ARTE E ARCHITETTURA
Riso e trame dell'incompiuto. Un anno dopo
Un anno fa, per Riso, una battuta d'arresto. Improvvisa, inaspettata, misteriosa. Oggi, Sergio Gelardi, neo-dirigente generale dei Beni culturali, rassicura
Non c'è da attribuirsi nessun merito alla memoria particolare, nel ricordarlo. Nel ricordare che, uno dei momenti in cui, negli ultimi anni, è balenata nella mente di un visitatore random, più o meno coinvolto, più o meno palermitano, la consapevolezza che la bellezza è verità, sia coinciso con la prima esplorazione di Museo Riso. Era il 2009 e tramite la mostra "Sicilia 1968/2008, lo spirito del tempo", ideata da Renato Quaglia, e curata da Valentina Bruschi, Salvatore Lupo e Sergio Troisi si faceva il punto su quarant’anni di storia della Sicilia e non, attraverso le opere d'arte contemporanea di collezioni private e pubbliche siciliane.
In queste ore, il deputato regionale Nello Musumeci ha rivolto un'interrogazione parlamentare urgente, a cui dovrà rispondere il Presidente Crocetta, circa lo stallo della situazione: mostre, workshop, servizi, laboratori didattici, concerti, spettacoli di teatro, progetti editoriali, partnership con biennali straniere. È necessario restituire il Museo Riso al suo protagonismo e di accreditarlo come luogo di riferimento per la cultura, scrive.
Dal 2009, in effetti, di strada se n'è fatta. In media 100.000 visitatori hanno fatto di Riso il secondo Museo più visitato della Sicilia, dopo il Museo Archeologico di Siracusa. Strada, strada, strada e alt. Battuta d'arresto. Improvvisa, inaspettata, misteriosa. E la trama dell'incompiuto si tinge fosca nonostante la sua inconsistenza. Dodici milioni e mezzo di euro? Latitanti. Tanti, erano quelli ottenuti a suo tempo dalla Comunità Europea, tramite i Po-Fesr 2007-2013; era già programmata la proposta artistica di un triennio, che oggi frantuma l'idea dei suoi giorni, giorno dopo giorno, tra le macerie dei validi propositi.
«Latitanti, temporaneamente - rassicura Sergio Gelardi, neo-dirigente generale dei Beni culturali - «Non solo i fondi destinati a Riso, ma tutti quelli destinati ai Beni Culturali, hanno validità di reindirizzamento entro il 31 dicembre 2015. Di contro, è pur vero che l'azzeramento compiuto in questo anno è molto grave e difficilmente recuperabile perche ha creato una falla nella continuità del progetto e nella credibilità a livello nazionale e internazionale, tanto più che Riso era un caso eclatante nel Sud Italia e si era reso riconoscibile in poco tempo», spiega.
Perchè tutto, esattamente un anno fa, è precipitato nel buio? «Perchè, sebbene su canoni internazionali una certa linea sia naturale - continua Gelardi - Riso ha rappresentato agli occhi delle istituzioni, fino a questo momento, una sorta di realtà "eccentrica". Nell'idea, per esempio, di coinvolgimento e diffusione ad ampio respiro. Dunque, abbiamo assistito ad un tentativo di "normalizzazione" di questi canoni... Vedremo di sbloccare la situazione, in primis quella relativa a S.A.C.S. (Sportello per l’Arte Contemporanea Siciliana, che contiene materiale documentario di oltre settanta artisti siciliani, n.d.r.). Io mi sono appena insediato e ho tutte le intenzioni di occuparmi nel miglior modo possibile dei Beni Culturali in Sicilia, che ne rappresentano l'identità, ma sono anche prerogativa indispendabile per le giovani menti creative».
