CULTURA
A tutti gli studenti di Palermo: quella sulle vostre teste è molto più che una targa
"I loro nomi qui resteranno, sacri alla memoria del tempo": la targa in latino di Ernesto Basile che tiene viva la memoria delle vite degli studenti di Legge del passato
La targa di Ernesto Basile che recita Eorum Nomina Memori Aevo Hic Sacra Sunto
Questa storia è già sotto i nostri occhi e quelli dei nostri padri ma non la racconta nessuno, eppure sono pagine scritte, storie di storia, quella di quel centinaio di studenti universitari siciliani inghiottiti dalla grande guerra e mai tornati agli affetti, ricordati nell’atrio della facoltà di Giurisprudenza di Palermo.
"Eorum Nomina Memori Aevo Hic Sacra Sunto" cioè "I loro nomi" ci sussurra la targa, "qui resteranno, sacri alla memoria del tempo".
Ci sarò passato decine di volte sotto l’arco sorretto da colonne al di sopra del quale si erge questo ponte ideale del ricordo, l’ho guardata per la prima volta solo recentemente, in cerca delle tracce del suo autore.
C’è tutto in questa opera appesa e lieve alla trabeazione del portico, quasi fosse appesa al filo di una memoria impolverata e troppo lontana.
Opera d’arte matura e floreale questa, intrisa di una classicità a tratti romana, elegante e raffinata con le volute attorcigliate e protese in ricordo di quelle giovani storie mai scritte, dove la natura-segno di rinascita è presente sotto forma di foglie aperte a sormontare le volute tese da corde e sotto forma di spighe laterali in raccordo orizzontale tra metope e triglifi sopra l’arco stesso.
Un segno scultoreo immaginato da una delle personalità artistiche e intellettuali più raffinate e feconde della nostra modernità culturale e che restituisce tutto il pathos di un tempo in cui l’arte sovrastava qualsiasi passo urbano, in cui dal piano urbanistico alla targa commemorativa la città bella e capitale della cultura chiamava ad operare i migliori esponenti del gusto contemporaneo.
Ne parliamo, ma è solo una targa! Come quella pipa che non è solo una pipa, come quella villa che è diventata un intrigante parcheggio o quei chioschetti abbandonati senza cura davanti il teatro del padre sono solo arredo urbano, come quell’istituto rapinato e abbandonato sulla piana dei colli è solo un “palazzo”, come quel sanatorio che era stato occupato era solo un luogo dimenticato (leggi di più sul sanatorio liberty).
Tutte pagine calvinianamente scritte che attendono e si sono meritate il nostro rispetto e la nostra cura, il nostro sguardo cosciente.
Proprio come le storie di quegli studenti, il cui ricordo venne affidato dalla storia alle mani sapienti e generose di quel maestro che di lì a pochi anni verrà colpito in ritardo dagli effetti nefasti di quella guerra combattuta anche dal figlio più giovane, Massimo.
Massimo Basile come Giuseppe Terragni, talentuosi architetti italiani, tornati fisicamente dal fronte ma mai più stati gli stessi. Giovani talenti, costruttori di necessaria bellezza e consacrati sull’altare della Patria di noi tutti.
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