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Viveva nel tronco di un castagno secolare: la storia (dell'altro) eremita di Palermo

Fin dai tempi antichi, Madonie hanno ospitato insediamenti di eremiti attratti dalla bellezza selvaggia del luogo: vi raccontiamo la storia dell'asceta Giuliano de Placia

Marco Giammona
Docente, ricercatore e saggista
  • 2 marzo 2025

L'eremita siciliano Giuliano De Placia

La storia del ritrovamento della statua della Madonna di Gibilmanna si intreccia profondamente con la fede, la tradizione e il mistero, radicandosi nella memoria collettiva della Sicilia e nella diffusione del culto mariano nell’isola, in particolare nel territorio delle Madonie.

Gibilmanna, il cui nome evoca un'origine avvolta nell'incertezza tra etimologie arabe e riferimenti religiosi, è un luogo che da secoli accoglie fedeli e pellegrini, diventando un punto di riferimento per la spiritualità siciliana.

Fin dall’antichità, il territorio delle Madonie ha ospitato insediamenti di eremiti e comunità monastiche, attratte dalla solitudine e dalla bellezza selvaggia delle montagne.

La tradizione vuole che proprio qui, in un’epoca imprecisata, si sia stabilito un primo nucleo di monaci già ai tempi di papa Gregorio Magno (540-604 d.C.), che, prima di ascendere al soglio pontificio, avrebbe promosso la fondazione di un insediamento benedettino nella zona.
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Questo monastero, destinato a divenire un centro di preghiera e meditazione, prosperò per secoli fino al IX secolo, quando le incursioni saracene costrinsero i religiosi all’abbandono.

Da quel momento, la custodia del sito passò nelle mani di eremiti e devoti, che continuarono a vegliare sul luogo sacro, mantenendo viva la fiaccola della fede tra le rovine del monastero abbandonato.

Tra queste figure spicca l’eremita Giuliano de Placia da Misilmeri, protagonista indiscusso della vicenda legata alla statua della Madonna di Gibilmanna.

Figura ascetica e carismatica, de Placia trascorse la sua vita nella preghiera e nella contemplazione, scegliendo come dimora un rifugio naturale scavato nel tronco di un castagno secolare.

Questa scelta di vita, improntata alla povertà assoluta e alla comunione con la natura, lo rese un punto di riferimento per la comunità di fedeli della zona.

La sua esistenza solitaria fu interrotta solo dal legame spirituale con altri religiosi e dalla sua successiva adesione all’ordine dei cappuccini, sotto la guida di padre Sebastiano da Gratteri.

Nel frattempo, il sito di Gibilmanna rimaneva un luogo carico di sacralità, attorno al quale si svilupparono nel tempo numerose leggende e tradizioni.

L’origine del nome stesso ha dato adito a diverse interpretazioni: alcuni lo riconducono all’arabo “Gebel-El-Man” o “Gibel-El-Mann”, combinazione di “monte” e di un termine che potrebbe riferirsi a un divieto, alla manna prodotta dai frassini locali o a una grazia divina.

Qualunque sia l’origine esatta, il toponimo testimonia il profondo legame tra il sito e la sfera del sacro.

La leggenda più affascinante legata a Gibilmanna riguarda proprio l’arrivo della statua della Madonna col Bambino, un evento che secondo la tradizione avvenne per intervento divino.

Il 5 aprile 1534, nel giorno di Pasqua, una nave carica di immagini sacre, probabilmente destinate a vari luoghi di culto dell’Europa meridionale, fu sorpresa da una tempesta al largo delle coste siciliane.

In cerca di rifugio, l’imbarcazione trovò riparo presso il castello di Roccella, fortificazione costiera situata nei pressi dell’attuale Campofelice di Roccella.

Mentre la nave attendeva il miglioramento delle condizioni del mare, un frate cappuccino ricevette in sogno l’apparizione della Vergine, che lo invitava a recarsi al porto per prendere una precisa statua avvolta in una coperta di lana.

L’eremita Giuliano de Placia, avvertito dell’evento, scese dalle montagne per reclamare l’effige destinata a Gibilmanna.

Tuttavia, il comandante della nave si oppose alla richiesta, dichiarando che la statua era già stata venduta a un cardinale. De Placia, con voce ferma e ispirata, predisse che l’imbarcazione non sarebbe ripartita finché non avesse ceduto la sacra immagine.

Il mare, infatti, rimase insolitamente calmo per giorni, impedendo qualsiasi tentativo di salpare. Solo quando il capitano, sopraffatto dall’evidenza del miracolo, acconsentì a consegnare la statua all’eremita, il vento riprese a soffiare e la nave poté riprendere il suo viaggio.

La statua, affidata a Giuliano de Placia, fu posta su un carro trainato da buoi e lasciata libera di seguire il proprio percorso.

Secondo la tradizione, gli animali, come guidati da una volontà superiore, attraversarono il territorio delle Madonie, sostando in diversi luoghi che sarebbero poi diventati tappe di culto popolare.

In particolare, la popolazione di Gratteri accolse il passaggio della sacra immagine con profonda devozione, e due località, note come A Tribbuona Ranni e A Tribunedda, divennero punti di riferimento per i fedeli prima che il corteo raggiungesse la destinazione finale, il sito destinato a ospitare il santuario di Gibilmanna.

La statua, attribuita nell’Ottocento ad Antonello Gagini, divenne ben presto oggetto di profonda venerazione, e sul suo piedistallo venne incisa l’iscrizione “Julianus de Placia de terra Musumeri fieri me fecit 1543”, a testimonianza del ruolo fondamentale dell’eremita nella diffusione del culto mariano a Gibilmanna.

A riprova del fatto storico, nel 1535, il frate cappuccino Sebastiano Majo da Gratteri avviò la rifondazione del convento e della chiesa, accogliendo l’effige nella rinnovata cappella.

Con il tempo, il crescente afflusso di pellegrini e fedeli rese necessaria la costruzione di un edificio più grande. Nel 1623, il santuario fu ampliato, divenendo uno dei principali poli di devozione mariana in Sicilia.

Con il passare dei secoli, il culto della Madonna di Gibilmanna si consolidò sempre di più, attirando non solo fedeli locali, ma pellegrini provenienti da tutta l’isola e anche dall’estero.

Il santuario, oltre a essere luogo di preghiera e raccoglimento, divenne un simbolo della tradizione religiosa siciliana, un punto di riferimento per coloro che cercavano conforto, protezione e speranza sotto lo sguardo benevolo della Vergine.

La storia di Giuliano de Placia e della statua si radica così nella memoria collettiva, unendo elementi di fede, tradizione e mito in un racconto che trascende il tempo.

Ancora oggi, il santuario di Gibilmanna continua ad accogliere pellegrini da ogni parte della Sicilia, perpetuando il culto della Gran Signura di Gibilmanna, la cui presenza miracolosa è rimasta viva nei secoli, alimentata dalla devozione di intere generazioni di fedeli.
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