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Un pezzo di Palermo si "sposta" a Milano: così Francesco trasforma Ballarò in un set di moda

Dopo il rientro a Palermo, il fotoreporter Francesco Bellina conosce lo stilista Antonio Marras. Nasce così il progetto dal titolo "Se non posso ballare non è la mia rivoluzione"

  • 2 novembre 2020

Due modelli a Ballarò indossano gli abiti dello stilista Antonio Marras in uno scatto del fotografo Francesco Bellina

Quando lo scorso marzo iniziava per l’Italia il periodo di lockdown, Francesco Bellina aveva appena rimesso piede a Palermo, di ritorno dalla Nigeria dove stava portando avanti, insieme al giornalista Giacomo Zandonini, un lavoro di inchiesta sulla tratta delle schiave sessuali nigeriane dall’Africa all’Europa, legata ai rituali voodoo.

Da anni Francesco, fotoreporter originario di Trapani, classe ’89, segue da vicino il fenomeno migratorio, indaga sulla mafia nigeriana a Palermo, documenta lo sfruttamento dei braccianti agricoli, racconta con la sua macchina fotografica le storie degli ultimi, dei meno fortunati.

I suoi piani però vengono stravolti dall’emergenza sanitaria e mentre punta il suo obiettivo sulle forme di solidarietà e di mutuo soccorso nate per far fronte alla crisi nei quartieri dello Zen e dell’Albergheria, un incontro virtuale nato per caso, proprio nei giorni in cui eravamo tutti bloccati a casa, lo porta a mettersi in gioco in un campo su cui non aveva mai pensato di giocare prima e, almeno apparentemente, lontano dai suoi lavori.
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Su Instagram conosce lo stilista e artista sardo Antonio Marras e dalle loro affinità artistiche prende vita un’idea. «Insieme ad Antonio, per gioco, abbiamo deciso di fare delle fotografie – racconta Francesco – e io gli ho proposto di farle in quella che reputo casa mia, a Ballarò».

Il legame di Francesco con il quartiere multiculturale di Palermo e le persone che lo abitano nasce negli anni dei suoi studi universitari, quando, prima di iniziare la professione di fotografo, frequentava giurisprudenza e durante i pomeriggi nella biblioteca di Casa Professa lasciava i libri e scendeva giù in strada con la sua macchina fotografica.

«È stato in quel periodo che ho iniziato ad amare Ballarò e da allora non ho mai smesso di seguire con molto interesse la sua evoluzione e gli enormi progressi ottenuti in questi anni grazie all’impegno delle associazioni che operano lì, dei cittadini stessi, dei migranti che si sono subito sentiti a casa, del circolo Arci Porco Rosso, dove abbiamo avuto un po’ la nostra base operativa nelle giornate di shooting, che offre rifugio a chiunque ne abbia bisogno e che è un punto nevralgico del quartiere – racconta ancora Francesco. - Antonio non c’era mai stato e ne è rimasto folgorato».

In due giorni di settembre, gli abiti di Marras sono stati indossati dagli abitanti dell’Albergheria e Ballarò si è trasformato in una grande passerella naturale e spontanea davanti alla Fuji mirrorless di Francesco. Un esperimento sociale che ha unito due mondi generalmente separati da distanze siderali all’insegna dell’interazione genuina.

«Abbiamo deciso di fare uno street casting - spiega il fotografo. - Solo pochissimi ragazzi avevano già avuto esperienze amatoriali da modelli, tutti gli altri li abbiamo letteralmente presi dalla strada, anzi a un certo punto sono state le persone stesse a proporsi».

Hanno coinvolto negli scatti alcuni personaggi emblematici del quartiere, come Massimo Milani, storico volto della comunità LGBT e tra i fondatori di Arcigay Palermo che lì ha la sua bottega e Giacomo Terranova della nota fabbrica di caramelle, presidente dell’Associazione mercato storico Ballarò, ma anche dei bambini che stavano giocando a calcetto nel campetto dell’Albergheria.

«Ci siamo lasciati trascinare dall’euforia di Antonio che era felicissimo e non si è fermato un attimo. Ha creato per esempio un abito live con le stoffe e le coperte che abbiamo raccattato al mercatino del baratto. Abbiamo fatto tesoro di quello che ci offriva il quartiere e riconvertito il degrado, utilizzando un divano e altri oggetti che abbiamo trovato per strada. Per me è stata una novità assoluta, io non avevo mai fatto delle foto di moda - spiega Francesco - anche se ho mantenuto un approccio fotogiornalistico sulle pose e nel rapporto con i soggetti. Non c’è stato un approccio da safari, è stata un’esperienza veramente magnifica dal punto di vista umano».

Improvvisazione e spontaneità sono state le parole chiave dell’insolito set. Dagli scatti di Francesco, che hanno catturato in maniera scanzonata l’essenza di Ballarò fuori dai cliché che ancora spesso permeano la narrazione di questo pezzo di Palermo, è nata una mostra “Se non posso ballare non è la mia rivoluzione” che sarà ospitata a Milano negli spazi di NonostanteMarras dal 19 novembre al 27 dicembre 2020.
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