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Un sogno per le donne, incantavano gli uomini: dove sono gli abiti di Donna Franca

Franca come Giovanna d’Ondes si forniva nei più esclusivi atelier francesi. Indosso a lei le toilette dei grandi creatori parigini assumevano una particolare allure

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 20 novembre 2024

Un abito di Donna Franca al Palazzo Pitti di Firenze (foto da The fashion commentator)

Nella Palazzina della Meridiana, addossata a Palazzo Pitti, si trova il Museo della Moda e del Costume di Firenze; completamente rinnovato nel 2024, è una delle più importanti istituzioni in Italia dedicate alla storia della moda e del costume.

Il Museo ospita una vasta collezione che comprende oltre 15.000 pezzi, tra abiti e accessori, datati dal XVI secolo ai giorni nostri. Nella collezione si trova anche un nucleo di notevole importanza che comprende diversi abiti di Donna Franca Florio e che venne donato dalla figlia minore Giulia Afan de Rivera Costaguti, tra la fine degli anni ’70 i primi anni ’80 del secolo scorso, dopo il rifiuto della Regione Siciliana di prenderli in custodia per esporli.

Donna Franca Florio, dotata di charme e di buon gusto, fu una grande interprete della moda della Belle epoque. Già ai suoi tempi, come si evince dalle riviste dell’epoca, era considerata dalle altre signore l’esempio massimo a cui riferirsi: "alta un metro e 73 centimetri, le spalle larghe e guarnite, la vita sottile, ispirava col suo portamento l’estro e la fantasia di ogni creatore di moda".
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Nata Francesca Jacona della Motta di San Giuliano, divenne la signora Florio convolando a nozze a Livorno l’11 Febbraio 1893 con il giovane Ignazio.

In occasione delle nozze la sposa indossava un abito di manifattura francese in raso (stoffa prediletta per gli abiti da sposa negli anni ’90 dell’Ottocento), con collo alto, stretto in vita. Il velo era fermato all’acconciatura con una coroncina di fiori di zagara.

L’abito, che reca l’etichetta della casa di moda Deshais & Philippe, si trova oggi custodito presso la Galleria del Costume di Palazzo Pitti. La famiglia Jacona non navigava in buone acque, probabilmente si era trasferita in Toscana per sfuggire non al giovane rampollo Ignazio, che faceva una corte sfacciata a Franca, rischiando di comprometterla, ma ai creditori.

La vita della figlia del barone Jacona della Motta cambiò radicalmente nel momento in cui mise la fede al dito e si trasferì nella reggia dell’Olivuzza.

Nonostante il tenore di vita aristocratico Franca espresse a pieno l’ideale borghese di donna irreprensibile e mise a disposizione degli interessi della famiglia il proprio fascino e la propria bellezza.

Conosceva più lingue e le usava correttamente. Grazie a lei Ignazio rafforzò i rapporti con l’aristocrazia isolana e riuscì a tessere una rete di relazioni con i maggiori esponenti delle elitè europea.

Donna Franca, ricercata ospite dei più esclusivi salotti, all’Olivuzza faceva gli onori di casa insieme alla suocera Giovanna d’Ondes "con quella squisitissima cordialità, con quella signorilità gentile e premurosa che sono tradizionali in casa Florio".

Franca sceglieva e portava con disinvoltura le toilette dei migliori sarti, sapeva valorizzare la propria carnagione e il colore smeraldo dei suoi occhi indossando di giorno colori come il bianco, preferendo per la sera il grigio, il rosso, il viola.

Il 19 Marzo 1894, vestita in cachemire blu, si faceva già notare alle corse dei cavalli al parco della Favorita, tra le tante dame siciliane che si riparavano dal sole con deliziosi, variopinti ombrellini.

Nel 1896 quando il Kaiser Guglielmo II venne in visita a Palermo (sarebbe tornato nel 1904 n.d.r.), tra i numerosi impegni, si recò per un tè all’Olivuzza dai Florio e rimase incantato dalla giovane signora Florio, che conversava amabilmente in tedesco e che indossava un modello in velluto rosso granato (colore che le donava molto): la gonna a calice rovesciato, il corpino lievemente drappeggiato, le maniche arricciate che terminavano a guanto sugli avambracci; il tutto arricchito da guarnizioni bianche i polsi e sul collo.

La veste in questione potrebbe essere quella realizzata dalla sartoria Durand di Palermo ora custodita presso la Galleria di Palazzo Pitti. Nel 1897 per l’inaugurazione del teatro Massimo Franca era in seta color albicocca con una splendida stola di zibellino.

Il 2 aprile 1904, in occasione del suo onomastico riceveva infinite manifestazioni di simpatie e di omaggio dalle personalità più distinte e più spiccate del bel mondo al Grand hotel di Roma dove alloggiava: “l’hotel si è trasformato in una immensa serra di fiori".

Scriveva un giornalista. Franca (sempre perfetta a teatro così come in qualsiasi altro evento mondano) appariva nel marzo 1905 sulla copertina della rivista a tiratura nazionale "Regina" (che raccontava le abitudini della signora Florio).

Nel 1906 si presentava alla prima Targa Florio con un enorme cappello bianco con fusciacca di seta, elegante tailleur nero con camicia bianca, che dava luce al viso. Nel 1907 per la visita dei reali inglesi sfoggiava un abito bianco e un cappello di paglia a falde larghe, fiori e velo bianco.

I Florio (nonostante i lutti familiari e le scappatelle di Ignazio) si mostravano in pubblico come coppia affiatata (belli, eleganti ricchi, innamorati) destando ammirazione ma anche invidia.

