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Un lungo cammino addolcito da panorami unici: dov'è (in Sicilia) "lu pizzu" Telegrafo

Nell’entroterra siciliano tutto può accadere. Il silenzio avvolge le anime sorprese, mentre i respiri spezzano la magia della natura. Qual è l'origine del suo nome

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 8 settembre 2024

Pizzo Telegrafo in Sicilia (foto di Michele Termne)

Sono 27 i rilievi facenti parte dei Monti Sicani. Tra questi potrebbe mancarne uno. Usare il condizionale è d’obbligo. Sempre! Eppure correva l’anno 1981, quando lo Studio di Remo Berselli di Milano realizzò le cartine geografiche delle Regioni e delle Province Italiane.

Durante la pubblicazione dei dati riguardanti la provincia di Agrigento, nella parte nord-ovest - nel territorio di Caltabellotta, un nome buffo venne inserito nella suddetta catena montuosa: Pizzo Telegrafo.

Cosa si nasconde dietro a quel nome? Esiste davvero il rilievo? A partire dalle fonti - ad esempio, la rete, tranne con notizie scarne, ha rilevato la presenza dello stesso. È possibile raggiungere il Telegrafo da due versanti.

Una volta arrivati nei pressi di Sciacca, bisogna proseguire verso Rocca Nadore e salire a Caltabellotta. Prima di entrare in città, a sinistra, uno sterrato di circa 1,5 km conduce dritti al bosco.

Chi vuole provare le “pene dell’inferno” opta per la seconda tratta. Una volta usciti a Menfi, proseguire verso Sambuca. Raggiunto il borgo, la statale 188 è la compagna di viaggio verso il comune di Giuliana.
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Dopo diversi chilometri svoltare a destra e proseguire per la statale 386. San Carlo, eventualmente Burgio e poi, procedere per Caltabellotta.

Tutto avrà un lieto fine. Nel mezzo di una lunga speranza, l’ambiente colma “parzialmente” l’intrepida attesa. Da lontano si scorge un bosco, un "pezzo" di terra alberato.

L’obiettivo è raggiungere Ciminnisi. Nell’entroterra siciliano tutto può accadere. Il silenzio avvolge le nostre anime sorprese, mentre i respiri spezzano la magia della natura.

Il cammino può mettere la parola fine alla stanchezza mentale in attesa di provare quella fisica. L’obiettivo si chiama vetta, quella posta a mt. 952. Durante il cammino sorge spontanea una domanda.

Qual è l’origine del nome? Le derivazioni dello stesso? Probabilmente (?) era un punto trigonometrico oggi superato dal GPS. Il trigonometrico (come il Monte Catalfano) è un punto ubicato in posizione dominante e visibile da altri punti trigonometrici.

Sono realizzati dalla IGM per triangolazione e trilaterazione. Il concetto, di per sé, sviluppa obiettivi anche geologici. La camminata è lunga, ma comoda. La salita non s’impenna anzi, è addolcita dalla distanza. Il tracciato è arricchito ai due lati dalla vegetazione. Arbusti di diverso tipo colorano gli ambienti e “ossigenano” i camminatori.

Alcune rientranze meritano i giusti riconoscimenti, nascondono panorami unici e rari. Il territorio caltabellottese è ricco di fascino, non si lascia intimorire dalle sparute presenze umane. Ogni tanto spuntano le pale (turbine) eoliche, dobbiamo conviverci. Finalmente rendiamo onore e spazio al panorama. Che sia a 180° o 360° non conta, è impeccabile nella sua specie.

Le punte “poco allineate" dei pizzi montuosi di Caltabellotta (lontano parente delle Tre Cime di Lavaredo) incuriosiscono orograficamente. Nell’altro versante, i Sicani la fanno da padroni. Sono allineati, intatti, provano a “far danno” ai curiosi.

Svetta nei suoi 1200 metri circa di altezza il Monte Genuardo. Un luogo descritto precedentemente, in grado di soddisfare qualsiasi esigenza escursionistica. Che vetta sia! Pizzo Telegrafo è stato conquistato.

A una distanza irrisoria si trova Cozzo Docchiara con una garitta della forestale. Il panorama (sembra ripetitivo) eccelle, eleva al massimo la consistenza della natura. Gli scatti si susseguono, dove quantità e qualità corrono a braccetto. È giunta l’ora del ritorno. Lo sguardo è attonito, visibilmente stanco ma felice.

I Sicani non lasciano spazio a ripensamenti, sono fatti così. Lungo la strada tutto è un pensiero fisso e continuo alla bellezza dei luoghi, di una Sicilia ancora poco battuta. “Lu pizzu” esiste e con esso, anche i rilevamenti del 1981. Raccontare è l’unico dettaglio, per gli altri la natura ha fatto il suo corso millenario.
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