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Ricordate Manifesta? Palermo, un anno dopo: i numeri, i soldi (spesi) e cosa resta

Un anno fa di questi tempi prendeva avvio la biennale Manifesta: oggi siamo in grado di fare una riflessione, carte alla mano, su cosa è successo a Palermo

Giovanni Callea
Esperto di marketing territoriale e sviluppo culturale
  • 16 luglio 2019

L'Education Hub di Manifesta 12

Un anno fa di questi tempi prendeva avvio Manifesta, un progetto che prometteva il grande salto di Palermo negli scenari internazionali dell’arte contemporanea.

Passato un anno dalla sua inaugurazione resta ben poco di questo “pantagruelico” evento. La mia sensazione è che Manifesta sia stato un’altra delle tante promesse tradite alla città. Ho ricostruito dalle poche carte disponibili, bilanci e delibere, la storia di questa manifestazione.

Condivido qui a futura memoria e per indurre una riflessione più generale sul tema dell’arte in città.

Premessa: il 30 dicembre 2014, il consiglio comunale di Palermo approva la proposta del dirigente cultura di istituire una fondazione (Manifesta 2012) per l’organizzazione di Manifesta. Per quanto le delibere, se a norma di legge, sono sempre valide e legittime non passi inosservato che una proposta così importante e così onerosa per la città ha luogo il 30 dicembre con un’aula ed una città alquanto distratte.
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La fondazione Manifesta12: il consiglio comunale delibera di costituire una fondazione interamente partecipata dal comune di Palermo che riceve una dotazione iniziale di 1.000.000 di euro. Il costo complessivo per l’amministrazione comunale per Manifesta è determinato di 3.400.000, come previsto da un conto economico prodotto dalla fondazione Manifesta 12 che saranno versate al nuovo soggetto giuridico costituito ed i fondi saranno attinti alla tassa di soggiorno. A questi fondi sembrerebbero aggiungersi 541mila di fee di adesione versati direttamente alla fondazione Manifesta Amsterdam.

I costi complessivi di tasse e fee varie tra conferimenti diretti del consiglio comunale e bilancio di Manifesta ammontano a 1.574mila euro, pari a circa il 40% dell’investimento del Comune. In sintesi abbiamo speso il 40% dell’investimento del comune non per acquistare qualcosa ma per il diritto ad usare una cosa che non sarà mai nostra.

Chi gestisce manifesta: lo statuto della fondazione consegna al socio privato (Manifesta Amsterdam) la presidenza ed il controllo della fondazione stessa mediante la nomina del 50% dei consiglieri e del presidente.

Il CdA nomina il direttore che di fatto è il vero capo in quanto detiene i cordoni della spesa. In pratica il comune ci mette i soldi, ma comanda un altro. La fondazione è destinata a pagare nel 2017 compensi per oltre 500mila euro. Questo personale è funzionale ad acquistare servizi, quindi non realizza nulla.

Il personale assunto, manco a dirlo, è quasi tutto Olandese. Mi chiedo allora perché il Comune non abbia affidato direttamente a Manifesta l’appalto per la realizzazione dell’evento, dal momento che è stato realizzato interamente da personale Manifesta con mezzi economici del Comune, e visto che a dicembre 2019 la fondazione sarà liquidata.

I costi della Fondazione Manifesta: la fondazione ha altissimi costi di funzionamento (circa 500mila euro nel 2017 per il personale e 92mila per costi di trasferte ed oltre 1.000.000 nel 2018, con 239mila di spese per viaggi e trasferte) ma non ha alcuna competenza realizzativa, che affida interamente a soggetti terzi. Non a caso spende oltre 2 milioni per acquistare servizi.

Non nascondo la curiosità di sapere come abbiano speso nel 2017 92mila euro in trasferte ed i 239mila del 2018.

Se ci pensate sono davvero tanti in un anno, in una città come Palermo. Parlando del 2017, che in realtà è solo un anno progettuale, se fossero state notti di albergo a 50 euro sarebbero 1800 notti, se fossero stati voli aerei a 200 euro 460 voli. In pratica l’anno prima dell’evento ha volato e dormito su Palermo un esercito.

Ho sollecitato tramite amici consiglieri comunali di verificare il dettaglio di queste spese, ma la fondazione, soggetto autonomo dal comune, a distanza di sei mesi non ha ancora risposto. Uno dei vantaggi indiretti del non operare direttamente.

