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Tornare "giù" per qualche giorno: tra amici che non ci sono, profumi e ricordi di casa

Quando stai per tornare il tempo si dilata e si ristringe, pensi che manca davvero poco per chiudere la valigia e ti chiedi quanto ci vorrà ancora per rivedere casa. La tua casa

  • 13 maggio 2019

"In bloom" illustrazione di Yao Yao Ma

Quando stai per tornare, il tempo si dilata e si ristringe. Quando stai per tornare, i giorni scorrono troppo velocemente, o troppo lentamente. Alle volte pensi che manca davvero poco, alla fine, per fare il check in e per chiudere la valigia.
Altre volte, stanca, ti chiedi quanto ci vorrà ancora per rivedere casa. La tua casa.

Quando stai per tornare, inizi a pensare a cosa portare giù. Tornerai a casa magari per pochi giorni, forse per un breve weekend. Sicuramente farà caldo – pensi – non come qui. Qui fa sempre freddo. Ma la porto una giacca? E un giubbottino leggero? E le scarpe? Assolutamente scarpe comode.

Quando stai per tornare, la lista delle cose da riassaggiare sembra infinita. E ti chiedi se avrai il tempo per gustare tutto. E ti chiedi quanti chili rischi di mettere su. Ma non pensi di poter rinunciare alla brioche – alla brioche quella vera, quella che profuma di panificio, di tepore appena sfornato, mica come quelle di produzione industriale che hanno il sapore di una merendina confezionata. E l’arancina? E la setteveli - introvabile altrove?

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Quando stai per tornare, una sera, mentre rincasi da lavoro, ti ricordi che non devi dimenticare il costume.
Perché la spiaggia – quella del Mediterraneo, quella della tua infanzia – è lì che ti aspetta con il suo vero odore. Con il suo gusto di salsedine.

Può sembrare paradossale, ma ti rendi conto di avere tutti i costumi al nord. E a casa, giù, più nulla. Perché nell’attesa delle ferie di agosto, nell’attesa di giorni finalmente da vivere spiaggia, devi pure ingannare il tempo estivo in qualche modo. Magari andando in piscina e poggiando i piedi su un prato di erba sintetica. Magari andando al lago.

Quando stai per tornare, ti ricordi di quella volta che sei stata per la prima volta al lago, in costume. Lago di Garda: bello, bellissimo. Prati verdi sconfinati, fiori dai mille colori. Una tavolozza di azzurro intenso e i monti, in fondo, a ricordarti fin dove ti puoi spingere.
Sirmione o Desenzano. Ma anche il Lago di Como, con Varenna e Ballano. Paesaggi come quadri tra impressionismo e post impressionismo.

Ma quando apri lo sportello dell’auto, con infradito ai piedi e telo mare sotto il braccio, quel paesaggio azzurro, rosa, verde, giallo e degli altri mille colori dell’arcobaleno ha qualcosa che manca. Ti inganna – ti sei ingannata: sembra mare, e poi è tutto così bello.
Ma quando apri lo sportello dell’auto ti aspetti la salsedine. E non c’è. L’aria è inodore e insapore.

Come una bellissima torta al cioccolato, appena sfornata, ma senza odore. Senza profumo. Senza fragranza di autenticità.

Eppure te lo fai bastare, quello spicchio di cielo d’acqua cullato tra i monti.
Eppure ti abbronzi, spalmi la crema solare, pranzi con un gelato fresco. Tutto scorre, ma non la sabbia tra le dita dei piedi. Lì la sabbia non c’è.

Quando stai per tornare, fai i conti anche degli amici che devi salutare, incontrare. Qualcuno è andato via. Qualcuno non c’è più. E ti chiedi come sarà ripercorrere quelle strade, quelle stesse strade in cui sei stato felice con quell’amico che non c’è più. Ti chiedi come sarà ripercorrere quei vicoli gialli e caldi, pieni di brusio di vita, dai sampietrini sempre umidi e lisci come sapone, senza quell’amico.

Quando stai per tornare, fai il resoconto di tutto quello che è cambiato – in fin dei conti – non in tantissimi mesi.

Ventiquattro mesi, o poco più. Ottocento giorni circa. Cosa è successo, mentre non ci sono stata? Ma qui non c’era sempre un sacco di gente? Si sono spostati tutti da un’altra parte? E quel negozietto, dove compravo sempre gonne e scarpe, è adesso un fast food?

Ma ti ricordi di quella sera che prendemmo la macchina e andammo a Mondello? E salimmo sulle barche dei pescatori, chiedendo a sconosciti di scattarci foto?

Ricordo che quella sera mi fermai in una bancarella di libri usati e trovai la prima stampa de Il Lungo Addio, una delle storie più belle di Dylan Dog. È la storia di Dylan che incontra – dopo anni – Marina, il suo primo amore adolescenziale e conosciuta in estate sulla spiaggia di Moonlight. Lei non c’è più ma lui non lo sa. Perché lui la vede lì, accanto a lui, sull’auto. Le parla. O almeno crede di vederla e di parlarle mentre la riaccompagna a Moonlight.

Insieme. Di nuovo. In quelle strade. Ma questa volta per dirsi addio. Perché, quando stai per tornare, sai che hai già detto addio.
Ma le ripercorri di nuovo quelle strade, come Dylan mentre torna a Moonlight. Le ripercorri di nuovo e sai che sarà solo un attimo.

E adesso ne sei ancora più consapevole: "Niente è più inabitabile di un posto dove siamo stati felici"” (Cesare Pavese)

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