quel mondo fatto di persone che ogni giorno si spende per far si che questo accada: non intervenire significava accettare e condividere quel pensiero.
COLLETTIVO FX e NESSUNETTUNO hanno realizzato rispettivamente i murales che raffigurano Fatim Jawara, promessa del calcio femminile, portiere della nazionale del Gambia, annegata durante la traversata che l’avrebbe condotta in Europa e forse in un club importante in cui giocare e la Balena simbolo di pace e speranza. Alla necessità di adoperarsi in maniera fattiva si è aggiunta la generosità del ferramenta del quartiere, Cristian, che ha fornito il materiale per realizzare i due murales e così dare un senso ancora più altruista e profondo, capovolgere quelle parole, rivoltarle contro se stesse.
E poi i messaggi di solidarietà e condivisione, l’obiettivo era stato raggiunto: coprire le scritte, raccontare una storia, controvertire l’idea che i muri possano solo dividere, confinare persone a destini crudeli, ghettizzare, circoscrivere territori, combattere immigrazione o emarginare vite.
Mi auguro di non dover mai più leggere cose simili, mi auguro che ribellarsi a queste azioni disumane e violente diventi un bisogno e continui a influenzare gli altri, è di gran lunga il bene migliore. Oggi sono in contatto con il fratello di Fatim, dovevo trovarlo e raccontargli quello che è successo e cioè che qui nessuno l’avrebbe respinta. Volevo che sapesse che Fatim non è morta.
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