STORIA E TRADIZIONI
Affascinò Escher e il National Geographic: è la "macabra" cripta dei preti morti a Gangi
Nel paese delle Madonie la chiamano fossa dei "parrini", ovvero la cripta della chiesa di San Nicolò di Bari che si trova nella piazza principale di Gangi ed è visitabile
Non è stato l’unico a restare affascinato da quella che in paese chiamano “a fossa di parrini”, ovvero la cripta della chiesa di San Nicolò di Bari che si trova nella piazza principale di Gangi. Più recentemente, nel 2015, il National Geographic ha deciso di finanziare un importante progetto di ricerca che prevede l’analisi di 36 delle 60 mummie - meglio conservate - per indagare sulle abitudini alimentari, le malattie, la tipologia di mummificazione e le usanze funebri dei membri del clero.
L’analisi antropologica e biologica delle mummie, in continuità con il lavoro svolto nelle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, è stata portata avanti con una combinazione di radiografia ed endoscopia, utilizzando attrezzature arrivate dagli Stati Uniti.
La cripta si raggiunge da una stretta e sbilenca scala di pietra presente nella navata laterale della chiesa. “Scendete o vivi a visitar la morte, pria che la morte a visitar voi scenda. Fu sempre bene prevenir la sorte”, si legge sulla parete in cima prima di scendere. È composta da due grandi saloni adiacenti e in comunicazione con i sotterranei della chiesa, oggi chiusi ma un tempo pure adibiti a sepolture.
Al suo interno si trovano le mummie di preti e arcipreti che hanno svolto le loro funzioni religiose a Gangi tra il 1728 e 1871 circa. Tra questi compare anche il corpo di un personaggio illustre del paese, il sacerdote, poeta e medico Giuseppe Fedele Vitale, vissuto tra il 1734 e il 1789, massimo esponente della corrente letteraria dell’Arcadia in Sicilia, autore della “Sicilia liberata” e segretario dell’“Accademia degli Industriosi di Gangi”. Pare che la sua presunta bara, a differenza delle altre, sia stata trovata chiusa con due lucchetti, si dice perché suicida e pertanto non meritevole di risurrezione.
A colpire della cripta sono due elementi. Il primo è la riproduzione impeccabile dei volti dei sacerdoti attraverso la cera. Il secondo è la tecnica di mummificazione tramite essiccazione naturale. Nel colatoio all’interno della cripta, venivano posizionati i corpi per la disidratazione, l’essiccamento e il drenaggio dei liquidi, secondo una pratica simile a quella utilizzata dagli egizi. Concluso il trattamento, i sacerdoti venivano rivestiti con cotta, stola e berretto nero a punta sul capo. La testa, per garantire una migliore conservazione, veniva trattata a parte rispetto al corpo, cerata e fissata con un bastone.
Sopra ogni nicchia è posta una targhetta con il nome del sacerdote, la data del decesso e un sonetto che ne sintetizza l’operato. Come tutte le sepolture presenti all’interno delle chiese, anche questa venne chiusa alla fine del 1800 quando furono istituiti in ogni comune i cimiteri che dovevano essere collocati al di fuori dei centri abitati. Dopo decenni di inagibilità e numerosi restauri, da qualche tempo è di nuovo accessibile al pubblico.
La cripta è visitabile tutti i giorni dalle 10.30 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 18.00.
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