Nessuna presenza di artisti locali: dal programma emerge come nessun artista cittadino sia stato coinvolto. Lo spazio agli artisti cittadini è stato infatti riservato nelle sessioni collaterali. In pratica la ricaduta sul comparto artistico e su quello professionale è inesistente.

Avrei potuto provare a comprendere se tutti i ruoli senior fossero affidati a personale Manifesta (in ossequio alla bassa stima che il sindaco ha per i suoi concittadini). Ma era legittimo attendersi che questo personale fosse affiancato da giovani di Palermo (non possiamo in nessun caso accettare l’idea di non avere intelligenze da formare), che magari vivendo da dentro una manifestazione così appariscente - almeno nella narrazione dell’amministrazione – avrebbero potuto accumulare esperienza e comunque profilo curriculare.

La normativa sugli appalti: è bene sapere che la legge sugli appalti (DLS 50/2016) è molto stringente sulla spesa pubblica. Ed il comune di Palermo avrebbe dovuto procedere con una serie di gare ed evidenze per spendere autonomamente 4 milioni di euro. Inoltre la norma fa divieto di frammentare la spesa.

La fondazione pertanto diviene uno strumento normativamente lecito per procedere alla gestione di un grosso importo in maniera frammentata. Un modo legale per fare quanto la legge non consentirebbe di fare. Dal punto di vista normativo, sia chiaro, è tutto legittimo pongo qui solo una questione di opportunità e trasparenza.

Una gara internazionale. Perché no? La procedura più corretta, assunto che l’amministrazione intendeva ricorrere all’arte contemporanea per promuovere la città, sarebbe stata quella di una gara internazionale.

Lo scenario internazionale delle organizzazioni minori di arte contemporanea nelle quali Manifesta può essere inclusa è molto vasto dalla Biennale di Berlino alla Triennale di Bruges, da LAM 360 a Paiz-art per citarne alcune, senza trascurare le istituzioni di maggior prestigio come l’Italiana Biennale di Venezia, Guggenheim, Mumok di Vienna, Moma di New York, Tate Modern a Londra.

Una gara internazionale per la realizzazione di un evento in arte contemporanea con una dotazione così ricca, avrebbe certamente attirato player molto competenti. In via teorica una gara siffatta avrebbe potuto anche non essere vinta da Manifesta.

I numeri: concludiamo con i numeri. I dati delle presenze guardati in dettaglio sono impietosi. Manifesta dichiara oltre 200mila visitatori.

Però andando a guardare i dati di sbigliettamento sono stati venduti 37.839 biglietti. Quindi dati alla mano si sono imbucate quasi 160mila persone. 16.106 biglietti sono di residenti in Sicilia, non sappiamo quanti di Palermo.

Che è poi un po’ la cifra di quanto poco la manifestazione abbia interagito con il tessuto locale. Mentre 21.173 sono visitatori italiani e stranieri. Pur ammettendo che tutte le presenze italiane e straniere sono di turisti che si sono spostati per l’evento, l’investimento del comune è pari a 188 euro per turista in entrata.

Ryanair fa accordi di co-marketing con un costo passeggero che va da 2 ad 8 euro. Forse un po’ di conti si potevano fare prima.

Dal mio punto di vista sono valutazioni che forse occorrerebbe anche fare, guardando al futuro, per dare un senso ad investimenti di marketing, per evitare che sotto il vessillo dell’arte si compri qualunque cosa a qualunque costo.

Considerata peraltro la provenienza dei fondi, che appunto sono connessi alla promozione turistica credo che sarebbe utile avviare delle riflessioni di comparto, per valutare in che modo pianificare futuri investimenti a valere sulla tassa di soggiorno, che abbiano il massimo di rendimento in termini di ricaduta economica.

Certamente parlare di arte e denaro è sempre complicato, e ciascuno ha le sue idee e le sue teorie, e spero di avere contribuito ad una riflessione. So che l’amministrazione comunale e la fondazione Manifesta non hanno le risposte né l’interesse a darle. E non le daranno.

Sarebbe pertanto già tanto se in nome della tanto in voga trasparenza ci dicessero come hanno speso i 92mila euro in viaggi e trasferte nel 2017 e 239mila nel 2018.
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