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Una giornata in Sicilia nella "Svizzera dei Peloritani": da Acqualadroni alle 4 Masse

Un territorio pieno di luoghi suggestivi, dalla Spiritera alla piazza dell'Aria Mossa. Tra vallate coperte da boschi, pendii terrazzati e le orchidee robertiane

Santo Forlì
Insegnante ed escursionista
  • 6 febbraio 2025

L'antico Mulino ad Acqualadroni

Un paesino davvero minuscolo, ma c’era la Spiritera e la piazza dell’Aria Mossa dove fino agli anni 60 si svolgeva la mazzatura e la ventatura. Vi raccontiamo una bella camminata costeggiando le rive di un ruscello per giungere in un borgo scrigno di antichi mestieri.

A noi del gruppo Valli Basiliane più che la "Febbre del Sabato Sera" ci viene quella del sabato mattina, così a folti ranghi il 25 gennaio alle 8.30 eravamo già ad Acqualadroni sul greto del torrente Corsari, impazienti di iniziare la nostra escursione con un meteo che si preannunciava favorevole.

Eravamo ad una ventina di chilometri da Messina in questa località rivierasca in cui si sono trovati reperti archeologici risalenti alla prima guerra punica e che deve invece il suo nome alle scorribande dei corsari turchi del XV e XVI secolo che approdando sulla riva e risalendo il corso del torrente saccheggiavano i villaggi siti a nord e cercavano di prendere Messina alle spalle.
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Noi invece abbiamo iniziato a percorrere il suo greto con intenzioni molto più pacifiche. Nella parte iniziale il suo alveo era appena umido, ma risalendo un po’ sono comparsi i primi rigagnoli diventati poi dei ruscelli da attraversare o bagnandoci i piedi oppure con un difficile equilibrio sui sassi e con dei balzi più o meno riusciti.

Frattanto il primo sole incominciava a scaldarci il viso e una rigogliosa vegetazione faceva ala al nostro cammino, boschetti di canne e le tamerici non salmastre ed arse come descritte dal poeta ma abbondantemente rinverdite.

In qualche ansa del torrente vedevamo dei vasti e bruni caseggiati in pietra e in muratura con delle profonde crepe, erano i ruderi di antichi mulini per macinare il grano, attraversati nella parte sommitale da una canaletta in cui si riversava l’acqua che poi per caduta faceva girare la ruota verticale del mulino posta più in basso.

Lungo le sponde del torrente abbiamo rinvenuto dei bianchi massi costituiti da quarziti e graniti che avevano la durezza necessaria per diventare delle macine. Proseguendo le rive sono diventate più ampie ed ospitavano campi coltivati ad aranceti che aggiungevano colore al paesaggio.

Ancora un corso d’acqua da superare e siamo giunti ai piedi di un declivio sulla sinistra in cui si apriva una stradella acciottolata conducente al minuscolo borgo di Massa San Nicola quasi disabitato, ma in cui ad attenderci c’era l’omonimo comitato con il suo presidente che nel darci il benvenuto ce lo ha fatto visitare conducendoci per le vie del paese: due, e fornendoci pure delle interessanti spiegazioni.

Così abbiamo visitato la chiesa di Santa Maria della Scala del ‘400 ormai spoglia ma pur riportando delle lesioni aveva resistito ai terremoti.

Da lì siamo passati alla vicina chiesa di San Nicola in cui erano stati trasferiti parte degli arredi della chiesa precedente, c’erano dei lampadari in vetro di Murano, l’altare rivestito di preziosi marmi e la statua del santo realizzata in legno di tasso dipinto.

In passato la chiesa era stata ancora più ricca per la devozione dei fedeli del luogo e per le generose rimesse degli emigrati, ma ha subito svariati furti.

Dopo la nostra guida ci ha condotti ad altri luoghi fra cui la Spiritera, un locale con una vasca ipogea e delle presse in cui spremevano gli agrumi per ricavarne essenze profumate molto ricercate.

Dopo siamo andati alla piazza dell’Aria Mossa, così denominata a causa delle correnti prodotte da due corsi d’acqua. Questa era una specie di area condominiale che attualmente era attrezzata per la stesa di lenzuola da bucato, ma che in passato consentiva degli altri usi connessi alle attività agricole.

Si svolgeva infatti la mazzatura e la ventatura dei legumi secchi. Fagioli, piselli e fave venivano stesi a terra su un telo anche a due strati. Sopra ci passava un asino per una mezzora per la sgusciatura e poi si completava l’opera con delle mazzotte di legno.

Dopo subentrava la ventatura e i legumi venivano passati su dei crivelli e il vento provvedeva a ripulirli delle bucce residue (pilatura). Intanto s’era fatta l’ora di pranzo. Rifocillati con la generosa ospitalità del comitato, abbiamo lasciato il paesino.

Un breve tragitto in salita su strada asfaltata e siamo giunti al più popoloso borgo di Massa San Lucia (un centinaio di abitanti). L’abbiamo attraversato senza incontrare persona alcuna e pensare che un tempo le Masse (sono quattro) erano molto apprezzate al punto da essere definite la Svizzera dei Peloritani.

Comunque ce ne siamo allontanati e col nostro percorso ad anello siamo giunti su un sentiero campestre che ci avrebbe riportato al punto di partenza.

Così in una delle nostre giornate invernali tanto somiglianti a quelle primaverili, abbiamo visto vallate coperte da boschi, pendii terrazzati ormai non più coltivati ma vicino a noi fra i tappeti erbosi che certe volte calpestavamo, o lungo i bordi del sentiero il verde era ravvivato da calendule gialle o arancioni e da anemoni viola.

Abbiamo pure ammirato delle bellissime orchidee robertiane: le prime a fiorire. Alzando lo sguardo, appena più in lontananza scorgevamo l’azzurra e piatta distesa marina.
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