Già, le giovani menti creative. La notizia è che Riso, è aperto. Sì, aperto. Nel senso che la porta è aperta. Entrando, la collezione permanente. Soltanto. Validissima, senz'altro. Ma se i dati del 2011 parlavano chiaro: 1058 iniziative, 26 mostre, 11 residenze d'artista, 949 attività didattiche e 70.000 visitatori, oggi Riso non ha più servizi ulteriori e di nessun genere da offrire. Il fantasma di un bookshop e di una caffetteria, il fantasma di un sito e di un logo e finanche di un nome: non più Riso, Museo d'arte contemporanea della Sicilia, ma Museo Regionale di Arte Moderna (moderna?) e Contemporanea di Palazzo Belmonte Riso (si era addirittura sfiorata l'improbabile intestazione a Renato Guttuso, che lo stesso Gelardi ha revocato).
Tutti questi spettri danzano sulle note di una musica che si riesce ancora a percepire. Sottile e in lontananza, ma ancora chiara: quella soffiata da tutti coloro che a Riso hanno dedicato parti consistenti del loro tempo e della loro energia, oltre che passione. Una squadra di giovani, per lo più, che per dirla alla Berlinguer, volevano sostenere il monito «Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c'è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull'ingiustizia».
Helga Marsala, che è stata più volte curatrice all'interno dello spazio, ci scrive: Un anno fa la bella storia del Museo Riso finiva. Per lasciare il posto al declino. Tanto si è detto e scritto, ma alcuni sanno davvero com'è andata: lo sanno perchè stavano in quelle stanze, a combattere un apparato amministrativo cinico e ignorante; lo sanno perchè hanno chiesto, indagato, osservato; lo sanno perchè la verità era scomoda ma non hanno avuto paura di raccontarla. Né di ribellarsi. Oggi Riso sembra non essere mai esistito. Il popolo dimentica presto. Ma coloro che quel posto lo hanno difeso e amato, con tutti i limiti e le difficoltà del caso, non dimenticano. Un museo ancora giovanissimo, il cui percorso è stato ostacolato per ragioni oscure, certamente insulse. Miopia, logiche di potere, inefficienza, goffaggine, prepotenza, indifferenza? Un mix, probabilmente.
La verità è che Riso è stato per quest'isola un progetto rivoluzionario. Perchè ha rifiutato un pacchetto completo e ben noto: logiche clientelari, mala politica, sperpero, omologazione e tanta, tantissima pigrizia. Questi gli standard, che Riso ha spezzato. Era un posto, quello, in cui si lavorava a ritmi folli e non certo per denaro. Muri alzati per arginare le ingerenze dei palazzi del potere, e lo sforzo costante di inventarsi qualcosa di pulito, di nuovo, fuori dai schemi ammuffiti. Certo, tanto c'era da fare. Tanti gli errori, le mancanze, le incertezze. Ma tanta soprattutto la qualità, con quel profilo professionale e quella vocazione forte che hanno fatto la differenza.
La verità è che - e lo dico a quei pochi che criticano e a quei tanti che tacciono - un Museo così la Sicilia non lo aveva visto mai. Vivo, attivo, rivolto al territorio e agli artisti; museo diffuso, interdisciplinare, internazionale, contemporaneo, mai fermo, sempre in cerca. E allora, forse, è per questo che hanno messo i bastoni tra le ruote, a un certo punto. Arrivavano ingenti fondi europei, una programmazione di 3 anni, dei progetti di respiro sempre più vasto. Troppa grazia, per un luogo così indipendente, combattivo, sordo ai richiami del vecchio sistema. Certa politica avrà pensato di metterci le mani e tutta la sua grettezza. O la sua strafottenza. Nessuno che abbia mosso un dito, combattuto o anche solo indagato, dai piani alti.
La questione morale, quella politica e quella culturale, continuo a pensare che debbano camminare insieme, col massimo rigore possibile. Anche quando è scomodo, anche quando è impopolare, anche quando proveranno a corromperti, a sedurti, a fermarti, a silenziarti. La storia di Riso, per me, è la storia di tutto questo.
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