Ignazio - a parte qualche abito confezionato dalla sartoria Bevilacqua di Palermo - acquistava a Londra dalla sartoria Meyer e Mortimer, che vestiva anche il principe di Galles Edoardo VII. Da Londra faceva arrivare anche eleganti accessori: le cravatte di Moulengnam, i cappelli di Locke & Tuss.

Franca come la suocera Giovanna d’Ondes si forniva nei più esclusivi atelier francesi. Indosso a lei le toilette dei grandi creatori parigini assumevano una particolare allure: frequentava Pasquin, Lavin, Gallenga e soprattutto Worth dove probabilmente venne confezionato il manto in damasco di seta (ricamato lungo il bordo con motivi di gran mazzi di fiori legati a nodi d’amore, paillettes d’argento e strass) che oggi si trova presso la Galleria del costume di Palazzo Pitti.

Il prezioso mantello della Florio venne probabilmente realizzato in occasione della nomina a dama di corte della regina Elena nel 1902 e fu indossato nei ricevimenti ufficiali, come avvenne per il pranzo al Quirinale del Capodanno 1905 o a Berlino, alla presenza dei sovrani tedeschi.

Anche gli accessori venivano acquistati da Franca a Parigi: i cappelli di Caroline Reboux, le scarpe di Helster, i ventagli di Duvelleroy, le sciarpe di Lanvin. Della collezione di Palazzo Pitti fa parte anche l’abito con cui Franca posò per la seconda e non definitiva versione del suo più celebre ritratto, eseguito dal pittore Giovanni Boldini.

L’abito aderente in velluto nero è impreziosito da un ricamo a motivi floreali e fogliacei realizzati a intaglio e profilato da cordoncino di seta, Le maniche sono lunghe e aderenti, eccetto ai polsi che si allargano lievemente.

La signora Florio ad ogni stagione si recava a Parigi a fare acquisti e aveva modo di conoscere tutte le novità della moda, che cambiava in fretta, in anteprima: nel nuovo secolo sparirono i rigidi corsetti con le stecche, la vita degli abiti si allungo, le forme si allargarono, gli orli si accorciarono… Le donne comparivano, con grande scandalo in tutta Europa, con i calzoni femminili, le jupe-culotte.

Il crac economico dei Florio e la prima guerra mondiale costringeranno Donna Franca, regina della Belle Époque, via via a una vita di ristrettezze. Nell’età della maturità, pur vestendo in maniera molto più semplice e talvolta indossando gioielli finti (avendo venduto i suoi all’asta) Franca apparirà grazie al suo portamento comunque "unica".

Si legge in un giornale del 1935: “Donna Franca Florio, conscia della superba sua bellezza, ormai leggendaria, portava un semplicissimo abito nero e, unico ornamento , un filo di perle al collo”. Nell’Ottobre del 1921, alle nozze di Igiea con Averardo Salviati a Roma, Franca che a suo tempo aveva dovuto rinunziare a un matrimonio a tono, volle che sua figlia avesse quello che a lei era mancato. Ordinò le sue toilette da Worth.

La madre della sposa al pari di Igiea fu la grande protagonista dell’evento. Per le nozze civili della figlia indossò una toilette di satin color malva, cappa in velluto e un grande cappello nero e per il rito religioso un elegante abito marrone profilato d’oro, ampia cappa e cloche sul capo. L’attenzione che i giornali romani dedicarono a donna Franca fu maggiore di quella che ebbero per Igiea, la sposa.

Scriveva il cronista della Gazzetta: "Donna Franca Florio, quantunque siciliana di nascita è romana di elezione, perché da molti anni non tralascia mai di passare l’inverno nella nostra città. È l’idolo dei salotti più aristocratici…Bella, straordinariamente bella, di quella bellezza maestosa che caratterizza le grandi dame, è amata da tutti".

Al Museo della Moda e del Costume di Firenze si trova un elegantissimo abito senza maniche di linea aderente, interamente costituito da paillettes degradanti dal rosa al fucsia, con scollatura rotonda, spacchi laterali e strascico posteriore. Risale alla fine degli anni Venti quando Donna Franca, continuava a frequentare i salotti di Roma, dove si era trasferita con le figlie nel 1925.

Tuttavia come emerge dall’analisi di Giuliana Chesne Dauphinè Griffo sui capi di abbigliamento della Florio custoditi a Palazzo Pitti, gli abiti di donna Franca, tutti di buon livello sartoriale, di buon gusto e di grande effetto, non suggeriscono lussi eccessivi né spese esorbitanti, alcuni sembrerebbero essere stati realizzati per Giovanna d’Ondes e riadattati alla nuora.

Inoltre Franca conservava gli abiti delle figlie più grandi per le più piccole: non solo metteva in conto la preziosità effettiva degli abiti, ma teneva dunque anche al valore affettivo, i capi venivano dunque tramessi per generazione e rinnovati.

La storia narrata dalle figlie, in particolare da Giulia Afan De Rivera e lo studio degli abiti ci restituiscono dunque un’immagine diversa dal mito di Franca, frivola e superficiale, dedita a spese dissennate, che non avrebbe mai indossato due volte il medesimo abito.

Bisogna poi ricordare che per Franca un’immagine curata era quasi un dovere: bisognava sempre comparire al meglio, nei tanti impegni mondani che garantivano a Casa Florio gli appoggi di cui Ignazio aveva molto bisogno.

Le toilette della signora del Liberty sono stata una parte importante nella costruzione di quel mito che ha consacrato Franca Florio come modello iconico di eleganza e raffinatezza; come simbolo di una Sicilia che alla fine dell’Ottocento visse, seppur per un breve periodo, una splendida età dell’oro.
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