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Gibellina: ultima intervista, ultime foto di Corrao
A Gibellina è stato ucciso Ludovico Corrao, 84 anni; a Balarm, negli scorsi giorni, aveva rilasciato l'ultima intervista e realizzato gli ultimi scatti
Ucciso a coltellate all’interno della sede della Fondazione Orestiadi della quale era presidente. Così, a Gibellina, nel trapanese, è stato barbaramente ucciso Ludovico Corrao, 84 anni, noto esponente politico siciliano ed ex parlamentare del Pci, volto noto negli ambienti intellettuali siciliani. Del delitto si è autoaccusato il domestico, Saiful Islam, 21 anni originario del Bangladesh, interrogato da diverse ore dagli inquirenti, che stava alle dipendenze delle Fondazione da due anni. Il movente dell'omicidio non è ancora chiaro.
Sindaco di Gibellina negli anni del post terremoto, è stato uno dei protagonisti della ricostruzione del Belice favorendo la rinascita della città dopo il sisma con l'intervento di artisti e architetti di grido, da Consagra a Burri, da Schifano a Pomodoro. A lui si deve anche la nascita del festival delle Orestiadi di Gibellina, che ha da poco concluso l'edizione 2011, diretta da Claudio Collovà. Negli scorsi giorni il Senatore Corrao ha rilasciato un'intervista a Balarm. Probabilmente l'ultima intervista. Ne pubblichiamo un estratto. L'intervista intera, realizzata da Vassily Sortino, sarà pubblicata nel prossimo numero di Balarm magazine, in uscita a settembre. In più in anteprima parte degli scatti realizzati da Marco Amantia a mezzogiorno di martedì 2 agosto in esclusiva per Balarm. In assoluto, insieme all'intervista di Sortino, le ultime testimonianze (pubbliche) di Corrao.
«Sono uno, nessuno e centomila. Sono un incrocio tra le varie stagioni politiche e culturali, per non parlare delle disgrazie naturali e delle guerre che ha vissuto la Sicilia nel corso della mia vita. Sono un tipo multiforme».
A lei, nelle vesti di sindaco, si attribuisce anche la ricostruzione della nuova Gibellina. Come si ricrea una città da zero?
«Non so spiegarlo neanche io. Penso solo al grande spirito di animazione e coraggio dei ragazzi che vennero da tutte le parti d’Italia e d’Europa per aiutare la gente del Belice. Poi, come si dice; “U mortu insigna a chianciri” e quindi fu un dovere per me e la gente del posto ricostruire partendo dai saperi e dai valori. Il terremoto aveva distrutto tante pagine di storia piene di arretratezze, ma allo stesso tempo di valore. Era venuto il tempo di riscrivere la storia della civiltà contadina uccisa dalla mafia, che occupava le terre che dovevano andare ai coltivatori».
La mafia ha paura della cultura?
«La mafia è l’anticultura. La cultura è libertà, mentre la mafia è oppressione e dominio sull’uomo. La cultura ti consente di dubitare, riflettere e riconquistare libertà di pensiero dall’assoggettamento dei poteri che sfruttano l’uomo e impediscono la sua evoluzione. La mafia è la cancrena di un corpo sociale privo di cultura».
Di cosa si pente nella sua vita?
«Di non avere fatto tutto quello che avrei potuto. La mia opera è stata comunque frutto di una azione collettiva della popolazione e degli artisti che hanno animato, per esempio, la ricostruzione di Gibellina».
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