ITINERARI E LUOGHI
Un lato (selvaggio) della Sicilia cela angoli di paradiso: il tour nella Grotta delle Colombe
Una serie di suggestivi scalini conducono verso il mare alla ricerca dell’angolazione perfetta per potere infine respirare il profumo intenso di un ambiente vergine
La Grotta delle Colombe
Potrebbe essere l’inizio di un capitolo e invece, tra i tanti, il racconto ci spinge a conoscere uno degli ultimi tratti che compongono una piccola parte della costa tirrenica.
Superata la foce Nocella che delimita i confini delle cittadine di Trappeto e Terrasini, si aprono nuovi orizzonti ambientali che solo in Sicilia puoi toccare con mano: la grotta delle Colombe e le sue consorelle.
Dietro la regia dello scrittore, storico e conoscitore del mondo siciliano Orazio De Guilmi è stato possibile tracciare i contenuti, le caratteristiche e l’importanza di uno dei luoghi più affascinanti della nostra regione.
Per molti è il "gemello" della Riserva dello Zingaro. No! La risposta è negativa, accompagnata da una valida motivazione.
L’unico punto in comune è la macchia mediterranea presente in entrambi i siti. L’area di San Cataldo mostra "ancora" il suo lato selvaggio, poco battuto, in grado di tenere nascosti alcuni angoli paradisiaci.
Una salita (composta sempre da gradini) conduce su una piccola sommità dove è posto un bunker difensivo. Per molti, l’attrazione principale è la grotta delle Colombe o A rotta di Palummi. Un nome che deriva dalla grandezza della stessa e la presenza, un tempo, delle colombe selvatiche che nidificavano nei dintorni.
Purtroppo, a causa della superficialità dei cacciatori, i volatili sono stati presi di mira sparendo completamente dalla zona. Altre due grotte di notevole importanza ornano un paesaggio ancora sconosciuto. La prima è quella dei Parrini. Da una parete rocciosa in calcarenite si apre una cavità che si può raggiungere in barca.
La leggenda (tramandata dai pescatori) racconta di una storia d’amore (clandestina) tra un prete di Partinico e una giovane del posto.
L’impossibilità portò a un gesto estremo da parte dell’uomo che, persa ogni speranza, decise di suicidarsi lasciando il segno sulla parete rocciosa.
Quest’ultima è caratterizzata da una lunga striscia bianca presente verticalmente. A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta i pescatori, dopo una giornata lavorativa, portavano il pesce all’interno della grotta e, in presenza di una piattaforma, si dedicavano ad arrostire lo stesso (usanza tipica).
La terza e ultima grotta è quella dei Muletti (la rutta di li Muletti). Prende il nome di un pesce (cefalo, muletto o muggine) che vive in quelle acque. E’ possibile addentrarsi nella cavità durante il periodo di bassa marea e con barche di piccola entità. All’interno si trova della ghiaia e scorre dell’acqua sorgiva.
Nel 1968 l’intera area fu individuata come "biotipo di inestimabile valore". Invece, nel 2000, è stata istituita la Riserva Naturale Orientata di Capo Rama (gestita dal WWF Italia) e San Cataldo dovrebbe (meglio usare il condizionale) rientrare nella stessa.
Nonostante le attenzioni poste in essere da alcuni profili giornalistici privati (tra questi Il Tarlo), l’intera zona rimane sospesa in un limbo fatto di attese, illusioni e abbandono. Mancano alcune componenti importanti e oggi, ancora, nonostante il suo fascino, non sono stati apportati i giusti accorgimenti.
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