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"A pruvari?" il Motobécane (e altri motorini): un pezzo della Palermo anni ’70
Facciamo un piccolo passo indietro. Vi ricordate il film "Gioventù bruciata"? Avete in mente “Fast and furious”? Ecco cosa significava avere un "tagghiamurtatella"
Ora, vediamo chi tra voi conosce questa espressione in voga in quegli anni tra i motociclisti (e anche tra automobilisti) della nostra città.
Facciamo un piccolo passo indietro. Vi ricordate il film "Gioventù bruciata" interpretato da James Dean? Avete in mente i più recenti blockbuster “Fast and furious”? Ecco, fatevi un’idea di cosa potesse significare "A pruvari?".
“A pruvari?” era una vera e propria sfida, era il guanto gettato a terra, era uno schiaffo virtuale che in altri tempi significava una sola cruenta parola: duello! E la sfida non si limitava soltanto a questa domanda, ma subito dopo ne veniva fatta un’altra: «Tu iuochi u libbriettu?».
Per i primi le sorti della tenzone si decidevano alla fine di lunghi rettilinei. Per i secondi si sceglievano percorsi più impegnativi, spesso la pista privilegiata era la salita di Monte Pellegrino (ancora adesso si possono trovare, lungo la sua strada, alcune lapidi che, purtroppo, testimoniano il funesto epilogo di sfide di questo genere…).
Anch’io avevo il ciclomotore. Forse definirlo ciclomotore è un eufemismo, perché si dimostrò più un carro armato che un semplice motorino! Il mio motorino era un Mobylette della francese Motobécane, chiamato tagghiamurtatella a causa del volano posto sulla sua sinistra che sembrava, in effetti, una vera affettatrice da salumeria!
Quante ne combinai con quel motorino! Nonostante avesse il normale sellino (esistevano i sellini lunghi per portare un passeggero), con il mio Moby ci andavamo anche in quattro, due sul sellino, due sul predellino posteriore. Dato il peso che doveva sopportare, quel povero motorino camminava praticamente sui cerchioni!
Non chiedetemi come ciò potesse accadere, ma vi possono dare testimonianza i miei amici. Tornando alla sfida di cui prima, c’è da dire, per quanto ovvio, che chi lanciava la sfida non aveva certamente un motorino o un vespino immacolato come quando esce dalla fabbrica… Eh, no, proprio no!
Era quasi un obbligo (altrimenti venivi sfottuto a vita) procedere, dopo l’acquisto del mezzo, alla sua elaborazione meccanica e alcune officine dell’epoca erano diventate famose per creare dei mostri a due ruote: testata ribassata, condotti allargati, marmitta potenziata, ecc.
Da fabbrica, per omologazione, i motorini dovevano uscire per avere una velocità massima di 40 kmh., ma dopo quelle trasformazioni non era difficile per qualche buon elaborato riuscire a toccare gli 80 o anche i 90 all’ora! Poverino, il mio Motobécane, non si prestava di certo a tutte quelle elaborazioni, gli mancava "le phisique du role", data la sua pesantezza mancava di sprint alla partenza e acquistava velocità solo sui rettilinei o strade in leggera pendenza, allora in quel caso dava il massimo di sé, e se non trovava mostri elaborati faceva la sua sporca figura.
Però aveva un difetto: i freni.
Era proprio scarso in frenatura, mentre i più leggeri e vivaci Ciao frenavano in pochi metri, per fermare il mio motorino in tempo e in spazi utili dovevo pensarci già da prima!
Quindi, tanto per fare un esempio, se mi trovavo sulla via Libertà e da lontano vedevo il semaforo rosso al Politeama, allora dovevo cominciare a frenare già da Piazza Croci!
E lo so, sembro esagerato, ma se proprio non era così, poco ci mancava… .
Una volta mi convinsi pure, sempre con il mio Mobylette, ad andare a fare cross al vecchio campetto che si trovava alla Favorita. Non l’avessi mai fatto! Tra gli sfottò di tutti i centauri normodotati, dove per normodotati si intendeva che il più scarso aveva un Fantic Caballero, arrivai io. Mi lanciai per il pendio che arrivava poi ad una serie di dossi e raggiunta la massima velocità (sigh! 50 all’ora???) arrivo al primo dosso e vola vola vola l’ape Maia!
Se a quel tempo fossero esistiti i cellulari, qualcuno avrebbe filmato la seguente scena: il mio Mobylette che, magicamente volava ad almeno due metri da terra, io che ero stato sbalzato dal sellino tenevo il motorino dal predellino posteriore. Appena atterrati, c'ero sempre io che tenevo questo motorino da dietro e lui che andava, comunque, avanti alzando polvere e fango su di me! Niente, ogni tanto penso questa scena e mi fotto dalle risate.
Quelli erano gli anni degli Ciao, dei Boxer, dei Peugeot 104 detti Pegiottini, delle Vespe, dei Sì, dei Califfoni e altri ancora, che ai tempi davano a noi ragazzini quel mitico senso di libertà che vedevamo nei teenagers raffigurati nei film dell’epoca.
Immaginate quanto sarebbe bello, risvegliarsi un giorno, prendere il vecchio motorino e, al primo semaforo, sentirsi nuovamente dire…”A pruvari?”
P.S. Però, che soddisfazione, scoprire che la Francia, a suo tempo, ha dedicato un francobollo al mio Mobylette!
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